di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
30 mag
Mi sono decisa a scriverle dopo aver letto la
lettera di Ivana e Umberto (FC n. 20/2012).
Anch’io sono cresciuta con Famiglia Cristiana.
Confesso che, per ragioni economiche, mi era
balenata l’idea di rinunciarci. Ma mi sono resa
conto che non potrei farlo. La nostra rivista è
l’unico “lusso” che mi permetto. Da tempo
sono abituata a tirare la cinghia. Ma anche nei
momenti di difficoltà, aiuto gli altri. Ora,
purtroppo, ho perso il lavoro. Così anche i miei
figli. Può immaginare come si vive. La pensione
di mio marito è spalmata su quattro famiglie.
Sono orgogliosa di aver dato al mondo quattro
meravigliosi ragazzi. Chi ha rubato il loro
futuro? Mi appello ai politici, prima che sia
troppo tardi: «Salvate i giovani. Rinunciate ai
vostri privilegi». Qualcuno non ci crederà, ma
non ho mai mangiato un’aragosta in vita
mia. Ma non ne sento la mancanza.
Rosa Maria C.
Quanta dignità nella tua lettera, cara Rosa
Maria. Nelle tue condizioni, altri si sarebbero disperati.
Tu, invece, riesci a mantenere una compostezza
e una serenità che non si improvvisano.
Sei come la “donna saggia” della Bibbia.
Pur nelle ristrettezze e nelle difficoltà, sai gestire
bene la casa e i tuoi cari. Soprattutto i figli, per i
quali invochi un lavoro. E un’attenzione particolare
da parte dei politici. Non chiedi privilegi
o favori. Ma quel che è necessario per vivere e
crescere i figli. E ci fai capire, con orgoglio, quel
che molti fingono di non voler intendere. Che la
vera ricchezza non sono i soldi, ma i figli. Vale
per la famiglia. E, ancor più, per la società e il
Paese. Purché le istituzioni ne prendano coscienza.
Con concrete politiche familiari.
Pubblicato il 30 maggio 2012 - Commenti (12)
28 mag
Da un Tg della sera vengo
a sapere che i nostri
parlamentari, come un
sol uomo, si sono opposti
a tagliarsi i loro stipendi
e privilegi. Finalmente!
Sì, finalmente! Era ora
che mostrassero la loro
vera faccia. E facessero capire
ai cittadini che se sono
in Parlamento è solo per
riempirsi le tasche di soldi!
Dopo aver messo le mani
nelle nostre tasche. Del bene
e del futuro del Paese non
gliene importa un bel
niente. Ci sta bene, a noi
“pecoroni”, che non ci siamo
ribellati di fronte a tante
“porcate”, limitandoci solo
a blande dimostrazioni. Se
fossero ancora vivi i giovani
che nel ’43-44 si sono dati
alla macchia e hanno
organizzato la Resistenza,
le cose andrebbero meglio.
La “casta” ci ha portati
sull’orlo del fallimento.
Sarebbe giusto che pagassero
per la loro irresponsabilità.
“Chi rompe paga”, non fa
pagare gli altri. Cari giovani,
svegliatevi! È in gioco il
vostro futuro. Un brutto
giorno sarete alla fame.
“Catullo”, ex partigiano
Quanta fatica da parte della
“casta” a rivedere privilegi e
compensi spropositati! Il buon
senso, quello di un buon padre
di famiglia in un momento
di difficoltà, non fa breccia
nella loro mente. Non capiscono
che, per primi, devono dare
il buon esempio. Altrimenti,
non sono credibili nel chiedere
sacrifici agli altri. La loro insensibilità
è direttamente proporzionale
al calo di consensi
che hanno nella società. L’unico
loro riferimento è il Palazzo.
Non conoscono più il mondo
esterno, che li punirà.
Pubblicato il 28 maggio 2012 - Commenti (9)
24 mag
Le scrivo perché non riesco a darmi una risposta. Per l’ennesima
volta, parlando della scomparsa di Emanuela Orlandi, giornali
e Tg hanno fatto riferimento a De Pedis, il boss della Magliana,
sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare a Roma.
Ma come è
stato possibile? Come può la Chiesa aver accettato che un malavitoso
fosse sepolto dentro le proprie mura? Sapendo chi vi è sepolto,
io non metterei piede in quella basilica. Sapevo che nelle chiese
trovano giusta sepoltura santi,
martiri e pontefici. Non i
delinquenti. La casa del Signore
è un luogo di culto, non riesco
a capire come abbiano potuto
dare quel permesso. Mentre
c’è divieto assoluto di dare
l’Eucaristia ai divorziati
risposati. Più ci penso, più resto
amareggiata.
Maria Cristina C.
Non mischiamo, cara Cristina, vicende ben diverse. Certo, come te, tutti
si sono chiesti come sia stata possibile dare sepoltura in una chiesa a
un noto malavitoso, come il boss della Magliana. E ogni risposta era davvero
stonata. Non basta dire che “Renatino” era un “benefattore” e faceva
opere di bene. Tanti altri “benefattori” non hanno trovato posto per
una sepoltura in chiesa.
Se è difficile rispondere su quanto è avvenuto in
passato, c’è solo da augurarsi che ci sia più trasparenza oggi. Come sta
facendo l’autorità ecclesiale, con la massima collaborazione per allontanare
ombre, sospetti e insinuazioni su una vicenda torbida, collegata anche
alla scomparsa di Emanuela Orlandi. Chi sa, è bene che parli. Per
amore della Chiesa e del Vangelo. Solo la verità ci renderà liberi.
Pubblicato il 24 maggio 2012 - Commenti (23)
23 mag
Caro don Sciortino, mi permetto di
disturbarla perché mio papà è sempre
stato un suo affezionato lettore. Ora lo
è ancor di più. Anzi è diventato un suo
fan. Legge con passione i suoi articoli, li
sottolinea e ce li mostra con orgoglio. Ha
una grande ammirazione per la schiettezza
e il coraggio con cui dice come stanno
le cose. A tutti riporta le opinioni del
settimanale. Le fa una propaganda sfegatata.
E invita tutti a comprare Famiglia Cristiana.
Soprattutto per gli articoli di don Sciortino.
Non passa giorno che mio papà non parli
di lei. E quando ieri ha sentito l’attacco che il
Tg 5 ha fatto a Famiglia Cristiana c’è rimasto
molto male. Si è amareggiato. Ha detto:
«Si vede che qualcuno non vuole sentire le
verità di don Sciortino. Spero che il Direttore
non molli e non si lasci intimorire da tanta
ipocrisia».
Mi scusi per il disturbo. Ma volevo
ringraziarla, di cuore, per i suoi scritti. E per
tutto ciò che riesce a trasmettere a mio padre
e a tutti noi. Un’ultima nota di “colore”:
quando per problemi postali la rivista tarda
ad arrivare, mio padre non si dà pace.
Tempesta tutti di telefonate. E sono guai per
l’Ufficio postale. Ora, dopo che ha saputo
dalla sua segreteria che lei gli ha mandato
un “ricordino”, controlla a vista ogni piccolo
furgone che passa per strada. E non si
allontana di casa per paura che il corriere
non lo trovi e faccia un viaggio a vuoto.
Flavia - Cremona
La tua lettera, cara Flavia, mi commuove. E un po’ mi imbarazza. Avere lettori
come tuo papà è straordinario. Ti confesso, però, che sono tanti. E le loro manifestazioni
di affetto mi ripagano dell’amarezza per qualche attacco subìto. Come
quello del Tg 5: una vera rappresaglia per un nostro servizio su Mediaset. Pazienza
se nella foga della ritorsione si è manipolata la verità. L’importante era farci arrivare
l’avvertimento minaccioso a stare bene attenti alle critiche. Il “metodo Boffo”
impera. Affiancato, di recente, dallo “stile Celentano”. Il “re degli ignoranti” si
era pure spinto a chiedere la chiusura della stampa cattolica. Ma se certi attacchi
sono da mettere in conto, fa più male quando a colpire è il “fuoco amico”.
Pubblicato il 23 maggio 2012 - Commenti (1)
16 mag
L’Italia sta attraversando un severo periodo di povertà e debolezza. Sul
piano politico, economico e sociale. Mai come in questo momento così
difficile, dovremmo sventolare il tricolore dalle nostre finestre. Così come
avviene durante i campionati mondiali di calcio. Non è stato l’euro
a impoverirci, tanto meno l’Imu. Paghiamo, invece, per una politica
che non è mai stata indirizzata al bene della collettività. In Italia i comici
dovrebbero fare i comici. Lo stesso dicasi dei politici. Non viceversa.
La povertà che più dovrebbe farci paura, non è la mancanza dei soldi.
Ma l’assenza di valori, cooperazione, solidarietà e creatività. Dobbiamo
temere il consumismo, che ci spinge a produrre di più per poi spendere
ancor di più. Altrimenti, tutto il sistema va in crisi.
Marcello R.
Hai ragione: ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere. Quello per il quale
ha studiato e si è preparato professionalmente. Purtroppo, così non è. Tutti sono
bravi a dire quel che devono fare gli altri. Nessuno che si preoccupi di sé
stesso. Così come nessuno si assume le proprie responsabilità. Lo “scaricabarile”
è ormai sport nazionale. Se in materie lievi è quasi un passatempo, come le
chiacchiere da bar, diventa un dramma su questioni più serie. Come il governo
di un Paese, che richiede più serietà e responsabilità. Ma anche un rigore
morale e uno spessore etico, merce rarissima di questi tempi.
Pubblicato il 16 maggio 2012 - Commenti (31)
14 mag
Troppo spesso, soprattutto
qui nel Nordest, assistiamo
a suicidi per la crisi. Qualcosa
di inquietante. La vergogna,
le difficoltà, i creditori che
ti assalgono, le tasse sempre
più alte, le notti insonni...
tutto sembra andare in
frantumi. C’è chi perde il
controllo e non trova altra
uscita se non nella morte. Ma
io temo che ci sia anche una
mancanza di fede in Dio e di
fiducia nella famiglia. Chi si
toglie la vita crede davvero
di aiutare così i propri figli?
Un tempo si sentiva parlare
di fede, speranza e carità.
I nostri padri hanno
affrontato tante difficoltà, ma
ce l’hanno fatta. Con dignità.
Forse, oggi, dovremmo avere
uno stile di vita più sobrio
e solidale. E ricordarci di chi
non riesce a mettere insieme
pranzo e cena.
Annamaria
Estromettere Dio dal mondo
non rende il mondo migliore.
Una società senza valori è destinata
a sfaldarsi. Senza solide
radici, la pianta è soggetta a
soccombere alle intemperie. Come
avviene, oggi, per la grave
crisi che s’è abbattuta su cittadini
e famiglie. Chi non regge al
peso o alla vergogna di una vita
di lavoro che sfuma nell’impossibilità
di una ripresa o di
un rilancio, sceglie vie senza ritorno.
E non per colpe personali,
ma per le difficoltà economiche
che li strozzano. La crisi ci
sta cambiando. Nel bene e nel
male. Sarà un’opportunità se
sapremo rivedere i nostri stili di
vita. Verso una maggiore sobrietà
e solidarietà. Le difficoltà
si superano non isolandosi o
rinchiudendosi in sé stessi, ma
cercando assieme come uscire
dal tunnel verso la luce. Purtroppo,
oggi, stanno venendo meno
tante reti di protezione.
Pubblicato il 14 maggio 2012 - Commenti (0)
10 mag
Ieri sera, ho visto una trasmissione
Tv a quiz. Dopo il brillante finale
dei due concorrenti, mi sono
sentita amareggiata. Sono contenta
per loro, che sono due bravi
ragazzi. Ma perché tutti quei soldi
in palio? Io e mio marito abbiamo
insieme una pensione di mille euro
al mese. Nostro figlio, laureato da
due anni, vive ancora con noi. Tutti
i giorni, fa tre ore di macchina per
andare a lavorare, per 800 euro
al mese. Ma se pensiamo a tanti
nostri amici e conoscenti senza
lavoro, anche nella ricca Brianza,
ci riteniamo fortunati. Ma quelle
cifre in Tv ci offendono. Con
i tempi che corrono, non basta
come giustificazione dire che quella
è una Tv privata e dei propri soldi
può farne quel che vuole!
Elisa
Che cosa non si fa per l’audience! Montagne di soldi
in premio, ormai, imperversano in tutti i programmi
Tv. Per premiare banali risposte, scontate o suggerite
dai presentatori o dal pubblico. Non è un buon apporto
alla crescita della cultura. Semmai, si illudono
le persone. Quasi che partecipare ai quiz fosse la strada
migliore per fare soldi. Non è certo un bell’esempio
per tanti giovani che si sacrificano e si impegnano nello
studio. Purtroppo, la corsa ai quiz con ricchi premi
ha invaso anche la Tv pubblica.
Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (8)
09 mag
Non è da molto che leggo Famiglia
Cristiana. Ma da quando l’ho
scoperta mi ci sono affezionata. Trovo
nelle sue lettere una risposta a tanti
miei perché. Ho quattro figli e un
marito meraviglioso. Frequentiamo
spesso la parrocchia e facciamo
volontariato. Ci siamo creati una bella
compagnia di amici e passiamo insieme
molte domeniche. Spesso aiutiamo
famiglie bisognose sia con cose
materiali sia con un sostegno morale,
ove necessario. Fino a poco tempo fa,
seppur tra tanti sacrifici, la mia era una
vita serena. Purtroppo, nel giro di due
anni mi è crollato il mondo addosso.
In breve tempo, la mia famiglia è stata
colpita da tre lutti: mia madre e due
miei giovanissimi fratelli. Tutto
preceduto da una terribile malattia.
Per stare vicina ai miei cari, in quel
periodo mi sono allontanata dai figli
e da mio marito. Loro hanno capito
e mi hanno sostenuto. Così non è stato,
invece, da parte degli amici e della
parrocchia. Non una visita né una
telefonata. Sono profondamente
delusa. Ma come, aiutiamo gli stranieri
a integrarsi e poi non ci accorgiamo del
vicino di panca? Come spiegare questo
comportamento ai miei figli? Ho
sempre parlato loro di condivisione,
soprattutto nel dolore. E non solo
nelle belle mangiate e chiacchierate.
S.G. - mamma quarantenne
I veri amici si scoprono nel momento
del bisogno. Il dolore è la cartina di tornasole
che mette a nudo verità e sincerità di
tanti rapporti. Anche familiari. È triste assistere
al dileguarsi di amici e parenti,
quando una presenza o una buona parola
sono la migliore medicina per chi, gravemente
provato da malattie, si sente mancare
gli affetti più cari. Non ci sono ragioni,
sia pure in sé valide, a giustificare questi
gravi peccati di omissione. “Pietà” e
“compassione” verso chi è più debole devono
prevalere su impegni, occupazioni. E
anche rancori familiari. Per non dire che
“visitare gli ammalati” è una di quelle opere
di misericordia su cui, noi cristiani, saremo
giudicati. Come ci dice il Vangelo.
Pubblicato il 09 maggio 2012 - Commenti (2)
02 mag
Ho cinquantotto anni e sono un cattolico praticante da sempre. Ho
appena finito di leggere la notizia che, in appena quattro mesi e
mezzo, ben ventitré imprenditori si sono tolti la vita per disperazione.
Una buona percentuale sono del ricco Nordest. Dati agghiaccianti.
Di fronte a una simile situazione, perché la Chiesa, che è chiamata
a difendere i più poveri e le persone in difficoltà, non alza nemmeno
un dito? Perché resta impassibile di fronte all’abuso di potere di chi
ci governa? Ce l’ho anche con quei politici cattolici che vanno a Messa
e poi, tranquillamente, pensano solo ai loro affari e interessi privati.
Hanno una bella faccia tosta! Sto perdendo fiducia in questa Chiesa
poco credibile, che non prende posizioni forti. D’altronde, le chiese
sono sempre più vuote e calano anche i cattolici praticanti.
Giovanni - Verona
“Padova, strangolato dai debiti impresario edile si uccide”; “Non riesce a
pagare gli stipendi, imprenditore si uccide”; “Gli affari vanno a picco, si uccide
il titolare di un minimarket”... Ogni giorno, sono queste le notizie che
fanno capolino, con più frequenza, sui giornali. Una vera escalation, che
non può lasciare indifferenti, ma deve scuotere le coscienze di tutti. Lo Stato
così sollecito nell’incassare i soldi dei cittadini, con qualche eccesso di intimidazione
per i più deboli, è sordo ai reclami di imprenditori che falliscono,
anche perché lo Stato non paga. La Chiesa è in prima linea, con Caritas e
parrocchie, in aiuto a famiglie e lavoratori in difficoltà. E si sprecano gli appelli
solidali. Non ultimo quello del cardinale Scola, per una maggiore attenzione
«al prolungarsi della crisi, con le sue drammatiche ricadute».
Pubblicato il 02 maggio 2012 - Commenti (23)
01 mag
Paradossale. Sono passati
pochi giorni dal rinvio
dei campionati di calcio
per rispetto della morte
in campo di Piermario
Morosini e promuovere una
giornata di riflessione sui
valori dello sport, e subito
è successo qualcosa di
incredibile. A Genova un
gruppetto di tifosi fanatici
ha costretto i giocatori
del Genoa Calcio a togliersi
la maglia. Una cosa fuori
dalla realtà. Di questo
passo, a comandare saranno
quei soliti noti più qualche
infiltrato, che potrebbero
sostituirsi all’arbitro.
Secondo me, nessun
giocatore doveva accettare
il ricatto. È stata sprecata
un’occasione importante per
dire no alle sfide degli ultrà.
Fabio S. - Bergamo
Un’altra occasione mancata
nel mondo del calcio. Come
tante, ormai. A ripetizione. Come
il dilagare degli scandali
del calcio scommesse. Ma quello
che è avvenuto a Genova è
ancor più grave. È la “resa del
pallone” ai voleri di una banda
di violenti. Non chiamiamoli
tifosi. Però, quando si ammaina
bandiera o ci si toglie
la maglia con i colori della propria
squadra, perché così ordinano
gli ultrà, si è davvero persa
ogni dignità. Vista la mancanza
di coraggio di giocatori
e dirigenti, come prossima
mossa, aspettiamoci la richiesta
che i giocatori si levino anche
i calzoncini. Ma in mutande
il calcio lo è già da tempo,
sebbene sia lo sport nazionale
cui tutto si concede e perdona.
Per mancanza di lealtà e rispetto
delle regole.
Pubblicato il 01 maggio 2012 - Commenti (0)
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