di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 apr
Sono un lettore da quando sono nato. Famiglia Cristiana è
sempre stata presente in casa mia. Ora ho cinquantadue anni,
sposato con tre figli, tutti “bravi ragazzi” per fortuna. Assieme
a mia moglie Emanuela stiamo cercando di educarli al meglio,
fra l’altro insegnando loro il valore della “verginità”. Parola non
più in uso, anzi fuori moda oggi. Non mi considero un “vecchio
cattolico”, cerco di stare al passo con la vita moderna. E dialogare
con le nuove generazioni, sempre nel rispetto della dottrina
cattolica. Ma c’è un “ma”: Famiglia Cristiana, che dovrebbe
difendere questi valori, dà spazio a una storia dal titolo “Così papa Bergoglio ha benedetto il nostro Raffaele” (n. 14/2013),
dove si racconta la storia di Marco e Sara e del loro piccolo
che portano le offerte al Papa durante le celebrazioni pasquali
in San Pietro. Niente di strano, anzi evviva, è un inno alla vita
e alla famiglia... Ma poi leggo: «Quando abbiamo scoperto di
aspettare Raffaele, io e Sara non eravamo ancora sposati». Poi si
è regolarizzata la questione, c’è stato il matrimonio
– bene aggiungo io –, ma farli diventare “eroi” o
modello di “sacra famiglia” mi è sembrato eccessivo.
Si dà l’idea che la Chiesa sia favorevole ai rapporti
prematrimoniali! Non voglio far polemiche,
ma i giornali cattolici non possono ignorare i valori.
La scelta della coppia per un articolo così importante
andava ponderata meglio.
Giovanni C.
Neanch’io voglio far polemiche,ma questa tua lettera, caro
Giovanni, mi amareggia. Primo perché ti fai giudice di
quella giovane coppia, senza conoscerne la storia e il cammino
di crescita cristiana. Con lo stesso criterio, per te non si
salverebbe nessuno nella Chiesa. Neppure un santo come
Agostino di Ippona, di cui dovresti conoscere il passato prima
della conversione. Il Vangelo ci insegna a non giudicare
per non essere giudicati. E guai a ritenersi giusti, disprezzando
gli altri. Dio legge nel cuore, difficile poterlo ingannare.
Come ci mostra papa Francesco, Dio è così misericordioso
che anche quando ci giudica ci ama. E non si stanca mai
di perdonarci. La perfezione cristiana è una meta, non un
dato acquisito in partenza. I conti si fanno alla fine.
Pubblicato il 29 aprile 2013 - Commenti (0)
06 mar
Ho settant’anni, leggo da sempre e con piacere il suo
settimanale, cerco di tenermi informata su ciò che
accade nel mondo. Vorrei esprimere il mio pensiero
su un tema molto attuale: i matrimoni omosessuali e le
adozioni. Ascolto con tristezza le opinioni dei cosiddetti
esperti che vogliono a tutti i costi far passare per bene
ciò che è male, chiamando amore ciò che è egoismo.
Che pena! Ritengo che il rispetto sia dovuto a tutti,
ma è dovere dei credenti, ma anche dei laici, alzare la
voce per affermare chiaramente che, fin dalle origini,
Dio ha creato l’uomo e la donna. Solo la loro unione
ha riempito la terra, dove siamo ospiti. Non possiamo,
quindi, cambiare “l’ordine” creato e approvare il
“disordine”. Le conseguenze sarebbero una sciagura
per tutti. Che futuro ci potrà essere senza la “vera”
famiglia? I bambini, piccoli innocenti nel caos totale,
rischiano di dimenticare come si pronunciano i nomi
più dolci: mamma e papà. L’uomo d’oggi, caro padre,
è vittima della propria superbia, e non è più capace di
discernere.
Maddalena
A gennaio c’è stata a Parigi una grande manifestazione
di quasi un milione di persone scese in piazza a manifestare
contro i matrimoni omosessuali e la possibilità di
adozione da parte di coppie gay. Non si è trattato del pallino
fisso dei cattolici, ma tantissimi laici e rappresentanti
di altre religioni hanno ribadito la loro convinzione che il
matrimonio è solo tra un uomo e una donna. E che i bambini
hanno diritto a un padre e a una madre. Se si chiama
famiglia ciò che non lo è, si fa un torto a tutti.
Pubblicato il 06 marzo 2013 - Commenti (3)
30 ago
Caro don Antonio, sono un suo fedele lettore.
Complimenti, intanto, per il vostro
lavoro giornalistico: autorevole e formativo.
Le scrivo con un certo imbarazzo. Ho quarantatré
anni, sposato da undici, con due bambini
di otto e cinque anni. Da mesi, vivo l’agonia
del mio matrimonio. E sto maturando la
decisione di separarmi da mia moglie. In realtà,
quando decisi di sposarla, avevo presente
qualche sua diversità caratteriale, ma pensavo
che, con il tempo, avremmo trovato il giusto
equilibrio. Invece, mi sono sbagliato. Eppure,
lei era innamoratissima. E anche cattolica e
praticante molto più di me.
In questi anni, l’ho aiutata a diventare insegnante.
Da sola non ci sarebbe mai riuscita,
per la sua perenne incostanza. L’ho assecondata
in tutti i suoi desideri bizzarri e irrefrenabili.
Compra scarpe e borse in continuazione.
Non riesce a gestire le sue “pulsioni”. Non ha
mai tempo per la riflessione o la lettura. È così
possessiva dei figli che non li ha mai lasciati
un solo giorno con mia mamma. L’ha privata
del diritto d’essere nonna. Le visite sono sempre
state brevi e centellinate al massimo.
Insomma, ho tenuto botta per quello che
ho potuto. Certo, ci sono state anche liti e sfuriate.
Ma le abbiamo superate. Però, mentre
io mi arrovellavo nel dispiacere, a lei tutto scivolava
via come acqua del fiume. Siamo andati
assieme da uno specialista per migliorare
la nostra vita di coppia. Ma, al dunque, invece
di aprirsi, si è trincerata nel silenzio. O ha
raccontato una serie di bugie.
In questi ultimi mesi, la situazione è molto
peggiorata. Sono subentrati gravi problemi
economici. La mia azienda è fallita, l’abitazione
è stata messa all’asta. Mi barcameno tra avvocati,
cause, “avvoltoi” e instabilità economica.
Ciononostante, ho tenuto fuori dalle mie
preoccupazioni la famiglia. Ho solo chiesto a
mia moglie una condotta di vita più parca.
Mentre io continuo a pagare rate di prestito
mensili, bollette e la mensa dei bambini, lo stipendio
di mia moglie scompare nei rivoli delle
sue “spese inutili”.
Ho provato a giustificarla. In effetti, ha avuto
un’infanzia difficile, con un “padre padrone”
che ha represso le sue aspettative adolescenziali.
Ma, a quarant’anni, bisogna aver fatto
i conti con il passato. Non si può fare la vittima
a vita. Tanto più se si hanno dei figli da crescere.
Ora, nel momento in cui avrei bisogno
di una donna che mi dia aiuto e sostegno, mi
ritrovo solo. Da solo con i miei problemi e la
mia stanchezza.
Ho parlato della mia vicenda ad amici fidati.
Alcuni mi hanno invitato a resistere. Altri
a mollare. Sono sfiduciato. Non posso vivere
con questo peso sullo stomaco. Nei momenti
di maggior sconforto ho pensato di farla finita.
Mi ha frenato il pensiero dei miei bambini,
che sarebbero rimasti senza il loro papà. È
giusto soffrire così tanto? Non sarebbe meglio
separarsi?
Se dovesse pubblicare questa lettera, la prego
di omettere tutto ciò che potrebbe renderla
riconoscibile. La reazione di mia moglie sarebbe
violenta. Per lei l’immagine è più importante
della sostanza.
Lettera firmata
Un conto è tenere fuori la famiglia dalle
preoccupazioni d’una grave crisi economica
per il fallimento dell’azienda, altra
cosa è tenerla del tutto all’oscuro. Come sembra
sia avvenuto, secondo il racconto di questa
lettera. E, soprattutto, considerati i comportamenti
della moglie, che continua a sperperare i
soldi in “spese inutili”. Nonostante il marito sia
alla “canna del gas” e abbia pensato di farla finita
per sempre, se non lo avesse frenato il pensiero
dei figli, che resterebbero senza il papà.
Più che invitare la moglie a una vita più sobria,
sarebbe stato meglio farle un discorso di
verità. Mettendola di fronte alla grave situazione
familiare. E alle sue responsabilità.
A quarant’anni,
e con due figli, non ci si può permettere
di giocare con la vita. E prolungare,
a tempo indeterminato, l’immaturità e il periodo
dell’infanzia. Non ci sono ragioni per
farlo. Un’infanzia difficile, con un “padre padrone”,
semmai, avrebbe dovuto portare a una
diversa maturità. Non è più il tempo delle bambole.
Ma quello dei piedi per terra. Occorre uscire
da questo dorato isolamento, in cui si culla e
trastulla. Senza pensieri e riflessioni: ma solo
per assecondare le proprie pulsioni d’acquisto e
i tanti capricci. È un castello di carta che, quanto
prima, può crollare, travolgendo tutti e tutto.
In modo impietoso e senza ritorno.
A questo punto, non si tratta – come consigliano
gli amici – di “resistere” o “mollare”, o di pensare
alla separazione. Ma di prendere il coraggio
a due mani e affrontare la realtà. A partire
da uno schietto confronto familiare. Come non è
mai stato fatto in passato. Non basta una semplice
litigata, che lascia le cose come stanno.
Bisognava prendere posizioni ferme da
subito. Come quando le manie possessive nei
confronti dei figli privavano i suoceri del diritto
d’essere nonni. O di avere a casa, per pranzo o
momenti di piacere, il figlio e i nipotini. Certo, i
gravi disagi economici non facilitano il compito.
Ma è questo il momento di capire se si è sposati
una donna, o se si vive accanto a una quarantenne
viziata e immatura.
C’è una cosa, però, che mi fa dubitare della
capacità del lettore di saper reagire come si dovrebbe
in questa situazione, al limite dell’irreparabile.
È quanto scrive alla fine della lettera.
Cioè la paura di scatenare la reazione violenta
della moglie, se la loro vicenda familiare dovesse
venire a galla. Per non rovinare l’immagine
agli occhi della gente. Ma se questa è la preoccupazione,
è urgente una forte scossa.
Pubblicato il 30 agosto 2012 - Commenti (10)
16 ago
Ero un ventenne libero e felice. Avevo la mia
indipendenza, un lavoro, una famiglia.
Poi, un giorno, mia moglie mi ha tradito ed
è andata via. Neppure il tempo di lenire le ferite,
e un giudice ha deciso che lei avesse tutto. Così,
non ho avuto più i miei soldi, la casa, i figli,
la mia libertà. Il più grande shock della mia vita.
Sono dieci anni che vivo così. Corpo e mente
portano i segni di una persona che non ha
smesso di lottare. Ma, da allora, la mia vita non
è stata più la stessa. Ho conosciuto tanti uomini
come me, rovinati dalla persona che amavano.
Ora i figli crescono in un ambiente di odio
e ingiustizia. Ma io vivrò per vedere la fine di
questa piaga. E per assistere ai processi di donne
e giudici che hanno prodotto simili orrori.
Crimini contro la dignità e la libertà dell’uomo.
Contro l’umanità.
Lorenzo B.
Quando si spezza un legame, le conseguenze
spesso sono dure da accettare e digerire. A maggior
ragione se la rottura avviene in situazioni di
grave conflittualità. E in presenza di figli. Usati, talora,
come arma di ricatto e di rivendicazioni. Non
bisognerebbe mai arrivare a questo punto. Una seria
preparazione al matrimonio dovrebbe scongiurare
esiti devastanti per la vita di tutti. Ma quando
si giunge a scelte dolorose e irreversibili, ci sia almeno
la maturità di “lasciarsi” bene.
Pubblicato il 16 agosto 2012 - Commenti (12)
02 feb
Con dolore ho deciso di non rinnovare l’abbonamento. Ma
non volevo andarmene senza salutarla. Ci siamo fatti ottima
compagnia per molti anni. Famiglia Cristiana arrivava puntuale
nella casa, dove sono cresciuta prima che mi sposassi. Poi mi
sono abbonata io stessa. Non lo faccio per la crisi economica,
ma per una crisi dello spirito. Purtroppo, dopo quattro anni
di matrimonio, non sono arrivati bambini. E, salvo miracoli,
non ne arriveranno. Abbiamo iniziato le pratiche per l’adozione,
ma anche questa via è risultata tortuosa. Ci sono pochi bambini
adottabili e molte coppie desiderose di adottare. La spuntano
quelli con i redditi più alti.
Tornando a noi, col tempo mi sono accorta che, sfogliando la rivista, i miei occhi cadevano sempre sulle
foto di famiglie con bambini. Gli articoli che catturavano il mio
interesse erano quelli sull’educazione dei figli, sul ruolo dei nonni,
sulla scuola, sull’infanzia. Per anni ho pensato: «Queste cose, un
giorno, mi serviranno». Ora, invece, dopo aver ingoiato il boccone
amaro della sterilità, devo salvare me stessa dalla depressione
e tenere in piedi il matrimonio. Purtroppo, continuare a vedere foto
e titoli sui bambini, per me è un pugno allo stomaco. Riconosco che
non sono mancati articoli su adozione o sterilità. E che gli interventi
su attualità, politica italiana ed estera, cultura... sono ottimi. Inutile
dirle che la saluto con la speranza di ritrovarci.
Un’amica
Spero che tu, cara “amica”, lettrice fedele da tanti anni, non ti sia già
allontanata del tutto. Perché alla familiarità con la rivista, con la quale
sei cresciuta, fa contrasto una decisione che mi appare affrettata. E anche
poco logica. A mio parere, non aiuta a vincere la depressione chiudersi
in sé stessi. E tormentarsi su quel bene prezioso dei figli che non sono
arrivati. Ci sono altre forme di maternità e paternità, per sentirsi realizzati.
Capisco il dolore di chi ha mandato giù un “boccone amaro” come
il tuo, ma più che tagliare i ponti (anche con la nostra rivista), occorre
reagire con forza. E aprirsi. La via dell’adozione, pur con tutte le sue
difficoltà, va ancora perseguita. Non è una questione di soldi.
Pubblicato il 02 febbraio 2012 - Commenti (2)
28 nov
Su Famiglia Cristiana
avete parlato di donne
che diventano mamme
a quarant’anni. Fenomeno
diffuso, anche se un parto
da giovani è meglio. Ho
trentacinque anni e non sono
né sposata né fidanzata. Non
per mia scelta. Ma solo perché
non ho trovato la persona
giusta. La mia educazione
religiosa cozza con l’attuale
concezione del matrimonio
e del sesso. Mi accingo a far
parte di quelle mamme
quarantenni, ammesso che
trovi qualcuno dai sani princìpi.
I ragazzi mi propongono solo
convivenze. Hanno voglia di
divertirsi in discoteca, fino a
notte fonda. Ma anche le donne
che ricorrono alla fecondazione
artificiale, non potendo avere
figli, sono egoiste. Soprattutto
se hanno una certa età. Non mi
piace il fenomeno delle mamme
anziane.
Una quarantenne
Oggi, il matrimonio pare in ribasso.
Se ne sminuisce l’importanza.
La società lo banalizza, spesso
lo irride. Si dice che i legami duraturi
non fanno parte della mentalità
corrente. Tutto ha una scadenza.
Anche l’amore. Qualcuno è arrivato
persino a ipotizzare i matrimoni
“a tempo”. Come se i figli si
potessero progettare “a tempo”. E
poi, che se ne fa? C’è tanta irrazionalità.
Ma anche il bisogno di ridare
dignità a scelte fondamentali
nella vita, che richiedono preparazione
e impegno. Non improvvisazione
e leggerezza. Il “colpo di
fulmine” può anche accecare, se
cade su basi fragili e inconsistenti.
Un figlio, infine, al di là dei casi
specifici cui ti riferisci, lo si fa sempre
per amore. Per il suo bene.
Non per colmare un vuoto o appagare
un desiderio.
Pubblicato il 28 novembre 2011 - Commenti (2)
23 ago
Ho quarantatré anni e sono una mamma divorziata. I miei figli
sono grandi, uno ha quasi vent’anni e l’altro diciassette. Le
scrivo perché sono delusa dalle persone con cui sono a contatto,
sia nella vita privata sia al lavoro. Prima mi fidavo ciecamente di
tutti, ora non più. Per tre anni e mezzo ho frequentato un uomo
della mia età, e mi sono illusa. Accettavo le sue condizioni, pur
di non perderlo. Lui voleva sempre avere ragione, io ero sempre
quella che sbagliava. Per mia fortuna, a fine giugno, mi ha
lasciata e non si è più fatto sentire. Adesso c’è un ragazzo, più giovane, che vorrebbe conoscermi meglio. Ma ho paura e continuo a rimandare. Lui ha qualche problema: due anni fa, è stato vittima di un brutto incidente in macchina. Nel mondo del lavoro sono circondata da gente falsa e invidiosa. Le colleghe sono sempre pronte a giudicarti e a farti del male. Nonostante i miei anni, non so che fare. Vorrei chiedere consiglio ai miei genitori. E, naturalmente, anche a lei.
Maria Teresa F.
In questo caso, cara Maria Teresa, più che gli altri, il vero problema sei tu. È il tuo modo di tessere relazioni, nel privato e nel mondo del lavoro, a essere immaturo. Senza personalità. Sei succube degli eventi, senza mai prendere la tua vita in mano. Ti lasci vivere e non decidi
nulla, non assumi alcuna responsabilità. Accusi e scarichi tutto sugli altri. Rinunci anche alle tue idee, pur di elemosinare briciole di amore da un uomo che, all’improvviso, scompare dalla tua vita. E non sai neppure perché. Se a quarantatré anni devi ricorrere ai genitori, come una ragazzina ai primi passi e amori, è tempo per te di un serio esame di coscienza. E di darti una scossa. Per non passare da una delusione all’altra. Abbi il coraggio delle tue scelte, anche a rischio di sbagliare. Nessuno può sostituirsi a te. Soprattutto all’età che ti ritrovi. Cercare una balia non aiuta a crescere.
Pubblicato il 23 agosto 2011 - Commenti (4)
15 giu
Sono sposata da venticinque anni, con due figli stupendi e un ottimo lavoro part-time, che mi consente di seguire casa e famiglia. Non abbiamo nessun problema economico. Tutto filerebbe liscio se non fosse per quell’integrista e “talebano” di mio marito. Santa Messa e rosario tutti i giorni, nonché Radio Maria la sera. A casa non si deve sprecare nulla, perché lui ha fatto una scelta di povertà. Tanto meno fare un acquisto, se non è strettamente necessario. Quando mi tolgo qualche piccolo sfizio, mi si scaglia contro con pesanti giudizi morali, manco fossi una
donna di strada. Tra di noi niente regali ai compleanni e a Natale, perché i poveri sono alle porte. Le pare possibile, nel nome del cristianesimo, vivere così? Mai un gelato o una pizza con gli amici. E guai a invitarli a casa. Immagini con quale idea distorta della religione stanno crescendo i miei figli. Non ce la faccio più. Manca solo che mio marito chieda la dispensa al vescovo e che si ritiri in un monastero!
Carla - Pisa
Con questa mentalità, cara Carla, tuo marito farebbe danni anche se si ritirasse in un monastero. Non c’è appello a qualsiasi principio religioso che possa permettergli di non rispettare gli altri. A cominciare da voi familiari, che siete le persone più vicine e preziose che lui abbia. La sua è una pessima immagine che dà del cristianesimo. Piegare la preghiera per giustificare comportamenti gretti e meschini è una mistificazione. Una forma masochistica della vita. Non ce lo chiede nessuno, neanche il Signore. Altra cosa, invece, è perseguire uno stile di vita sobrio, che non ceda alle mode consumistiche ed edonistiche del momento. Ma nel caso di tuo marito siamo alle soglie della patologia, rivestita da afflati religiosi. Dici bene tu stessa: «Questa è un’idea distorta della religione». Aiutalo, se puoi, a comprendere la gioia del dare e della gratuità. Il cristianesimo è gioia. È visione positiva della vita. Immagino che tuo marito sorrida anche poco!
Pubblicato il 15 giugno 2011 - Commenti (24)
04 nov
Come donna mi sono sentita offesa nel leggere la lettera
“A prostitute come sfogo”!
Anzi, dovrebbero esserlo pure gli
uomini, perché il signor Carlo li considera animali, che “sfogano”
le loro energie e i loro legittimi desideri. Sono una mamma
trentacinquenne, con tre bambini piccoli, che cerca di fare i salti
mortali tra famiglia, casa e lavoro. Mio marito comprende la
fatica che faccio (anzi, facciamo) tutti i giorni. Vorrei invitare quel
lettore a mettersi al posto di sua moglie (sempre che ne abbia
una). E occuparsi, almeno per una settimana, delle incombenze
familiari. Penso che ridimensionerebbe i suoi “legittimi desideri”.
Che tristezza, come siamo caduti in basso! Dov’è finito
il vero amore tra coniugi, alla base del matrimonio?
Un’affezionata lettrice
Ho trentaquattro anni e due
figli. Le scrivo dopo che mia
moglie mi ha fatto leggere
la lettera “A prostitute come
sfogo” (FC n. 26/2010). A caldo, avrei voluto rispondere per le rime
al lettore. Poi ci ho ripensato. Nella vita di coppia se non c’è vero amore,
il puro atto sessuale è davvero uno “sfogo”. Ma noi uomini non siamo
bestie, siamo chiamati a controllare (non reprimere) le pulsioni. Se
i mariti fossero più dolci con le mogli, con qualche bacio e una carezza
in più, sono sicuro che tra loro ci sarebbe più armonia.
Un marito
Le due lettere vanno controcorrente rispetto a una mentalità che, oggi,
banalizza l’amore, il sesso e il matrimonio. E che propone modelli e stili di
vita opposti all’unione tra un uomo e una donna, fondata su un impegno
duraturo e fedele, benedetto davanti al Signore. Oggi, ci si sposa già con
una riserva mentale, si va avanti finché sta bene a entrambi, ma alle prime
difficoltà il ricorso alla separazione è quasi immediato. Anche quando ci sono
di mezzo dei figli, che ne pagheranno le conseguenze dolorose per tutta
la vita. Quanto alle campagne contro la prostituzione e le professioniste
del sesso, poco si dice, invece, di tanti mariti e papà “perbenisti”, che alimentano
il mercato del sesso, pronti poi a chiedere provvedimenti duri per
ripulire le strade dalle “sozzure” che si vedono. Bella ipocrisia!
Pubblicato il 04 novembre 2010 - Commenti (2)
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