di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 ott
Mi sono sposato a settembre 2008, a ottobre 2009 sono
diventato papà, a febbraio 2010 mia moglie è scappata di
casa con nostro figlio, da luglio 2010 siamo legalmente separati.
Non avevamo problemi economici. Anzi, lavoravamo entrambi,
io come informatico libero professionista, lei come impiegata
amministrativa in un’azienda. Io avevo orari molto flessibili,
per cui cercavo di seguire famiglia e lavoro in base alle necessità
del momento. Lei pretendeva che, di sera e a fine settimana, fossi
totalmente a sua disposizione. Vivevamo in un appartamento
di proprietà di suo padre, per cui i miei suoceri si sentivano
in dovere di dirci come arredarlo e come usarlo. Mia moglie si dava
molto da fare per il suo lavoro, guadagnava più di me, ma dopo
il matrimonio non ha dato un euro per le necessità della famiglia.
Lei è sempre stata sottomessa ai suoi genitori, prima e dopo il
matrimonio. Quasi del tutto plagiata. Adesso non mi parla più.
Manda avanti genitori e avvocati. Vorrei che trovassimo un
accordo pacifico, ma lei si rifiuta a qualsiasi incontro. Il parroco
s’è offerto di fare da
mediatore, ma lei non ne
vuole sapere. Preghi per
me. E, soprattutto, per mio
figlio.
Michele
Prego per tutti voi, per questa
tua famiglia ridotta a
pezzi, nella speranza che i
cocci si possano comporre
con qualche mediazione, di
cui avete tanto bisogno. La
tua esperienza, come altre già pubblicate, confermano quanto sia
sempre più necessaria una seria preparazione al matrimonio. Che
non può fondarsi sull’improvviso colpo di fulmine o su una breve e superficiale
conoscenza. Quel che più colpisce in storie simili è che, subito
dopo il matrimonio, si scopre di avere accanto una persona totalmente
diversa da quella che si era frequentata. O meglio “sognata”.
Che fine ha fatto il cosiddetto fidanzamento? Chi ne parla più?
Pubblicato il 29 ottobre 2010 - Commenti (0)
21 ott
Ho appena letto le critiche di due lettori alla
presentazione della nuova Bibbia a ritmo di rap
(FC n. 41/2010), e sono rimasta senza parole. Sono
andata sul vostro sito per ascoltare lo spot e non vi
ho trovato nulla di scandaloso. Certo, il rap è uno
stile musicale un po’ “graffiante”, sicuramente non
è melodioso, ma non tutti abbiamo gli stessi gusti
musicali. Insieme a mio marito,
da quattro anni seguiamo
in parrocchia un gruppetto di
giovanissimi. E ci rendiamo conto
che, se vogliamo raggiungere il loro
cuore, il nostro linguaggio deve
cambiare. Eppure, non siamo
vecchi: abbiamo 36 e 39 anni.
Non bisogna stravolgere il Vangelo,
ma dobbiamo avere presente a chi
l’annunciamo. Secondo me, più che discutere dei mezzi
che usiamo, dovremmo prima chiederci se ci sforziamo
davvero di capire il linguaggio dei giovani, più che
voler imporre il nostro.
Lettera firmata
Il messaggio del Vangelo è sempre valido per tutti, nel
tempo e a ogni latitudine. Ma essendo parola di Dio “incarnata”
ha bisogno d’essere comunicata col linguaggio degli
uomini d’oggi. Inoltre, un conto è parlare ai bambini,
altra cosa rivolgersi al mondo della cultura. Senza questo
sforzo, rischiamo d’essere “fuori dal mondo”, nel vero senso
della parola. La peggiore tentazione da rifuggire è perpetuare
tutto ciò che s’è fatto nel passato, ignorando che,
nel frattempo, il mondo ha subìto profondi cambiamenti.
Il nostro linguaggio nell’annunciare il Vangelo, spesso, è
incomprensibile. È un parlare da “iniziati”. E i giovani non
hanno lo stesso codice per capirci.
Pubblicato il 21 ottobre 2010 - Commenti (0)
11 ott
Grazie, anzitutto, per la ricchezza di
notizie e documentazioni che Famiglia
Cristiana offre anche a noi che viviamo in
Burundi. Leggendo l’articolo di una signora
sui beni della Chiesa, m’è venuta in mente
la trasmissione televisiva sulla “centesima”
fontana nei giardini vaticani. Un’opera
davvero splendida. Istintivamente, però,
ho pensato al suo costo. E ai cinque-sei
piccoli acquedotti che qui avremmo potuto
costruire per questa povera gente che, ogni
giorno, fa diversi chilometri a piedi per un
bidoncino d’acqua. In realtà, ci sono anche
altre ricchezze che si potrebbero mettere
a disposizione. Amo il Papa e la Chiesa, ma
vivendo da quarant’anni nella povertà
della mia gente, mi sono venuti spontanei
questi interrogativi.
Padre Luigi
Mi lasci dire, caro padre Luigi, che le riflessioni
sono venute davvero d’istinto. Condivisibili
nello spirito che le anima, irrealizzabili nel
concreto. La fame nel mondo non si estinguerà
certo vendendo i beni artistici del Vaticano, come
tante persone pensano e dicono nei discorsi
da bar o di strada. Il fenomeno è ben più grave,
come lei ben sa, e richiede il contributo delle
nazioni. Non solo a parole o con promesse sempre
disattese. Come capita per la Cooperazione
internazionale, sempre più vittima di drastici
tagli, soprattutto nel nostro Paese. Ciò non toglie
che l’invito a stili di vita più sobri e morigerati
ci riguarda tutti. Una Chiesa “povera” è
più libera e più profetica nella denuncia.
Pubblicato il 11 ottobre 2010 - Commenti (0)
01 ott
Va bene la libertà di informazione, ma ogni libertà ha dei limiti per non urtare la sensibilità altrui, specialmente dei più giovani. Quando si guardano in famiglia certe immagini dei telegiornali, come quelle in cui un giovane si accuccia tra i binari mentre il treno gli passa sopra, poi non ci si dovrebbe lamentare quando succedono delle tragedie. La censura o l’autocensura non si mettono mai in pratica per timore di non essere al passo coi tempi. Ma i tempi, a volte, fanno precipitare gli eventi.
Giulio
Più che la censura o l’autocensura, bisognerebbe invocare più saggezza e un codice di disciplina più rigoroso per gli operatori del mondo della comunicazione. E, soprattutto, da parte degli educatori (a cominciare dalle famiglie, naturalmente) cercare di capire perché i giovani sfidano la vita con gesti estremi, che spesso finiscono in tragedia. Non è solo bullismo o voglia di esibizionismo. Sono fenomeni che non vanno presi con leggerezza, né da trattare con accondiscendenza ed eccessi di tolleranza. Il rischio dell’emulazione è altissimo. E il male, spesso, attira più del bene.
Pubblicato il 01 ottobre 2010 - Commenti (0)
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