Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
05
giu

I nostri valori e Facebook

Dal 2007 sono un educatore dell’Azione cattolica e passo tutti i sabati in parrocchia con i ragazzi che, quest’anno, si preparano a ricevere la Cresima, che è “il sigillo dello Spirito Santo dato in dono”, per diventare testimoni di fede e del Vangelo di Cristo. Un tempo, la tecnica dell’ascolto funzionava meglio. Oggi non è facile farsi capire dai più giovani, soprattutto perché, fin dalla tenera età, sono bombardati di messaggi che arrivano dai media e dalla televisione. Molto più di quanto succedeva quando io ero bambino (ho quasi ventotto anni). Non si può generalizzare, perché ci sono anche bambini più attenti. Quel che vorrei chiederle è come far sì che i bambini ascoltino volentieri quello che noi educatori cerchiamo di trasmettergli, cioè i valori di fede ma anche quelli morali e civili. Anche questi sono importanti, perché senza regole non si prospetta un buon futuro per la società.

Marco G. - Prato

Oggi, non è facile trasmettere educazione e valori ai nostri ragazzi. Sono in difficoltà non solo i genitori, ma tutti coloro che hanno a cuore la loro educazione, come gli insegnanti a scuola, i sacerdoti, i catechisti e gli animatori nelle parrocchie. Ma sono i vecchi mass media, Tv e radio in particolare, e soprattutto i nuovi media, da Facebook a Twitter, a influenzare pesantemente il loro modo di pensare, imponendo modelli e stili di vita lontani dai valori e dalle logiche del Vangelo. Oltre a una rinnovata alleanza tra famiglia, scuola e parrocchia, va dedicata un’attenzione particolare alla Rete e, soprattutto, a come i nostri ragazzi la usano. Sono “nativi digitali”, ma la tecnica non è tutto.

Pubblicato il 05 giugno 2013 - Commenti (0)
23
mag

Il razzismo nello sport si combatte a scuola

Negli ultimi anni si sono verificati in Europa più di venti episodi gravi di razzismo nell’ambiente dello sport. Nella cultura moderna lo sport ha fatto della lotta alla discriminazione, non solo quella etnica, uno dei valori più alti contribuendo allo sviluppo di un concetto privo di pregiudizi. È la mancanza di un’educazione culturale che spinge l’individuo ad assumere atteggiamenti discriminatori. Bisogna iniziare dalla scuola, insegnando ai più piccoli il rispetto verso gli altri e sviluppando la conoscenza reciproca. Giovanni Paolo II, il “Papa sportivo”, ricordava al Giubileo del 1984 che «lo sport può recare un valido apporto alla coesistenza di tutti i popoli al di sopra di ogni discriminazione di razza, di lingua e di nazioni».

Angelo P. - Lecco

Gli sportivi, da parte loro, per la vasta popolarità di cui godono hanno una grande responsabilità, nel bene e nel male, con i loro atteggiamenti durante e al di fuori delle attività sportive. Tante campagne di solidarietà promosse da un noto personaggio dello sport hanno un’immensa forza trainante, perché i “tifosi” tendono a imitare i comportamenti del proprio idolo. Lo sport in quanto tale, quando si attiene ai princìpi della lealtà e della correttezza, è un volano e un moltiplicatore di “buoni sentimenti”. Per questo andrebbero stroncati sul nascere tutti quei fenomeni che “sporcano” lo sport. Tra questi, l’inciviltà e l’ignoranza rozza dei presunti tifosi che approfittano del tifo sportivo per sfogare il peggio dei loro istinti, con cori razzisti che dovrebbero indignare tutti.

Pubblicato il 23 maggio 2013 - Commenti (1)
29
apr

Misericordia della Chiesa e giudizi umani

Sono un lettore da quando sono nato. Famiglia Cristiana è sempre stata presente in casa mia. Ora ho cinquantadue anni, sposato con tre figli, tutti “bravi ragazzi” per fortuna. Assieme a mia moglie Emanuela stiamo cercando di educarli al meglio, fra l’altro insegnando loro il valore della “verginità”. Parola non più in uso, anzi fuori moda oggi. Non mi considero un “vecchio cattolico”, cerco di stare al passo con la vita moderna. E dialogare con le nuove generazioni, sempre nel rispetto della dottrina cattolica. Ma c’è un “ma”: Famiglia Cristiana, che dovrebbe difendere questi valori, dà spazio a una storia dal titolo “Così papa Bergoglio ha benedetto il nostro Raffaele” (n. 14/2013), dove si racconta la storia di Marco e Sara e del loro piccolo che portano le offerte al Papa durante le celebrazioni pasquali in San Pietro. Niente di strano, anzi evviva, è un inno alla vita e alla famiglia... Ma poi leggo: «Quando abbiamo scoperto di aspettare Raffaele, io e Sara non eravamo ancora sposati». Poi si è regolarizzata la questione, c’è stato il matrimonio – bene aggiungo io –, ma farli diventare “eroi” o modello di “sacra famiglia” mi è sembrato eccessivo. Si dà l’idea che la Chiesa sia favorevole ai rapporti prematrimoniali! Non voglio far polemiche, ma i giornali cattolici non possono ignorare i valori. La scelta della coppia per un articolo così importante andava ponderata meglio.

Giovanni C.

Neanch’io voglio far polemiche,ma questa tua lettera, caro Giovanni, mi amareggia. Primo perché ti fai giudice di quella giovane coppia, senza conoscerne la storia e il cammino di crescita cristiana. Con lo stesso criterio, per te non si salverebbe nessuno nella Chiesa. Neppure un santo come Agostino di Ippona, di cui dovresti conoscere il passato prima della conversione. Il Vangelo ci insegna a non giudicare per non essere giudicati. E guai a ritenersi giusti, disprezzando gli altri. Dio legge nel cuore, difficile poterlo ingannare. Come ci mostra papa Francesco, Dio è così misericordioso che anche quando ci giudica ci ama. E non si stanca mai di perdonarci. La perfezione cristiana è una meta, non un dato acquisito in partenza. I conti si fanno alla fine.

Pubblicato il 29 aprile 2013 - Commenti (0)
10
dic

Cari adulti vi scrivo...

Sono uno studente liceale di Benevento. Le scrivo come cittadino e affezionato lettore per esprimere la mia delusione per i numerosi scandali cui assistiamo ogni giorno. Stiamo sprofondando nell’abisso. Posso farle un elenco: corruzione negli organi democratici, evasione fiscale, delinquenza, malfunzionamento delle strutture pubbliche, disinteresse da parte dei cittadini alla politica, mancanza di lavoro e di meritocrazia, mezzi di informazione sottomessi a forze politiche ed economiche, un sistema fiscale non equo, istituzioni gestite da uomini corrotti ed egoisti, collusi con mafia e criminalità organizzata… È anche vero che queste persone sono state votate dagli italiani. Nonostante tutto, io voglio guardare al domani con speranza. Ho l’obbligo di impegnarmi con tutte le mie forze perché le cose cambino. Come me, molti giovani nutrono lo stesso auspicio. A chi ci governa e agli adulti chiediamo di non deludere le nostre aspettative. E di restituirci, con esempi migliori, l’orgoglio di essere italiani.

Mario Z.

Il tuo atteggiamento, caro Mario, è quello giusto. Non basta lamentarsi di ciò che non funziona. O fare la “lista della spesa” degli scandali che ci sprofondano nell’abisso. Occorre reagire e impegnarsi in prima persona, senza rilasciare deleghe in bianco. È facile aggregare e strumentalizzare il malcontento, per alimentare l’antipolitica. Ma la sola protesta, senza un progetto, non porta lontano. Contribuisce, anzi, a disgregare il Paese. Più di quanto non lo sia già. Sebbene voi giovani siate delusi dai pessimi esempi di noi adulti, non è tempo di mollare. Rendetevi protagonisti del cambiamento. Questi nostri politici, da soli, non si scolleranno mai dalle poltrone. Da veri camaleonti, sono furbi e lesti nel riciclarsi.

Pubblicato il 10 dicembre 2012 - Commenti (8)
26
nov

La mia vita disperata

Sono un giovane con tanta voglia di mettere su famiglia, ora che il Signore mi ha fatto incontrare la compagna della mia vita. Vorrei avere dei figli e costruire il mio piccolo nucleo. Purtroppo, sono senza lavoro. Mi arrabatto con tutto ciò che trovo: lavoretti di muratore, giardiniere o altro. Non ho potuto studiare. Ho solo la terza media. I miei genitori, emigrati dal Sud, erano persone con poca cultura. Non mi hanno dato la possibilità né la spinta allo studio. Di recente, è morto mio padre e ora devo anche pensare a mia mamma, sempre più anziana. La disperazione è la mia compagna quotidiana. La classe politica se ne frega di noi giovani. Non ci danno possibilità di lavoro, mentre continuano ad aumentarci le tasse e a tagliare i sussidi. Le scrivo per avere una parola di conforto. Ma anche con la speranza che qualcuno possa darmi una mano.

Davide F.

Una parola di conforto, da parte mia, c’è tutta. So che per te, caro Davide, che vuoi metter su famiglia, sarebbe più importante una concreta proposta di lavoro. Questa rubrica non è un ufficio di collocamento. Non è nelle mie possibilità garantire un lavoro a qualcuno. Tanto meno illudere con facili promesse. Ma se la tua storia, così semplice e sincera, suscitasse l’interesse di chi potrebbe darti una mano, ne sarei immensamente felice. Per te, per la compagna della tua vita e per la tua famiglia in divenire. D’altronde, non chiedi la luna quanto a prospettive. I lavori manuali pare siano molto ricercati. Si tratterebbe di fare incontrare domanda e offerta. Quando i nostri politici legiferano sul futuro del Paese, mi piacerebbe avessero presenti storie come la tua. E si facessero carico dei giovani come fossero i propri figli. In fondo, tra tanto cinismo e opportunismo, sono anch’essi padri e madri. In qualche angolo del cuore dovrebbe albergare ancora un briciolo di umanità.

Pubblicato il 26 novembre 2012 - Commenti (3)
19
ott

Diamo fiducia ai nostri giovani

Caro don Antonio, a me non fanno pena i ragazzi, ma gli adulti incapaci di trasmettere quei valori che sono alla base del vivere civile. Ai nostri figli, oggi, non facciamo mancare nulla. Ma spesso non abbiamo tempo per loro. Siamo troppo impegnati a correre nel nostro vivere quotidiano. E ciò riguarda anche i sacerdoti. Non ci fermiamo mai a cercare di capire cosa loro sentono dentro. Siamo bravi a criticarne i comportamenti, ma non ci chiediamo se anche noi abbiamo delle responsabilità. Vorrei dire a quei lettori che le scrivono per contestare i giovani, che la maggior parte di questi hanno ideali e valori. E si danno da fare. Sono molto meglio di quanto crediamo. Conosco laureati che non si vergognano di fare i camerieri. E poi non credo che le passate generazioni fossero tutti degli angioletti. Qui da noi, in Veneto, giravano tutti col coltello in tasca e bruciavano i pagliai. Diamo più fiducia ai giovani. Magari con qualche sorriso in più.

Guido B. - Romano d’Ezzelino (Vi)

A ogni tempo il suo affanno. A poco giova il confronto col passato, se è solo per una classifica qual è la generazione migliore. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Fin dall’inizio del mondo, da Caino e Abele. Una tavoletta assira del 2800 avanti Cristo dava per imminente la fine del mondo «perché la corruzione e l’insubordinazione sono diventate cose comuni e i figli non obbediscono più ai genitori ». Ciò detto, va colto l’invito di Guido ad avere più fiducia nei giovani. Con più ottimismo. E a puntare su di loro con coraggio. Sono il nostro investimento per il futuro. E sono molto meglio di come vengono rappresentati. I mass media parlano solo degli eccessi dei pochi, ma ignorano l’impegno dei molti. Basterebbe dare un’occhiata al mondo del volontariato. O alla preziosa opera di tanti giovani che impegnano il loro tempo, con generosità, per assistere ammalati, poveri o bambini handicappati. Purtroppo, la foresta che cresce fa poco rumore.

Pubblicato il 19 ottobre 2012 - Commenti (4)
10
mag

Troppi soldi nei programmi Tv

Ieri sera, ho visto una trasmissione Tv a quiz. Dopo il brillante finale dei due concorrenti, mi sono sentita amareggiata. Sono contenta per loro, che sono due bravi ragazzi. Ma perché tutti quei soldi in palio? Io e mio marito abbiamo insieme una pensione di mille euro al mese. Nostro figlio, laureato da due anni, vive ancora con noi. Tutti i giorni, fa tre ore di macchina per andare a lavorare, per 800 euro al mese. Ma se pensiamo a tanti nostri amici e conoscenti senza lavoro, anche nella ricca Brianza, ci riteniamo fortunati. Ma quelle cifre in Tv ci offendono. Con i tempi che corrono, non basta come giustificazione dire che quella è una Tv privata e dei propri soldi può farne quel che vuole!

Elisa

Che cosa non si fa per l’audience! Montagne di soldi in premio, ormai, imperversano in tutti i programmi Tv. Per premiare banali risposte, scontate o suggerite dai presentatori o dal pubblico. Non è un buon apporto alla crescita della cultura. Semmai, si illudono le persone. Quasi che partecipare ai quiz fosse la strada migliore per fare soldi. Non è certo un bell’esempio per tanti giovani che si sacrificano e si impegnano nello studio. Purtroppo, la corsa ai quiz con ricchi premi ha invaso anche la Tv pubblica.

Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (8)
16
nov

Lamentarsi non basta

Sono una giovane lettrice diciottenne, molto contrariata per le lettere dei lettori. Non ne posso più di persone che si lamentano di tutto. Dalla politica alla Chiesa, dalla giustizia alla scuola. Basta! Ma perché non si danno da fare per cambiare le cose che non vanno? Se ci lamentiamo noi che viviamo nei ricchi Paesi del Nord, che devono dire i popoli dell’Africa o dell’Asia che muoiono di fame e malattia? Noi italiani, ahimè, siamo solo capaci di brontolare. Ma quando abbiamo i mezzi per agire, non facciamo nulla. Un grande uomo diceva: «Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo». Mi scusi per la sfuriata.

Giovane lettrice

La lamentela per la lamentela non ha senso. È solo distruttiva. Spesso una lagna insopportabile. C’è chi comincia a dolersi non appena mette piede a terra dal letto. Non gli va bene nulla. Malumore che travasa poi al lavoro, dove arriva già stanco prima ancora di cominciare. Ma la giusta protesta è cosa ben diversa dalla sterile lamentela. È la denuncia, non solo a parole, delle ingiustizie, falsità e ipocrisie che ci circondano. Forse, ci siamo indignati troppo poco di fronte a tanti soprusi. Abbiamo girato lo sguardo altrove. Non vogliamo vedere povertà, discriminazioni, intolleranze. Cara diciottenne, non perdere così presto la “santa indignazione”. Se vuoi, davvero, dare una mano a cambiare il mondo. Ed essere tu stessa il cambiamento.

Pubblicato il 16 novembre 2011 - Commenti (10)
07
nov

La sfida dei valori

Sono una ragazza ventitreenne cresciuta con Famiglia Cristiana come punto di riferimento della mia informazione. Le scrivo per manifestare il mio sdegno per un dibattito televisivo su matrimonio e tradimenti. Mentre due ragazzi spiegavano la bellezza del sacramento, due “stelle” del piccolo schermo, ormai decadute, sostenevamo che il tradimento ha una funzione terapeutica. Ma che esempio diamo ai nostri giovani? Io credo nell’amore, quello vero. E ho trovato chi condivide con me questi pensieri. Mi sconcerta la mentalità corrente, per cui “tradire” è normale, lo fanno tutti. Spesso gli adulti si lamentano perché i giovani di oggi pensano solo a divertirsi. E dicono che, ormai, non si sposa più nessuno. Ma si sono chiesti che esempio ci danno?

Annalisa

Quanto agli esempi di vita, i giovani hanno poco da imparare da certi adulti e dai loro stili di vita. Soprattutto quegli adulti diventati la rappresentazione vivente di una società senza valori. Tutto ormai è relativo. Non c’è distinzione tra bene e male. Quel che conta è apparire, avere successo e soldi. Ognuno pensa ai propri interessi. Cresce l’egoismo e il disinteresse per le persone bisognose. Non c’è, addirittura, alcuna remora a definire interventi terapeutici comportamenti immorali, come il tradimento. Stiamo rovinando un’intera generazione di giovani. Nel totale disinteresse di tutti. Per questo, l’educazione ai valori è la grande sfida dei nostri tempi.

Pubblicato il 07 novembre 2011 - Commenti (1)
05
ott

E il futuro dei nostri ragazzi?

Vorrei rispondere a Paolo B. (FC n. 38/ 2011), che accusava i giovani di non volersi sposare e avere figli a causa della crisi. Eppure, caro Paolo, non tutti i ragazzi sono come li descrivi tu. Personalmente, io voglio mettere su famiglia. Ho ventinove anni, ma come faccio ad avere un futuro senza lavoro? La precarietà brucia sogni, aspettative e illusioni. Faccio una vita come tanti. Non bevo né mi “sballo”. Credo in Dio e nei sani valori che i miei genitori mi hanno insegnato fin da piccola. Ho una laurea e un master: perché non ho un lavoro? Forse, perché non sono “figlia di papà” né ho “santi in paradiso”. Ho voglia di rimboccarmi le maniche e lavorare. Finora ho ricevuto porte in faccia. Ho una sola speranza: che l’Italia cambi. E che i nostri politici, un giorno, comincino a occuparsi di noi giovani disoccupati.

Un’assidua lettrice

L’auspicio di un’Italia più normale è nella mente di tanti. Ma non si vedono cambiamenti all’orizzonte. Almeno, con questa classe politica che non sa alzare lo sguardo dal ristretto terreno dei propri interessi. Non ha una visione ideale, non un progetto per il futuro del Paese. Dove il ruolo centrale dovrà essere quello di voi giovani. Ma, al di là di tante dichiarazioni retoriche, sembra che il vostro destino non interessi a nessuno. Eppure, i dati che vi riguardano, soprattutto nel Sud Italia, sono davvero preoccupanti. Al limite della disperazione. Nel Mezzogiorno in recessione, lavora meno di un giovane su tre. Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Sud, ha parlato di “tsunami demografico”. «Da un’area giovane e ricca di menti e di braccia», scrive il rapporto Svimez, «il Mezzogiorno si trasformerà nei prossimi decenni in un’area spopolata, anziana ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese». Non c’è in Parlamento uno straccio di legge che si preoccupi di come dare un lavoro e un futuro a voi giovani. Certo, è più urgente mettere il bavaglio a chi denuncia che il “re è nudo”!

Pubblicato il 05 ottobre 2011 - Commenti (15)
14
set

Giovani abbandonati al loro destino

Ho sentito alla radio un ragazzo sostenere che i giovani non si sposano e non fanno figli perché c’è la crisi. Ma i concerti rock sono affollatissimi. Così come le discoteche, dove si ubriacano e fanno uso di droga. Da dove prendono il denaro per telefonini e abiti firmati? Quanto costa il motorino, e chi mantiene le auto per ogni componente della famiglia? Nessuno rinuncia alle vacanze. Le ragazzine fanno ricorso a costosi ritocchi chirurgici. Nessun pensiero, invece, ai figli. Almeno fino a quarant’anni, quando scatta il raptus di maternità. Cinque milioni di immigrati hanno trovato lavoro in Italia. La litania sugli aiuti ai giovani è deviante, quasi quanto le quote rosa. Chi vuole farcela, si rimbocchi le maniche. Come hanno fatto i nostri nonni nel dopoguerra.

Paolo B.

Analisi impietosa la tua, caro Paolo. Ma anche poco generosa nei confronti dei giovani, di cui salvi proprio ben poco. Non hai torto nell’invocare uno stile di vita più sobrio. E nel denunciare che viviamo al di sopra delle nostre possibilità. Come dimostra la crisi economica, da cui facciamo fatica a risollevarci. Ma il vero problema non sono i giovani. Prima di puntare il dito, dovremmo interrogarci sugli squallidi modelli di vita che stiamo loro offrendo. Gli stiamo “rubando” il futuro e la speranza. Vivono e si sfogano di notte, tra discoteche e bar, forse perché di giorno non li facciamo sentire protagonisti. Li abbiamo abbandonati al loro destino.

Pubblicato il 14 settembre 2011 - Commenti (9)
27
lug

Il Papa e la famiglia

L’accorato appello di papa Benedetto XVI a favore delle famiglie in difficoltà è l’unica risposta efficace alla crisi che stiamo vivendo sulla nostra pelle. E che grava, in particolare, sui più poveri. Spero che l’appello del Papa sia ben accolto da tutti, per superare la grave crisi che strozza i bilanci della famiglia. Le misure adottate dai vari Governi in questi anni sono stati veri palliativi, senza risultati soddisfacenti. I vari incentivi alla rottamazione, a cominciare dalle autovetture, non hanno sostenuto le famiglie, ma incentivato i guadagni delle aziende. Capire che la famiglia, prima cellula della società, deve essere sostenuta e premiata sarebbe già un grosso risultato politico. Mi auguro che possa nascere questa consapevolezza sociale, che sappia mettere sempre la famiglia al centro delle scelte sociali e politiche.

Ilario M.

Forse, a parole, i politici capiscono l’importanza della famiglia per la vita del Paese. Non hanno il coraggio di attuare, con decisione, una vera politica che la sostenga nell’importante ruolo di crescita ed educazione dei figli. Che sono il bene e il futuro del Paese. Alle tante promesse, non fanno mai seguire uno straccio di provvedimento serio e duraturo, che sia diverso dalle “gocce” dei bonus o una tantum. Forse, perché la famiglia assorbe tutto e non alza la voce, non per chiedere l’elemosina, ma a difesa dei propri diritti. Come altri sanno fare, quando sono toccati nei loro interessi. Una sana pressione delle famiglie sulla politica è auspicabile. Non si può abusare della sua capacità di ammortizzatore sociale. E, al tempo stesso, sbeffeggiarla.

Pubblicato il 27 luglio 2011 - Commenti (1)
13
lug

La solitudine dei nostri ragazzi

Mi chiamo Debora e frequento la terza media. A volte, in parrocchia, mi capita di leggere Famiglia Cristiana. Sfogliando il giornale e sollecitata dal parroco, con cui spesso mi confido, mi son decisa a scriverle di un problema che, oggi, molti ragazzi della mia età si trovano spesso ad affrontare.

Mi riferisco alla solitudine. Una sensazione che provi magari quando qualcuno vuole ostacolare la tua felicità. Causata da un tradimento, da una parola di offesa, da uno sguardo che ti rimanda al punto di partenza, nella tua corsa alla felicità. Un punto in cui ci si ritrova soli, nonostante attorno a te ci sia tanta gente. Nessuno, però, è disposto ad aiutarti, a sprecare del tempo con te. Pronto ad afferrarti prima che tu caschi, a offrirti un sorriso pur di vederti felice. Sei solo, sommerso dai tuoi pensieri, e non sai come venirne fuori. Hai solo paura. E non trovi risposta alle tue domande.

Ma, in fondo, la solitudine può avere uno sbocco positivo. Dopo aver sofferto e pianto inutilmente, alla ricerca di qualcuno che ti ascolti, quando hai perso ogni speranza, ecco che trovi un appoggio sicuro in Colui che sa dare una risposta ai tuoi interrogativi. E sa prenderti per mano. Quella mano che, anche quando non te ne accorgi, è sempre lì a sostenerti. È la mano sicura di Dio.

Debora

La tua lettera, cara Debora, è un’invocazione e, al tempo stesso, una denuncia contro noi adulti, perché non sappiamo più prestarvi ascolto. E non “perdiamo” il nostro tempo per stare con voi, a condividere i vostri progetti, sogni e delusioni. La fiducia in Dio è necessaria, attenzione solo che non si trasformi in un rifugio, in un estraniamento dal mondo. Buon per te che hai un prete che ha tempo di accogliere le tue confidenze. Perché la fretta, gli impegni e il correre da un posto all’altro, ha fatto trascurare anche a noi sacerdoti quella grande dote che è la capacità di ascolto.

Pubblicato il 13 luglio 2011 - Commenti (3)
13
lug

I tagli alla scuola e il futuro del paese

Mi rivolgo a lei in tono confidenziale perché sono una lettrice di “vecchia data”. Poiché ci tengo a un’informazione corretta, mi permetto di dissentire da quanto ha scritto don Mazzi sulla scuola e i docenti di Milano (FC n. 24/2011): «Come è impostata oggi la scuola, può solo aumentare il disagio giovanile e adolescenziale, con una classe docente specializzata nell’aumentare i problemi».

Io insegno ormai da oltre 23 anni e ho sempre svolto il mio lavoro con molta passione, preoccupandomi non solo di fornire nozioni ai ragazzi, ma di aiutarli anche nella loro formazione e crescita. Il giudizio di don Mazzi sui docenti è troppo negativo. Anche se lo Stato non investe su di noi, e i tagli sulla scuola ci costringono a lavorare con classi troppo numerose. Spesso i genitori non collaborano con i docenti, ma difendono sempre e comunque l’operato dei propri figli.

Una docente di scuola secondaria

Le parole di don Mazzi sono una salutare provocazione. E hanno il pregio di non passare inosservate, ma di suscitare un sano dibattito. Che sul mondo della scuola è quanto mai necessario. Se non vogliamo che vada alla deriva, nel generale menefreghismo e insensibilità istituzionale. Eppure, stiamo parlando di una cosa preziosa, di un luogo dove i nostri ragazzi passano gran parte del loro tempo negli anni dell’obbligo scolastico. Per ricevere non solo nozioni, ma una formazione che li prepara alla vita. Perché stiamo svalutando questo fondamentale compito, negando alla scuola e agli insegnanti, non solo un riconoscimento pubblico, ma tagliando anche il necessario? È una politica autolesionista.

Pubblicato il 13 luglio 2011 - Commenti (1)
17
mag

Forbice sempre più larga tra ricchi e poveri

Quando leggo il “Caso della settimana” su Famiglia Cristiana, provo una morsa al cuore per queste persone in gravi difficoltà. Queste sono costrette a chiedervi un aiuto perché non hanno altri mezzi e risorse. E, soprattutto, perché lo Stato è assente. Spesso i “casi” riguardano giovani vedove senza un lavoro, con figli piccoli.

Che non possono aspettarsi quasi nulla dalla legge, in merito alla pensione di reversibilità o alla restituzione dei contributi già versati dal coniuge. Dalle donne impegnate in politica mi aspetterei qualche proposta concreta al riguardo. Da parte mia, ho un piccolo suggerimento: perché non erogare un sussidio alle vedove che non lavorano? A chi potrebbe obiettare da dove prendere i fondi, rispondo che basterebbe tagliare i privilegi e le corpose pensioni dei politici.

Tina

Quanto a privilegi e pensioni d’oro non ci facciamo mancare proprio nulla. È uno scandalo insopportabile la sperequazione tra chi prende al mese decine dimigliaia di euro a fronte dei quattrocento-cinquecento euro di tantissimi pensionati. Bisognerebbe intervenire e tagliare in alto. Con urgenza. Molti non ce la fanno più a vivere. E, al tempo stesso, si sta allargando sempre più la forbice tra ricchi e poveri nel nostro Paese. Un dato economico, passato quasi inosservato, dovrebbe farci riflettere: oggi, in Italia, il dieci per cento delle famiglie detiene il cinquanta per cento della ricchezza nazionale. Purtroppo, avviene nel Paese quanto il Vangelo applica ad altri contesti: «A chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha». Che fare per una maggiore equità e giustizia? Si può intervenire in tanti modi. Purché lo si faccia. E non solo a parole.
D.A.

Pubblicato il 17 maggio 2011 - Commenti (1)


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