di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
15 gen
Dai giornali e dalla Tv ho appreso la notizia
della sentenza sulla causa di divorzio tra
Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Il tribunale
di Milano ha sancito che il “Cavaliere” deve
corrispondere alla ex moglie centomila euro al
giorno. Dopo la laurea in Ingegneria, ho
lavorato per cinquanta anni, prima come
dipendente e poi, una volta pensionato, come
consulente. Ora percepisco una pensione
mensile che al confronto della somma
quotidiana che percepirà la signora Lario, è
davvero una “mancia”. Se non un’elemosina.
Sono indignato di tanto squilibrio sociale. È una
vera e propria ingiustizia. Un’offesa alla
stragrande maggioranza delle persone che
hanno lavorato per
una vita.
Nell’enciclica
Sollecitudo rei
socialis, Giovanni
Paolo II ha parlato
di «strutture di
peccato», presenti
nella società.
Bene, questo ne
è un esempio.
La gerarchia non
dovrebbe tacere
di fronte a tanta
sperequazione.
Un pensionato
Sarà, senz’altro, tutto secondo le leggi, che regolano
gli “alimenti” da passare alla moglie dopo il divorzio.
Ma certe cifre, centomila euro al giorno, offendono
milioni di lavoratori e pensionati, che faticano
ad arrivare a fine mese. E fanno la fila alle mense
della Caritas per un piatto di pasta. E di certo il Cavaliere
non andrà in bolletta per mantenere Veronica,
visto il patrimonio che si aggira sui quattro miliardi
di euro. Il Paese ha bisogno di più giustizia sociale,
di una più equa redistribuzione della ricchezza. Non
è più tollerabile che, in tempi di crisi, i ricchi diventino
ancora più ricchi, con maggiori privilegi, mentre
tanta gente diventa più povera e soccombe sotto il peso
di tasse e aumenti della spesa corrente.
Pubblicato il 15 gennaio 2013 - Commenti (3)
14 gen
Caro don Antonio, in questo periodo
tramite la rivista vorrei rivolgere un sentimento
di riconoscenza e un augurio di bene alle “badanti”,
presenti in centinaia di migliaia di famiglie italiane.
Queste donne moldave o ucraine di mezza età,
che lasciano la loro famiglia e i figli, sono oltre
seicentomila in Italia. Per tantissime famiglie
di casa nostra sono divenute un supporto prezioso
nell’assistenza degli anziani. E con costi, comunque,
più contenuti rispetto ad altre scelte per assistere
le persone non autosufficienti. Sarebbe doveroso
che le nostre comunità si interrogassero sul modello
sociale che stiamo realizzando. E quale spazio
vogliamo riservare a una presenza multietnica, che
determina molte nostre scelte di vita. Infatti, senza
questa loro presenza, saremmo costretti a rivolgerci
alle Case di riposo o ad altre soluzioni. Dopo aver appena festeggiato
la nascita di Gesù, venuto per riscattare l’umanità,
apriamoci ai migliori sentimenti di amore e di
gioia e anche alle nostre
collaboratrici familiari, per un dono verso le loro
famiglie lasciate “orfane”.
Giuseppe D. - Chiari (Bs)
Nessuno sa, con esattezza, quante siano le badanti in
Italia. C’è chi dice cinquecentomila, chi quasi un milione.
Comunque, un esercito di donne straniere, che curano anziani
e bambini. Evitando all’Italia l’implosione del sistema
dell’assistenza. Persone, spesso, trattate con poco garbo
e umanità. Talora, sfruttate. Costrette anche a sessanta
ore alla settimana, senza una vita privata, lontane dalle
loro famiglie e dagli affetti più cari: figli e mariti. Pur di
mettere assieme un po’ di soldi, un piccolo gruzzolo da far
fruttare nei Paesi d’origine. Per salvare le nostre famiglie,
spesso distruggono le loro. Al punto, che in qualche nazione,
in Ucraina in particolare, le autorità politiche e la Chiesa
cattolica e quella ortodossa stanno facendo pressione
per bloccare il flusso di badanti, che spezza nuclei familiari.
Con conseguenze devastanti sul piano sociale nel Paese.
Ci si accorge di situazioni di sfruttamento spaventoso e
si corre ai ripari. La tua lettera, caro Giuseppe, sia lo stimolo
per una seria riflessione. Per tutti.
Pubblicato il 14 gennaio 2013 - Commenti (1)
09 gen
Sono un’assidua lettrice di Famiglia
Cristiana e, per la prima volta, mi
permetto di far sentire la mia voce per
esprimere tutta la mia indignazione nei
confronti del manifesto che il parroco
di Lerici ha osato affiggere nella bacheca
della sua parrocchia. Come a volere
giustificare gli uomini che si macchiano
del delitto orribile e della violenza inaccettabile
contro le donne alle quali magari
avevano giurato in passato amore!
Si può essere più misogini e maschilisti
di così? Che questa “predica” inaudita e
scandalosa venga da un pastore di anime,
che dovrebbe sempre ricordare il
comandamento dell’amore verso tutti,
mi riempie di sdegno.
E mi fa pensare che, forse, oggi molte
donne si allontanano dalla fede perché
non si sentono accolte da sacerdoti come
il parroco di Lerici! È mai possibile
che proprio un prete che dovrebbe testimoniare
la misericordia di Gesù, soprattutto
verso chi è più debole, si faccia invece
promotore di un’iniziativa così disgustosa
che offende la dignità di tutte
le donne e invita, implicitamente, alla
violenza, giustificando chi pretende di
essere “padrone” della vita altrui, e sopprime
senza pietà chi decide di tagliare
un rapporto, che magari è diventato
una schiavitù insopportabile?
Possibile che proprio un discepolo
del “buon Pastore” che cerca la pecora
smarrita, che difende l’adultera e invita
gli accusatori a un esame di coscienza
prima di scagliare la prima pietra contro
di lei, sia così incosciente da scusare e quasi incoraggiare quanti si rendono
responsabili di tale inaudita ferocia? Mi
chiedo: quale Vangelo annunciano e testimoniano
parroci come quello di Lerici?
Che cosa significa per loro il Comandamento:
“Non uccidere”? E quello
“nuovo” dell’amore, sintesi di tutto il
Vangelo? Sinceramente, mi vergogno
di quanto è successo. Penso che simili
pastori non siano degni di avere cura di
una comunità ecclesiale.
Agata S.
La condanna deve essere netta e chiara.
Non si può addurre nessuna scusante.
Non si può scherzare col fuoco,
con “provocazioni deliranti”, quando in
ballo c’è la vita di tante donne, vittime di
brutale violenza. Ancor più grave se a farlo
è un sacerdote, che dovrebbe mostrare
il “volto misericordioso” della Chiesa. O
un sito on-line, dal nome “Pontifex”, che
dice di ispirarsi ai princìpi cristiani, e che
ora genera confusioni confondendosi col
Twitter di Benedetto XVI.
«Parole prive di senso e di senno», quelle
di don Corsi, parroco di una frazione di
Lerici, hanno scritto tante donne. «Vicenda
grave e triste», l’ha liquidata con estrema
durezza il presidente dei vescovi italiani,
il cardinale Bagnasco. «C’è una violenza
diffusa che si abbatte, talora, in maniera
drammatica sulle donne», gli ha fatto
eco monsignor Vincenzo Paglia, neopresidente
del Pontificio consiglio per la famiglia,
avendo ben presente che in Italia,
ogni due giorni, viene uccisa una donna
in quanto donna. Per non dire delle altre
violenze come stupri, discriminazioni e
vessazioni varie. Aggiunge monsignor Paglia:
«Non è possibile pensare che sia colpa
delle donne stesse se tutto questo avviene.
È, quindi, inequivocabile la condanna
delle affermazioni di questo parroco». La
Chiesa ha detto ben altre cose della donna,
della sua dignità e del suo “genio”
femminile. Come queste parole di Giovanni
Paolo II: «Grazie a te, donna, per il fatto
stesso che sei donna». Un innamorato
non avrebbe detto di meglio.
d.a.
Pubblicato il 09 gennaio 2013 - Commenti (10)
31 dic
Gentile direttore, ormai in Tv il turpiloquio è di casa. Fiorello,
in un lungo servizio del Tg1 con gli amici dell’edicola, ha
sproloquiato sulla giovane coppia reale inglese in attesa di un
bimbo. Il comico Crozza, in apertura di Ballarò, ha sfoggiato il
meglio del suo repertorio con gesti e allusioni sessuali. Le risate
in sottofondo del conduttore sembravano dare man forte alla
decadente esibizione del comico. Anche Grillo nelle piazze non
risparmia a nessuno le sue battute. Alla politica e ai problemi
della gente serve tutto questo turpiloquio? Non è, forse, un
pessimo segnale per i giovani, già così circondati dal poco rispetto per l’intimità e dalla
finzione nei rapporti umani?
Gabriele S. - Reggio Emilia
Come al solito, vi fate notare per l’intolleranza nei confronti dei vostri
avversari politici, cercando la sintonia con i comici che imperversano
sui media. La Littizzetto e altri sono i vostri referenti. Certo, schivate le
parole sconce, solo perché non potete permettervelo. “Dinosauro”, vista
la storia, è una parola che appartiene a voi, che pretendete ancora di fare
politica. Il potere temporale della Chiesa è il vostro passato. Tutto questo
non c’entra con Gesù, che è amore e il contrario del moralismo. La carità
cristiana non vi appartiene. Siete intolleranti senza rimedio.
M.D.C.
Non c’è nulla di peggio dell’intolleranza dei cosiddetti “tolleranti”. Vorrei
precisare, ancora una volta, che non abbiamo avversari, tantomeno referenti
politici. A maggior ragione tra i comici. Grazie a Dio, godiamo della libertà
di parola e giudizio. E ci sforziamo di esercitarla con responsabilità. Anche
quando qualche nostro giudizio suscita il risentimento di qualcuno. Non mi
piace la volgarità, nel modo più assoluto. Non mi dà fastidio solo in Tv, ma
anche tra amici, in clima cameratesco. I continui riferimenti sessuali della Littizzetto
(complice il “finto scandalizzato” Fabio Fazio) spesso sono insopportabili.
Ma nel merito delle questioni, ad esempio sull’avidità dei politici che si
fanno rimborsare anche i “lecca-lecca” e i “gratta e vinci”, come darle torto?
Anzi. L’indignazione, talora, è più che necessaria. C’è un limite a tutto. Quel
limite che la “casta” politica ha superato da tempo, ripetutamente.
Pubblicato il 31 dicembre 2012 - Commenti (10)
28 dic
Sono una giovane, quasi
trentenne. Volevo unirmi al coro
che, nei mesi scorsi, ha cercato di
far sentire la sua voce. Si va verso
le elezioni e sono assai imbarazzata
all’idea di dover esprimere una
scelta fra soggetti politici dai quali
non mi sento rappresentata. Mi
sento a disagio. Non c’è stato un
ricambio nella classe dirigente e si
candidano i soliti noti (in entrambi
gli schieramenti), cui dobbiamo
il malgoverno e la grave crisi che
stiamo vivendo. Mi riconosco
nella dottrina sociale ed etica della
Chiesa, ma non trovo nessuno che
mi rappresenti. Sebbene siamo in
un Paese cattolico. Ancora una
volta, dovrò fare una scelta assurda
e dolorosa: tra sostegno alle fasce
disagiate della popolazione e difesa
della vita. Ricerca di condizioni
di lavoro eque per giovani e
immigrati, oppure difesa della
famiglia fondata sul matrimonio
di un uomo e di una donna. Sono
domande molto pesanti, senza
risposta. Ci vorrebbe una presenza
politica in cui un cattolico possa
sentirsi rappresentato. Non importa
se minoritaria. A che pro questo
sfogo? Visto che la mia crocetta
sulla scheda andrà perduta,
desideravo almeno far sentire
la mia voce.
Chiara B.
Chiara carissima, se guardiamo alla
politica di questi tempi, c’è davvero
da scoraggiarsi. Ma non bisogna arrendersi.
Qualcosa potrà cambiare
se, finalmente, si spezzerà quella logica
assurda che porta i soliti partiti a
perpetuarsi, purtroppo nel peggio.
Una forte irruzione della società civile,
con persone oneste che sappiano
guardare, prima di ogni cosa, al “bene
comune”, potrà dare quella svolta
necessaria contro ogni “gattopardismo”.
A patto, però, che anche i cattolici
si mettano seriamente in gioco. Seguendo,
con coerenza, il Vangelo.
Pubblicato il 28 dicembre 2012 - Commenti (20)
24 dic
Carissimo don Antonio, ho appena finito di leggere la sua risposta alla
lettera “La mia lunga odissea tra le corsie di un ospedale” (FC n. 49/2012).
Se devo dirle la verità, sono rimasta amareggiata e delusa dalla sua risposta.
Nel suo testo lei non fa il minimo accenno agli infermieri. Parla più volte
dei medici, dei parenti e, addirittura, di un «benemerito volontariato
nelle corsie». Ma non una parola sugli infermieri e il personale tecnico
(operatori sociosanitari), che sono la vera forza nelle corsie. Tutte le
attività di assistenza sono svolte dagli infermieri. Sono loro ad accudire
gli ammalati, non i medici. Questi fanno le diagnosi e prescrivono
le terapie, ma chi li lava, chi li imbocca, chi li accompagna in bagno, chi
gli somministra le medicine siamo noi. Lei, forse, è uno di quelli che pensa
che negli ospedali fanno tutto i medici. Ma si sbaglia. Probabilmente, non è
mai stato ricoverato, altrimenti non avrebbe dato quella risposta. Dovrebbe
chiedere scusa alle centinaia di infermieri e infermiere che leggono Famiglia
Cristiana, e si sono sentiti offesi nel
vedere il loro meraviglioso lavoro
per nulla considerato.
Giuseppina (infermiera da 28 anni)
Chiedo scusa a tutti gli infermieri e infermiere
(non solo a quelli che leggono Famiglia
Cristiana) per la dimenticanza involontaria.
Non c’era, nella mia risposta,
nessuna volontà di escluderli dall’elogio
per il loro lavoro, impegnativo e delicato.
È vero: non sono mai stato ricoverato, ma
ho seguito per sei mesi un fratello in ospedale,
per seri problemi di salute. Ho potuto
verificare dedizione e generosità degli
infermieri. E anche la loro pazienza con
degenti “indisciplinati”. E, qualche volta,
pretenziosi, quasi fossero in albergo. Il bene
degli ammalati, però, dipende dalla
stretta collaborazione, non competizione,
tra tutto il personale ospedaliero.
Pubblicato il 24 dicembre 2012 - Commenti (1)
20 dic
Caro don Antonio, l’evento principale della scorsa
settimana non sono state le dimissioni di Mario
Monti. A mio avviso, è stata l’omelia del cardinale
Scola, nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Ma
le due cose non sono slegate tra loro. Nella sua omelia,
Scola ha denunciato che la libertà religiosa non è più
al vertice dei diritti fondamentali, come un tempo. E
gli effetti, purtroppo, sono negativi. Esistono divisioni
profonde tra cultura secolarizzata e fenomeno
religioso. Con prevalenza della prima, a scapito
del bene comune. Ciò spiega la scarsa attenzione
per i princìpi etici irrinunciabili, validi anche per i non
credenti. Un esempio di questa
mancanza di attenzione è la
decisione del Governo tecnico
di far pagare l’Imu alle scuole
paritarie, quelle pubbliche non
statali, che hanno più di un
milione di allievi. Si penalizza,
così, il diritto costituzionale delle
famiglie di scegliere la scuola che preferiscono. Le
scuole paritarie, inoltre, fanno risparmiare allo Stato
più di sette miliardi di euro. Il pluralismo scolastico,
tanto caldeggiato da Croce ed Einaudi, genera una
sana competizione tra scuola statale e paritaria.
Nell’interesse dell’intero sistema scolastico nazionale.
In linea con gli altri Paesi europei, cui diciamo sempre
di ispirarci.
Bruno M. - Milano
In questi tempi si parla tantissimo di Europa. A proposito
e a sproposito. Sulla scuola paritaria, ad esempio, siamo
ben lontani dal sistema europeo. Dove adeguati finanziamenti
permettono alle scuole non statali la libera concorrenza
nel campo dell’istruzione. In Italia, invece, ci facciamo
del male da soli. Penalizziamo, con scarsissimi contributi,
le scuole paritarie, che fanno – è bene ribadirlo –
un servizio pubblico. Molte saranno costrette a chiudere.
Se lo Stato dovesse accollarsi gli alunni delle scuole paritarie,
di ogni livello, sarebbe al collasso. Una visione lungimirante
è conveniente anche economicamente.
Pubblicato il 20 dicembre 2012 - Commenti (6)
17 dic
Non capisco davvero tutta questa
agitazione attorno al lavoro
domenicale e festivo. Non dico che
sia giusto o sbagliato discuterne, ma
teniamo conto che ci sono migliaia
di persone che lavorano la domenica.
Mio padre era guardia giurata e
lavorava sempre: giorni feriali e festivi.
Compresi Natale, Pasqua, Ferragosto
e Capodanno. La stessa cosa vale
anche per mia moglie, operatrice
sociosanitaria in una comunità di
accoglienza per disabili. E mi permetta
di dirlo: per una miseria di stipendio.
Per loro e le loro famiglie, ma anche
per tutti quelli che sono nella stessa
condizione, non ho mai assistito
a nessuna protesta. Anzi, c’è stato
sempre il silenzio da parte di tutti.
Mauro - Treviso
L’agitazione a difesa della domenica e
del diritto al riposo tiene conto di situazioni
simili a quelle di tuo papà e tua moglie.
Dà voce alle loro esigenze vitali, perché recuperino
quegli spazi indispensabili da
dedicare alla famiglia, di cui sono stati
privati finora. Non ci stancheremo di ribadire
quanto sia deleterio sacrificare la festa
all’economia. Non c’è alcun vantaggio,
neppure economico. Si abbassa solo il
livello della qualità della vita, sacrificando
le cose più care che abbiamo, come gli
affetti familiari, a leggi di mercato poco
lungimiranti. Per i cristiani, poi, la domenica
è il giorno del Signore. E come ricordava
lo slogan del congresso eucaristico
di Bari: “Non possiamo vivere senza la domenica”.
Non siamo nati per vivere da
bruti, ma per elevarci nello spirito.
Pubblicato il 17 dicembre 2012 - Commenti (6)
12 dic
Abbonato da anni, ho condiviso con
gioia tante “nostre” iniziative per
la pace, contro gli F-35, per la riduzione
delle spese militari, per i corpi civili
di pace e altro. Immagini, quindi, il mio
stupore nel vedere su Famiglia Cristiana
la recensione e la pubblicità del volume
della San Paolo Il cuore delle Missioni
di Pace. In pratica prestate la voce ai
committenti che, ovviamente, esaltano
gli “eroi” militari impegnati da anni
nelle missioni di “pace”. E come me,
tanti altri amici sono rimasti stupiti.
Sempre con stima.
Claudio C.
Siamo stati e siamo critici, come tu stesso
sottolinei, caro Claudio, sul ricorso alle armi
come soluzione delle contese internazionali.
Ma, soprattutto, promuoviamo tutto ciò che
dà ali alla pace nel mondo. Sulla base della
nostra Costituzione, che ripudia la guerra. E,
come cristiani, nello spirito delle Beatitudini
evangeliche. Non abbiamo esaltato “eroi”
impegnati in missioni difficili, come in Afghanistan.
Ma fatta emergere quell’umanità
che giustifica la presenza dei nostri connazionali
accanto a popolazioni che soffrono
in molti angoli della terra. Assieme ai sentimenti
di affetto familiare, che si manifestano
nello scambio di lettere e messaggi tra i
militari (che sono papà, mariti e figli) e i propri
cari. A “cantare” non sono le armi, ma la
solidarietà e la partecipazione.
Pubblicato il 12 dicembre 2012 - Commenti (7)
10 dic
Sono uno studente liceale di Benevento.
Le scrivo come cittadino e affezionato
lettore per esprimere la mia delusione per
i numerosi scandali cui assistiamo ogni
giorno. Stiamo sprofondando nell’abisso.
Posso farle un elenco: corruzione negli
organi democratici, evasione fiscale,
delinquenza, malfunzionamento delle
strutture pubbliche, disinteresse da parte
dei cittadini alla politica, mancanza
di lavoro e di meritocrazia, mezzi di
informazione sottomessi a forze politiche
ed economiche, un sistema fiscale non
equo, istituzioni gestite da uomini corrotti
ed egoisti, collusi con mafia e criminalità
organizzata… È anche vero che queste
persone sono state votate dagli italiani.
Nonostante tutto, io voglio guardare
al domani con speranza. Ho l’obbligo di
impegnarmi con tutte le mie forze perché
le cose cambino. Come me, molti giovani
nutrono lo stesso auspicio. A chi ci governa
e agli adulti chiediamo di non deludere
le nostre aspettative. E di restituirci,
con esempi migliori, l’orgoglio di essere
italiani.
Mario Z.
Il tuo atteggiamento, caro Mario, è quello
giusto. Non basta lamentarsi di ciò che non
funziona. O fare la “lista della spesa” degli
scandali che ci sprofondano nell’abisso. Occorre
reagire e impegnarsi in prima persona, senza
rilasciare deleghe in bianco. È facile aggregare
e strumentalizzare il malcontento, per alimentare
l’antipolitica. Ma la sola protesta, senza
un progetto, non porta lontano. Contribuisce,
anzi, a disgregare il Paese. Più di quanto
non lo sia già. Sebbene voi giovani siate delusi
dai pessimi esempi di noi adulti, non è tempo
di mollare. Rendetevi protagonisti del cambiamento.
Questi nostri politici, da soli, non si
scolleranno mai dalle poltrone. Da veri camaleonti,
sono furbi e lesti nel riciclarsi.
Pubblicato il 10 dicembre 2012 - Commenti (8)
05 dic
Qualche lettore si è scagliato contro di lei
perché ha criticato chi nega il pulmino
e la mensa ai bambini i cui genitori non
pagano la retta. Contenuto e tono di quella
lettera fanno presumere che l’autore sia
simpatizzante della Lega. Un movimento
pieno di contraddizioni. Non le pare che
l’indipendenza della cosiddetta Padania sia
in contrasto con la Costituzione italiana?
Nessun partito dell’arco costituzionale l’ha
mai denunciato. Anzi, i leghisti sono stati
al governo dello Stato per anni. Non accetto
la giustificazione (la ritengo assurda), che
vogliono la secessione attraverso metodi
democratici.
G. Brambilla
La Lega, come altri partiti, vive di contraddizioni.
Spesso, in modo macroscopico. Basta
considerare la presenza di quei ministri che
hanno giurato sulla Costituzione, percepito
lauti stipendi assieme a benefici e privilegi, e
fatto poi strame della bandiera italiana, additata
a usi indicibili. Ma al di là delle appartenenze
e dei programmi, non si può tacere quando
si prendono provvedimenti che discriminano
le persone. E, soprattutto, penalizzano i
bambini. Cosa vergognosa, da non fare.
Pubblicato il 05 dicembre 2012 - Commenti (4)
03 dic
Abito in un piccolo paese
di provincia. Desidero
sottoporle due domande.
Prima: il fedele può
“richiamare” (certamente
con garbo) il proprio
parroco sulla necessità
o dovere di fissare un
giorno per le confessioni?
Non si può trascurare questo
sacramento, anche se il prete
deve correre tra le diverse
chiese sparse nelle frazioni
del paese. Seconda: il fedele
può chiedere al viceparroco,
persona giovane, di tenere
l’omelia domenicale stando
più aderente alla pagina
evangelica? E non limitarsi
a una semplice e generica
esposizione religiosa? Cosa
possiamo fare noi fedeli
quando constatiamo qualche
carenza nei preti? È nostro
diritto-dovere intervenire?
Nella M.
Nel Vangelo si parla di correzione
fraterna. E non ci sono limiti,
se non quelli della carità
e della verità. In una comunità,
se c’è pieno coinvolgimento
di tutti nella corresponsabilità,
ci si può dire tutto. E trovare
anche le soluzioni migliori per
il giorno e l’orario delle confessioni.
Così come si può fare un
garbato appunto, in spirito costruttivo,
sulle omelie. Ma, al
tempo stesso, tutti devono mettersi
in discussione. Nel dialogo
e nel confronto. Nessuno è
spettatore o giudice. Altrimenti,
criticare e sparare addosso
al parroco o ai suoi coadiutori
è fin troppo facile e comodo.
Un pretesto lo si trova sempre.
Più proficuo, invece, è “camminare
insieme”.
Pubblicato il 03 dicembre 2012 - Commenti (7)
29 nov
Qualche lettore si è scagliato contro di lei
perché ha criticato chi nega il pulmino
e la mensa ai bambini i cui genitori non
pagano la retta. Contenuto e tono di quella
lettera fanno presumere che l’autore sia
simpatizzante della Lega. Un movimento
pieno di contraddizioni. Non le pare che
l’indipendenza della cosiddetta Padania sia
in contrasto con la Costituzione italiana?
Nessun partito dell’arco costituzionale l’ha
mai denunciato. Anzi, i leghisti sono stati
al governo dello Stato per anni. Non accetto
la giustificazione (la ritengo assurda), che
vogliono la secessione attraverso metodi
democratici.
G. Brambilla
La Lega, come altri partiti, vive di contraddizioni.
Spesso, in modo macroscopico. Basta
considerare la presenza di quei ministri che
hanno giurato sulla Costituzione, percepito
lauti stipendi assieme a benefici e privilegi, e
fatto poi strame della bandiera italiana, additata
a usi indicibili. Ma al di là delle appartenenze
e dei programmi, non si può tacere quando
si prendono provvedimenti che discriminano
le persone. E, soprattutto, penalizzano i
bambini. Cosa vergognosa, da non fare.
Pubblicato il 29 novembre 2012 - Commenti (8)
27 nov
In questo periodo di tagli all’occupazione, lavori
precari, aumento di tasse e tariffe, il peso della crisi
si sta scaricando sulle famiglie. Ma nessuno fa nulla
di concreto per aiutarle. Solo chiacchiere. Il Presidente
del Consiglio che è buon cattolico, e il ministro per
la Cooperazione internazionale e l’integrazione, con
delega per la famiglia, fanno ben poco. Nonostante
l’impegno della Chiesa, non ci sono proposte concrete
a sostegno della famiglia. Anche i sindacati e i politici
fanno finta di nulla. Si è appena svolto il Festival
della famiglia 2012 a Trento, cui ha partecipato
anche lei. Mi auguro che abbia sollecitato il Governo
a prendere misure concrete per le famiglie, con equità
e giustizia. Un’ultima cosa, infine: perché nella rubrica
“In tutta confidenza” non intervistate anche persone
“normali” come un disoccupato, anziani, studenti
e casalinghe? Anche loro avrebbero storie interessanti
da raccontare. A mio parere, sarebbe più in coerenza
col giornale.
Luigi C.
Se sei un lettore abituale, avrai notato che non manchiamo
occasione per richiamare l’attenzione di chi ci governa
a sostenere la famiglia. E a considerarla come la
cellula fondamentale della società. Da cui non si può prescindere,
pena il declino del Paese. Non abbiamo atteso
il Festival della famiglia di Trento per intervenire al riguardo.
Ogni giorno per noi è buono. Fino a quando
una mentalità “amichevole” verso la famiglia non prenderà
piede nel Paese. Ma concretamente. Non solo a parole
o con promesse. Cambiando tema, poi, di storie di persone
“normali” ne puoi trovare diverse sulla rivista. In
modo più approfondito di quanto avviene, con brevi domande,
nella rubrica “In tutta confidenza”.
Pubblicato il 27 novembre 2012 - Commenti (1)
26 nov
Sono un giovane con tanta voglia di
mettere su famiglia, ora che il Signore
mi ha fatto incontrare la compagna della
mia vita. Vorrei avere dei figli e costruire il
mio piccolo nucleo. Purtroppo, sono senza
lavoro. Mi arrabatto con tutto ciò che trovo:
lavoretti di muratore, giardiniere o altro.
Non ho potuto studiare. Ho solo la terza
media. I miei genitori, emigrati dal Sud,
erano persone con poca cultura. Non mi
hanno dato la possibilità né la spinta
allo studio. Di recente, è morto mio padre
e ora devo anche pensare a mia mamma,
sempre più anziana. La disperazione
è la mia compagna quotidiana. La classe
politica se ne frega di noi giovani. Non
ci danno possibilità di lavoro, mentre
continuano ad aumentarci le tasse
e a tagliare i sussidi. Le scrivo per avere
una parola di conforto. Ma anche
con la speranza che qualcuno possa darmi
una mano.
Davide F.
Una parola di conforto, da parte mia, c’è
tutta. So che per te, caro Davide, che vuoi metter
su famiglia, sarebbe più importante una
concreta proposta di lavoro. Questa rubrica
non è un ufficio di collocamento. Non è nelle
mie possibilità garantire un lavoro a qualcuno.
Tanto meno illudere con facili promesse.
Ma se la tua storia, così semplice e sincera, suscitasse
l’interesse di chi potrebbe darti una
mano, ne sarei immensamente felice. Per te,
per la compagna della tua vita e per la tua famiglia
in divenire. D’altronde, non chiedi la
luna quanto a prospettive. I lavori manuali
pare siano molto ricercati. Si tratterebbe di fare
incontrare domanda e offerta. Quando i
nostri politici legiferano sul futuro del Paese,
mi piacerebbe avessero presenti storie come la
tua. E si facessero carico dei giovani come fossero
i propri figli. In fondo, tra tanto cinismo
e opportunismo, sono anch’essi padri e madri.
In qualche angolo del cuore dovrebbe albergare
ancora un briciolo di umanità.
Pubblicato il 26 novembre 2012 - Commenti (3)
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