di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
27 set
Ho due osservazioni da farle.
La prima su una sua risposta sul
“gratta e vinci”. Se tutti avessimo il
senso della misura nel gioco (e non
solo in questo), non ci sarebbero
tante famiglie sul lastrico!
Bisognerebbe, quindi, non indurre
in tentazione chi è debole. L’altra
riguarda le mense della Caritas,
sempre più affollate di gente.
Cosa vera, purtroppo! Ma non
dimentichiamo che molte di quelle
persone sono in difficoltà perché
hanno tenuto un tenore di vita
molto elevato. E vogliono continuare
a mantenerlo. Le pizzerie, i pub
e le discoteche sono sempre
strapieni di giovani e giovanissimi.
E non solo il sabato. Ci vorrebbe
più sobrietà. Bisogna rinunciare al
superfluo, come l’ultimo modello
del telefonino o il vestito firmato.
Io non ho mai avuto complessi
a indossare vestiti usati, che a mia
cugina non andavano più. O ad
accettare i “no” motivati dei miei
genitori! Anzi, li ringrazio. Hanno
saputo trasmettermi alti valori. Gli
stessi che ho cercato di dare alle mie
figlie e ai miei alunni. E ora anche
ai nipotini, non senza difficoltà
e contestazioni. Ovviamente,
condivido la sua analisi sulla crisi
economica, ma temo molto di più
quella etica!
Anna di Bari
Almeno su due cose siamo in pieno
accordo. Primo, sulla necessità di una
maggiore sobrietà. In tutto, a cominciare
dagli stili di vita di tutti i giorni. Non
solo viviamo al di sopra delle possibilità,
ma spesso siamo sopra le righe anche
nelle parole e nei comportamenti.
Non si tratta di austerità obbligata dalla
crisi economica, ma di una scelta di
valore. Solidale con le tante miserie e
povertà che ci circondano. L’altro aspetto
su cui concordiamo è sulle crisi d’oggi.
La peggiore è senz’altro quella etica.
Un mondo senza anima dà vita a una
società individualista ed egoista. Dove
a stare peggio saranno i deboli. Ma anche
i più giovani, perché mancheranno
loro modelli credibili da seguire.
Pubblicato il 27 settembre 2012 - Commenti (7)
20 set
Le confesso la mia delusione per la sua
risposta alla lettera della signora
maltrattata dal marito (FC n. 50/2011).
Ho avuto l’impressione che non abbia dato
un grande aiuto morale a quella donna.
In fondo, lei consiglia la separazione. Una
scorciatoia in linea coi tempi. Lei cita anche
il cardinale Tettamanzi, ma il tono secco
non mi sembra lasci molti spiragli. Nessuna
possibilità di appello per il marito. Nessun
invito a un dialogo a distanza. Prima di
consigliare di sfasciare una coppia, varrebbe
la pena pensarci un po’ su. Glielo dico per la
mia esperienza di marito e padre, fatta anche
di ripicche e litigi. Ma non lascio mai che la
stanchezza abbia il sopravvento. Va suggerita
più spiritualità, per mitigare le vicendevoli
manchevolezze.
Giovanni F. - Verona
Quella coppia era già sfasciata. E tutto quello
che era possibile fare, era già stato fatto. Cioè, le
stesse cose che tu, caro Giovanni, consigli. Nessuna
scorciatoia, quindi, in linea con le mode del
tempo, che vedono tanti matrimoni sciogliersi
per un nonnulla. Senza alcun tentativo per salvarlo.
Torno a insistere su una seria preparazione
alle nozze. E al recupero del fidanzamento come
cammino di conoscenza e crescita, in vista di
una scelta decisiva nella vita. Per non ritrovarsi
sorpresi, dopo il rito, con una persona diversa.
L’amore, spesso, è istintivo. Un colpo di fulmine.
Ma un serio progetto di vita a due richiede anche
concretezza e piedi per terra. Non è un’avventura
da affrontare con superficialità e improvvisazione.
E vada come vada.
Pubblicato il 20 settembre 2012 - Commenti (5)
19 set
Oggi, sempre più, la Chiesa è oggetto
di continui attacchi. A tale scopo, si
ingigantiscono a dismisura gli errori umani
del clero. Insomma, si evidenziano più le
ombre che le luci. Perché avviene tutto ciò?
Molti pensano che il cristianesimo sia
un ostacolo per i “poteri forti” di avere
il pieno dominio sull’uomo. Per questo,
mal sopportano la Chiesa quando difende
la famiglia naturale e i valori basilari
come la vita umana in tutti i suoi aspetti,
la libertà di educazione, la giustizia
e la pace. Il messaggio cristiano, inoltre,
è coscienza critica. Obbliga gli uomini
a fare i conti con sé stessi e le norme etiche.
E questo dà fastidio a molti. Mi vengono
in mente le parole di Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima
di voi ha odiato me».
Billy S.
La Chiesa e il Vangelo sono segni di contraddizione
nei confronti di una società sempre
più individualista ed egoista. I cristiani sono
chiamati ad andare controcorrente. E a testimoniare
la dignità della persona e l’uguaglianza
di tutti gli esseri umani. Soprattutto
quando questi valori sono calpestati. O a essi
vengono anteposti la ricerca smodata del successo,
della ricchezza e del profitto. Da ottenere
a ogni costo. Il vero problema, purtroppo,
sorge quando i credenti non sono più “sale”
della terra. E il loro “lievito” non è più capace
di fermentare la massa.
Pubblicato il 19 settembre 2012 - Commenti (13)
12 set
Sono la zia di un giovane
ventinovenne, laureato,
con un buon posto di lavoro,
cresciuto in una famiglia
di buoni princìpi cristiani
e morali. Frequenta la
chiesa e, nel tempo libero,
si impegna nel volontariato.
Ma c’è una cosa di cui
non riesco a farmi una
ragione: si è innamorato
di una donna divorziata,
con un bambino di tre anni,
e desidera ardentemente
sposarla. A me spiace, perché
non può sposarsi in chiesa.
E poi, onestamente, vedo
una situazione ingarbugliata
con eventuali figli che
nasceranno. Ma con tante
brave ragazze che ci sono,
proprio d’una divorziata
doveva innamorarsi?
Annamaria - Padova
Verrebbe da dire subito che
al cuore non si comanda. Così
come non si può considerare
donna di malaffare ogni divorziata.
E brava ragazza chi
deve ancora sposarsi. A prescindere
da qualsiasi valutazione.
Certo, non tutte le preoccupazioni
della zia sono infondate.
Siamo di fronte a un precedente
matrimonio, comunque,
“fallito”. Anche se non ne
conosciamo le ragioni. E alla
presenza di un figlio, che si troverà
ad avere un altro papà.
Ma se questo nipote è così ferrato
nei sani princìpi e tanto
partecipe dei valori della Chiesa,
avrà fatto tutte le sue considerazioni
per una scelta consapevole.
Anche se differisce da
quella desiderata dalla zia.
Non posso immaginare che tutto
sia frutto di infatuazione.
La maturità umana e cristiana
ora è messa alla prova.
Pubblicato il 12 settembre 2012 - Commenti (15)
11 set
Qualche tempo fa, mia sorella veniva
trasferita in una struttura di lunga
degenza nei dintorni di Roma. Una sera,
ci chiamarono perché si annunciava il suo
tramonto. Ci precipitammo al suo capezzale.
Aveva la mascherina d’ossigeno. A un certo
punto, fummo invitati ad abbandonare
la struttura. Il regolamento non permetteva
la nostra permanenza oltre l’orario di visita.
Ci fu detto semplicemente: «Forse, ha ancora
qualche ora di vita. Quando mancherà,
ci penseremo noi a lavarla e comporla,
e a portarla nel sotterraneo, ove domani
potrete vederla». Invano, ho insistito per
restare. Per un’ultima vicinanza o gesto di
affetto. Poi, con una lettera, ho manifestato
il mio disappunto al responsabile della
struttura. Non ho mai avuto una risposta.
Mi consta che comportamenti simili non
siano isolati in certe strutture. E perfino in
qualche ospedale. Invocare i diritti umani
per i lontani è facile. Ma qui da noi si muore
come cani. Nel falso rispetto delle regole.
E tutti a far finta di nulla.
Angelo A. - Roma
Quando il rispetto delle regole contrasta
con i più elementari diritti delle persone, c’è
qualcosa di irrazionale e assurdo. Difficile da
capire. Tanto meno da giustificare. Soprattutto
quando si ha a che fare con la sofferenza o
con situazioni estreme come la morte. Non c’è
ragione che possa annullare sentimenti di
umanità e compassione. E privare le persone
di quei momenti intimi con chi sta lasciando
per sempre la vita. Una burocrazia ottusa è
peggio di tanti cattivi comportamenti.
Pubblicato il 11 settembre 2012 - Commenti (4)
05 set
Innanzitutto, vorrei esprimerle la mia sincera gratitudine per Famiglia
Cristiana. Ci aiuta tanto e ci propone sempre riflessioni che scuotono dal
torpore dell’anima in cui siamo caduti. Siamo una nuova famiglia, nata
a settembre 2010, con una bambina piccola che è una meraviglia, un vero
dono di Dio. La nostra felicità è indescrivibile. Vengo al punto dolente:
i miei suoceri. Non fanno altro che criticarmi. Io ho molto rispetto nei loro
confronti, ma non mi hanno mai accettata. Mia suocera non sta nemmeno
ad ascoltarmi. Quando è nata la bimba, se ne volevano quasi impossessare,
quasi fossero loro i genitori e non i nonni. Non ho più voglia di andarli a
trovare. E, poi, continuano a trattare il loro figlio, grande e sposato, come
fosse una loro appendice. Lo comandano ancora a bacchetta, a discapito della
nuova famiglia. Come devo comportarmi?
Mamma felice ma nuora triste
Questa lettera rafforza lo stereotipo della suocera impicciona,
che non smette di fare la mamma protettiva al figlio
già sposato e con un bambino. Ma il vero problema
non è lei. È questo marito e padre davvero “assente”. Un
bamboccione senza personalità. Non in grado di mettere
al suo posto la propria mamma, con il rispetto e l’affetto
necessario. E di rompere, finalmente, il cordone ombelicale
che ancora lo lega alla famiglia d’origine. Le persone
cui deve, innanzitutto, la sua disponibilità sono moglie e
figlia. Solo se la nuova famiglia è al centro d’ogni interesse
e attenzione, si possono stabilire rapporti corretti con
tutti. A cominciare dai suoceri e dai nonni.
Pubblicato il 05 settembre 2012 - Commenti (2)
04 set
Faccio fatica a riconoscermi in questa
Chiesa. La deriva, prima civica poi etica,
non sembra scuotere i suoi rappresentanti.
Pensano più a difendere i propri privilegi
che a sostenere le famiglie che soffrono,
disperate per il futuro dei figli. Non voglio
generalizzare, ma questa è la situazione.
I vostri richiami sono sempre stati puntuali
e precisi sulla “carità di Stato”, denunciata
come offensiva della dignità delle persone.
La Chiesa ha due millenni di vita e ha
attraversato stagioni difficili. Oggi, la
minaccia più grave è l’indifferenza. C’è
il rischio che il cristianesimo si trasformi
in religione civile, senza più la forza della
profezia. Abbiamo perso il concetto di Chiesa
come “popolo di Dio”, del Vaticano II. Siamo
in un vicolo cieco. Compromesso dopo
compromesso.
Giordano M.
Al di là di alcune accuse generiche sulla Chiesa,
sento nelle tue parole una nostalgia di
quell’ottimismo che il Vaticano II aveva suscitato,
cinquant’anni fa. Quando rilanciava la profezia
nella Chiesa. E, soprattutto, nella riscoperta
della comune dignità di tutti i fedeli, in quanto
“popolo di Dio”, partecipi dello stesso battesimo
e della stessa missione, pur con compiti differenti.
I laici non sono subordinati al clero, né cristiani
di seconda scelta. Così come la vocazione
missionaria è impegno di tutti.
Pubblicato il 04 settembre 2012 - Commenti (5)
30 ago
Caro don Antonio, sono un suo fedele lettore.
Complimenti, intanto, per il vostro
lavoro giornalistico: autorevole e formativo.
Le scrivo con un certo imbarazzo. Ho quarantatré
anni, sposato da undici, con due bambini
di otto e cinque anni. Da mesi, vivo l’agonia
del mio matrimonio. E sto maturando la
decisione di separarmi da mia moglie. In realtà,
quando decisi di sposarla, avevo presente
qualche sua diversità caratteriale, ma pensavo
che, con il tempo, avremmo trovato il giusto
equilibrio. Invece, mi sono sbagliato. Eppure,
lei era innamoratissima. E anche cattolica e
praticante molto più di me.
In questi anni, l’ho aiutata a diventare insegnante.
Da sola non ci sarebbe mai riuscita,
per la sua perenne incostanza. L’ho assecondata
in tutti i suoi desideri bizzarri e irrefrenabili.
Compra scarpe e borse in continuazione.
Non riesce a gestire le sue “pulsioni”. Non ha
mai tempo per la riflessione o la lettura. È così
possessiva dei figli che non li ha mai lasciati
un solo giorno con mia mamma. L’ha privata
del diritto d’essere nonna. Le visite sono sempre
state brevi e centellinate al massimo.
Insomma, ho tenuto botta per quello che
ho potuto. Certo, ci sono state anche liti e sfuriate.
Ma le abbiamo superate. Però, mentre
io mi arrovellavo nel dispiacere, a lei tutto scivolava
via come acqua del fiume. Siamo andati
assieme da uno specialista per migliorare
la nostra vita di coppia. Ma, al dunque, invece
di aprirsi, si è trincerata nel silenzio. O ha
raccontato una serie di bugie.
In questi ultimi mesi, la situazione è molto
peggiorata. Sono subentrati gravi problemi
economici. La mia azienda è fallita, l’abitazione
è stata messa all’asta. Mi barcameno tra avvocati,
cause, “avvoltoi” e instabilità economica.
Ciononostante, ho tenuto fuori dalle mie
preoccupazioni la famiglia. Ho solo chiesto a
mia moglie una condotta di vita più parca.
Mentre io continuo a pagare rate di prestito
mensili, bollette e la mensa dei bambini, lo stipendio
di mia moglie scompare nei rivoli delle
sue “spese inutili”.
Ho provato a giustificarla. In effetti, ha avuto
un’infanzia difficile, con un “padre padrone”
che ha represso le sue aspettative adolescenziali.
Ma, a quarant’anni, bisogna aver fatto
i conti con il passato. Non si può fare la vittima
a vita. Tanto più se si hanno dei figli da crescere.
Ora, nel momento in cui avrei bisogno
di una donna che mi dia aiuto e sostegno, mi
ritrovo solo. Da solo con i miei problemi e la
mia stanchezza.
Ho parlato della mia vicenda ad amici fidati.
Alcuni mi hanno invitato a resistere. Altri
a mollare. Sono sfiduciato. Non posso vivere
con questo peso sullo stomaco. Nei momenti
di maggior sconforto ho pensato di farla finita.
Mi ha frenato il pensiero dei miei bambini,
che sarebbero rimasti senza il loro papà. È
giusto soffrire così tanto? Non sarebbe meglio
separarsi?
Se dovesse pubblicare questa lettera, la prego
di omettere tutto ciò che potrebbe renderla
riconoscibile. La reazione di mia moglie sarebbe
violenta. Per lei l’immagine è più importante
della sostanza.
Lettera firmata
Un conto è tenere fuori la famiglia dalle
preoccupazioni d’una grave crisi economica
per il fallimento dell’azienda, altra
cosa è tenerla del tutto all’oscuro. Come sembra
sia avvenuto, secondo il racconto di questa
lettera. E, soprattutto, considerati i comportamenti
della moglie, che continua a sperperare i
soldi in “spese inutili”. Nonostante il marito sia
alla “canna del gas” e abbia pensato di farla finita
per sempre, se non lo avesse frenato il pensiero
dei figli, che resterebbero senza il papà.
Più che invitare la moglie a una vita più sobria,
sarebbe stato meglio farle un discorso di
verità. Mettendola di fronte alla grave situazione
familiare. E alle sue responsabilità.
A quarant’anni,
e con due figli, non ci si può permettere
di giocare con la vita. E prolungare,
a tempo indeterminato, l’immaturità e il periodo
dell’infanzia. Non ci sono ragioni per
farlo. Un’infanzia difficile, con un “padre padrone”,
semmai, avrebbe dovuto portare a una
diversa maturità. Non è più il tempo delle bambole.
Ma quello dei piedi per terra. Occorre uscire
da questo dorato isolamento, in cui si culla e
trastulla. Senza pensieri e riflessioni: ma solo
per assecondare le proprie pulsioni d’acquisto e
i tanti capricci. È un castello di carta che, quanto
prima, può crollare, travolgendo tutti e tutto.
In modo impietoso e senza ritorno.
A questo punto, non si tratta – come consigliano
gli amici – di “resistere” o “mollare”, o di pensare
alla separazione. Ma di prendere il coraggio
a due mani e affrontare la realtà. A partire
da uno schietto confronto familiare. Come non è
mai stato fatto in passato. Non basta una semplice
litigata, che lascia le cose come stanno.
Bisognava prendere posizioni ferme da
subito. Come quando le manie possessive nei
confronti dei figli privavano i suoceri del diritto
d’essere nonni. O di avere a casa, per pranzo o
momenti di piacere, il figlio e i nipotini. Certo, i
gravi disagi economici non facilitano il compito.
Ma è questo il momento di capire se si è sposati
una donna, o se si vive accanto a una quarantenne
viziata e immatura.
C’è una cosa, però, che mi fa dubitare della
capacità del lettore di saper reagire come si dovrebbe
in questa situazione, al limite dell’irreparabile.
È quanto scrive alla fine della lettera.
Cioè la paura di scatenare la reazione violenta
della moglie, se la loro vicenda familiare dovesse
venire a galla. Per non rovinare l’immagine
agli occhi della gente. Ma se questa è la preoccupazione,
è urgente una forte scossa.
Pubblicato il 30 agosto 2012 - Commenti (10)
29 ago
Nella situazione in cui
siamo, ognuno deve
fare il proprio dovere. A
cominciare dalle cose più
piccole. Anche a livello di
linguaggio. Sul tema della
legalità, ad esempio, io
non dico più «la corruzione
dilaga», ma «i corrotti si
moltiplicano». Così come
non «l’evasione in Italia…»,
ma «gli evasori italiani…».
Basta: non siamo solo
spettatori di quanto accade
intorno a noi. Dobbiamo
assumerci le nostre
responsabilità. Parlare
delle istituzioni in modo
generico è fuorviante. Le
leggi sono state votate da
persone ben precise. Sogno
una Famiglia Cristiana che,
con i suoi interventi, dia un
seguito a questa concretezza.
Un lettore
Di questa lettera, prima ancora
dell’invito alla concretezza
di linguaggio che dovremmo
usare ogni giorno, mi piace
il richiamo alla responsabilità
personale. In tutto. Dalle cose
più semplici alle vicende che
riguardano le istituzioni e la
politica del Paese. Basta, dice
il lettore, alle deleghe in bianco.
Alla distanza che separa
noi comuni cittadini da coloro
che sono chiamati a gestire la
“cosa pubblica”. Questa coscienza
civica s’è un po’ persa
nel tempo. Così, sono dilagate
corruzione e illegalità varie.
Anche se stiamo assistendo a
qualche “risveglio civico”, il
cammino della piena responsabilità
è ancora lungo.
Pubblicato il 29 agosto 2012 - Commenti (9)
23 ago
In un Comune in provincia di Alessandria, il
sindaco ha firmato un’ordinanza che vieta
ogni forma di accattonaggio su tutto
il territorio comunale. Sì, ogni forma. E non
solo quella molesta o dove si sfruttano
minori o animali. Peccato, però, che
chiedere l’elemosina non sia un reato. L’ha
fatto per ragioni di consenso elettorale,
sulla scia di quelle pratiche xenofobe della
Lega, che fa parte della stessa coalizione.
Sono già stati arrestati due accattoni,
ma nessuno si preoccupa di dove andranno.
L’importante è che scompaiano dalla città.
Ma perché non si guardano in faccia le
persone? Perché non si ascoltano le loro
storie? Perché non si dialoga per risolvere
insieme i problemi? Certo, è più
facile avere il consenso con un’azione
demagogica, piuttosto che impegnarsi
nella ricerca di una soluzione. È più facile
inventare nuovi reati, piuttosto che fare
prevenzione e cura sul territorio. Come
credente mi chiedo: ci dice ancora qualcosa
il Vangelo che ogni domenica ascoltiamo
a Messa? Chiedere l’elemosina è un diritto:
si può abolire? Possiamo far finta di non
vedere il mendicante, ma non possiamo
non vedere che la povertà esiste ancora e
avanza sempre più. Girarsi dall’altra parte
non aiuta nessuno. Neppure noi. Mi sembra
che si vada verso una società sempre più
egoista, dove si è forti con i deboli e deboli
con i forti. Sbaglio?
Andrea Z.
Non è successo solo in un Comune dell’Alessandrino,
ma in più paesi d’Italia i sindaci
hanno vietato di chiedere l’elemosina sul loro
territorio. Anche qui, occorre distinguere i veri
poveri da coloro che sfruttano minorenni o
persone storpiate di proposito per illeciti affari.
La malavita che lucra sfruttando i buoni
sentimenti della gente, va stroncata. Non ci sono
dubbi. Ma allontanare i poveri per ragioni
di consensi elettorali o di decoro dell’ambiente,
dalle piazze o anche dai sagrati delle chiese,
è altra cosa. Nulla vale più della dignità di
una persona. Anche se sporca o coperta di
stracci. Nell’attenzione ai poveri i cristiani dovrebbero
essere “maestri”. Un esempio per la
società civile. Basterebbe rileggersi il Vangelo.
In particolare, Matteo capitolo 25.
Pubblicato il 23 agosto 2012 - Commenti (5)
21 ago
Sono tra coloro che non riescono
ad affermare la propria fede
debole senza incredulità e dubbi.
Il dolore quasi insopportabile
di sciagure, di figli strappati alla vita
precocemente dalla malattia
o dalla brutalità, di orrori compiuti
da uomini verso altri esseri umani,
mi pongono tanti interrogativi.
Mi disturbano anche i cerimoniali,
gli addobbi, gli sfarzi, i riti solenni
che la Chiesa usa praticare. Li vedo
stridere con l’essenzialità evangelica.
Mi fanno sentire spettatore di eventi
scollegati con la realtà quotidiana.
Preferirei riti e abiti semplici, sobri,
se non poveri. Gli scandali dovuti
a innumerevoli casi di pedofilia
e a quelli finanziari, contribuiscono
a gettare discredito sulla Chiesa,
soprattutto perché le parole
di autocritica e la richiesta di scuse
paiono arrivare tardivamente.
E ancora debolmente. Si predica una
morale rigida, si esalta la famiglia
e si tace su condotte devianti gravi
e dannose. Tutto ciò alimenta un
certo comprensibile anticlericalismo,
ma mette in difficoltà la nostra
debole fede di credenti.
Manlio R.
La testimonianza della Chiesa è
spesso offuscata da stili di vita poco
sobri. O da scandali che coinvolgono
preti e vescovi, che vengono meno al
loro impegno di consacrazione a Dio.
Cedono alla debolezza della “carne”
o alle sirene del successo e dei soldi.
Ciò non inficia affatto il messaggio
evangelico. Anche se questi episodi
vengono enfatizzati da giornali e Tv,
che amano i pettegolezzi sugli uomini
di Chiesa. E danno l’idea che tutta
l’istituzione ecclesiale sia corrotta e
perversa. È vero che un albero che cade
fa più rumore di una foresta che
cresce, ma nel mondo centinaia di cristiani
muoiono martiri per la fede.
Ma non fanno notizia.
Pubblicato il 21 agosto 2012 - Commenti (15)
16 ago
Ero un ventenne libero e felice. Avevo la mia
indipendenza, un lavoro, una famiglia.
Poi, un giorno, mia moglie mi ha tradito ed
è andata via. Neppure il tempo di lenire le ferite,
e un giudice ha deciso che lei avesse tutto. Così,
non ho avuto più i miei soldi, la casa, i figli,
la mia libertà. Il più grande shock della mia vita.
Sono dieci anni che vivo così. Corpo e mente
portano i segni di una persona che non ha
smesso di lottare. Ma, da allora, la mia vita non
è stata più la stessa. Ho conosciuto tanti uomini
come me, rovinati dalla persona che amavano.
Ora i figli crescono in un ambiente di odio
e ingiustizia. Ma io vivrò per vedere la fine di
questa piaga. E per assistere ai processi di donne
e giudici che hanno prodotto simili orrori.
Crimini contro la dignità e la libertà dell’uomo.
Contro l’umanità.
Lorenzo B.
Quando si spezza un legame, le conseguenze
spesso sono dure da accettare e digerire. A maggior
ragione se la rottura avviene in situazioni di
grave conflittualità. E in presenza di figli. Usati, talora,
come arma di ricatto e di rivendicazioni. Non
bisognerebbe mai arrivare a questo punto. Una seria
preparazione al matrimonio dovrebbe scongiurare
esiti devastanti per la vita di tutti. Ma quando
si giunge a scelte dolorose e irreversibili, ci sia almeno
la maturità di “lasciarsi” bene.
Pubblicato il 16 agosto 2012 - Commenti (12)
13 ago
Ho sessant’anni. Sono mamma, moglie e nonna. Pensionata statale da
diversi anni. Ho lasciato il lavoro in tempo per seguire la mia famiglia
con tre figli, i genitori anziani e altri familiari alle prese con qualche
malattia. Ieri sera, ho ascoltato alcuni politici in Tv che dicevano tante
belle parole, propositi e rimedi per risanare il Paese e ridare fiducia
ai mercati che, coi loro meccanismi perversi, ci stanno dissanguando.
Ma non sono gli stessi che ci hanno portato a questo disastro? Dicono
che ora ci aspettano i sacrifici. Ma noi ci siamo abituati da tempo.
Loro, forse, no. Noi, come tantissime altre famiglie, abbiamo lavorato
duramente, cresciuto i figli, aiutato i familiari, e fatto quadrare i bilanci
di casa. Chi, invece, ha gestito la cosa pubblica, si è solo preoccupato
dei propri privilegi: stipendi, auto blu, pensioni e vitalizi, servizi gratuiti
ecc... Senza alcun controllo della spesa pubblica. Siamo tutti “nella stessa
barca”, ma a remare sono sempre gli stessi.
Carla - Brescia
Sentire la vecchia politica, cioè
quelli che ci hanno portato a un passo
dalla Grecia, dare lezioni ai cosiddetti
tecnici su come risanare i conti
del Paese, fa davvero ridere. Se la situazione
non fosse così tragica. Non
basta invocare le elezioni come la panacea
di tutti i nostri problemi. Né basta
il semplice consenso popolare per
diventare, automaticamente, saggi e
competenti nella gestione della cosa
pubblica. Ma come si fa ad affidare il
Paese a politici che non sanno trovare
nemmeno la soluzione per una
nuova legge elettorale? O, per dirla
tutta, agli stessi che hanno combinato
la “porcata” elettorale, che sembra
non avere più padri?
Pubblicato il 13 agosto 2012 - Commenti (11)
09 ago
Leggo Famiglia Cristiana da quand’ero bambina. Ho
cinquantotto anni e quasi quaranta di lavoro alle spalle.
Quando torno a casa la sera, oltre ai lavori domestici,
accudisco mio marito disabile grave. Se metto assieme
i miei impegni, praticamente lavoro dalle 6.30 del mattino
fino alle 23 di sera. La manovra del Governo Monti sulle
pensioni mi ha gettato nello sconforto. Dov’è l’attenzione
per la famiglia?
Nemmeno sfiorata! Centinaia di migliaia
di lavoratrici sono nella mia stessa situazione, con un
familiare disabile grave o genitori anziani da accudire.
Per queste persone quarant’anni di lavoro contributivo
non sono abbastanza per la pensione? Perché non si chiede
di più a quegli italiani che, nonostante la crisi, si sono
arricchiti tantissimo? O a quel dieci per cento della
popolazione che possiede il cinquanta per cento della
ricchezza del Paese? Togliere qualcosa a questi è portare
via il superfluo. Diverso è infierire su chi fatica ad arrivare
a fine mese. Lo dica al presidente Monti!
Franca C.
Quanto mi dici, cara Franca, ho avuto modo
di riferirlo direttamente al presidente Monti,
nell’intervista che gli ho fatto. Due i temi
su cui ho insistito tanto: primo, la necessità di
una politica familiare degna di questo nome,
perché le famiglie sono la vera risorsa del Paese,
il volano per uscire dalla crisi. Secondo,
l’urgenza di un fisco più equo, che prenda i
soldi dove ci sono. E basta spremere pensionati,
lavoratori e famiglie come fossero limoni.
Il presidente Monti mi è parso convinto delle
argomentazioni, anche se ho avuto l’impressione
che non abbia le mani del tutto libere
per incidere pesantemente su alcuni settori.
Senza una maggioranza propria, la vecchia
politica prova continuamente a metterlo
all’angolo. La nobiltà delle intenzioni cede il
passo ai ricatti. Avanzati, per lo più, in modo
subdolo. Proprio da chi l’appoggia in Parlamento,
ma subito dopo lo contesta nelle piazze.
E trama sottobanco per farlo cadere. Altro
che pacificazione nazionale!
Pubblicato il 09 agosto 2012 - Commenti (16)
08 ago
La lettera di Maurizio G., che attribuisce all’onestà la sua
condizione di disoccupato (FC n. 49/2011), mi ha convinta
a scriverle e far risentire la mia voce in “famiglia”. Oggi,
la coerenza al Vangelo non paga. Glielo dice una persona che
ne ha viste di tutti i colori per mantenere integra la sua identità
morale. Non mi considero una santa né una martire. Voglio solo
vivere gli ideali che mi sono stati trasmessi in famiglia, ma anche
a scuola e in parrocchia. Sono una persona come tante. Sono
fuggita dalla Sicilia per non dover attendere le calende greche
per essere immessa in ruolo a scuola. Sono andata via, mio
malgrado, dal Sud. Ma ne è valsa la pena. Nonostante le difficoltà
incontrate.
Se al Sud c’è una mentalità mafiosa, il Nord non è immune
da forme di razzismo. Mi sono inserita nella cittadina in cui lavoro, ma
non sempre mi è permesso di “far sentire la mia voce”. Mi è successo
anche in parrocchia. Sono stata costretta a dimettermi da catechista
perché stavo acquisendo troppo “potere”. A scuola, poi, devo stare
attenta a ciò che dico. Non puoi neanche ammonire un ragazzo che
bestemmia. Non è facile essere cristiani e vivere con coerenza. Molto
più semplice è mostrarsi qualunquisti e opportunisti. Ma io non voglio
compromessi con la mia coscienza.
Una ragazza del Sud
Vivere con coerenza il Vangelo non è stato mai facile. Oggi, ancor di
più. La nostra società, sempre più laica e individualista, si è allontanata
dai princìpi evangelici. Mira al successo, da ottenere a ogni costo. I valori
cui punta sono bellezza, sesso e soldi da fare subito e tanti. Anche qui, non
importa con quali mezzi e vie da percorrere. La dignità della persona è svalutata
e calpestata. Non ci si pensa due volte, se serve a raggiungere lo scopo,
a mettere in vendita tutto: dalla lealtà al corpo. Il Vangelo, invece, ci invita
ad andare controcorrente. È scomodo, se vissuto e testimoniato nella
sua interezza. Senza sconti o facili addomesticamenti. La verità, spesso,
ha un prezzo da pagare. Ma se non fosse così, vorrebbe dire che i cristiani
sono diventati scipiti. Non sono più segno di distinzione. E anche di contraddizione.
Tanto meno sono sale del mondo. O lievito che fa fermentare
la pasta. La coerenza etica è una grande virtù. Soprattutto perché ci fa evitare
di scendere a facili compromessi con la nostra coscienza.
Pubblicato il 08 agosto 2012 - Commenti (1)
|
|