31/08/2011
Sono
partiti: zaino pesante, sacco a pelo, cappello e borraccia al seguito con
un’allegria spontanea e festosa. Qualcuno alla prima esperienza, qualcuno che
bissa , qualcuno che ripete da più
tempo. Tutti con lo stesso entusiasmo. E partono… volti appena intravisti dai
finestrini pieni del riverbero del sole, ombre di ragazzi che si sbracciano,
genitori che accompagnano con lo sguardo la sistemazione nel pullman come se
aiutasse a seguirli meglio col pensiero e gli occhi delle madri che, pieni di
commozione trattenuta, regalano agli occhi dei propri figli il loro sorriso finché il pullman diventa un puntino lontano
che le vede impegnate ad una nuova attesa.
E la gioia dell’esperienza che andranno a fare supera le ansie, perché si crede che quello che vivranno resterà in loro e in qualche modo lascerà il segno. Bello vivere con loro a distanza, seguendo trasmissioni e dirette televisive, collegandosi a Internet a tutti i siti messi a disposizione (tempi privilegiati) quasi a seguire un’ecografia, dove con gli occhi fissi si cerca di individuare e cogliere, ogni minimo dettaglio. E man mano che va definendosi l’immagine nei giorni, si vedono spazi sconfinati di giovani che invadono strade, spazi, piazze e lo stupore lascia il posto alla bellezza. Il culmine raggiunto a Cuatro Vientos dove un aeroporto militare diviene un “campo di fiori” e dove da qui, per la prima volta, saranno le preghiere di migliaia di giovano a decollare verso il cielo.
Giovani che insegnano al mondo intero che si può rimanere in silenzio, dinnanzi a qualcosa che si intuisce più grande di ogni discorso presidenziale e politico. Sono questi giovani e i tanti altri che sono nella nostra società, che hanno dimostrato che sanno ascoltare, dialogare, parlare, gioire, condividere, faticare, in nome di qualcosa di vero. Sono stati d’esempio ai tanti politici che offrono spettacoli poco decorosi. Hanno dimostrato che possono superare fatiche e difficili condizioni climatiche se trovano chi offre loro ascolto. I nostri giovani sono frutto dell’insegnamento degli adulti. Hanno dimostrato che sanno condividere spazi vuoti, trovandoli pieni di riferimenti. Hanno dimostrato coraggio e tenacia, anche quando il forte temporale si è abbattuto su di loro, quasi come se anche le forze della natura volessero provare la loro fermezza.
E su di loro, quasi come nel romanzo del Manzoni, pioggia catartica che lava via le brutture che disseta dopo ore di arsura, che penetra nella terra dove loro siedono e si inginocchiano. Trema la croce, ma sono ancora i giovani a tenerla, ad abbracciarla, a difenderla. Una croce semplice ma visibile da ogni angolo, vuota, poiché il Cristo è in mezzo a loro, dentro di loro. E i loro occhi alzati, o chiusi, le loro mani giunte, labbra che si intende sussurrare parole… oggi torneranno, con facce stanche e occhi pieni di sonno, zaini ancora più pesanti e magliette e scarpe logore, ma il loro bagaglio interiore sarà ricco e leggero. Continueranno a porsi domande come ha fatto Gesù “Voi chi dite che io sia?”…sicuramente avranno trovato una risposta l’uno con l’altro, fianco a fianco e stipati , tutti insieme, ognuno con la propria umanità, con il loro carico. Ogni giovane ha portato all’altare la propria offerta, donato la propria vita, ognuno ha scelto di mettersi in cammino per arrivare a vivere la resurrezione.
Marina Michelon