29/01/2013
Vittoria De Fornari nasce a Genova nel 1562, settima dei nove figli avuti da Girolamo de Fornari e Barbara Veneroso, una coppia di sposi profondamente religiosi. La piccola Vittoria si caratterizza ben presto per una forte fede con risultati sorprendenti: uno dei fratelli, ammalatosi gravemente, è dato per spacciato dai medici; lei si raccoglie in preghiera dicendo che «Gesù è più potente di tutti i medici» e con stupore di tutti il moribondo guarisce.
Nel 1578 Vittoria a soli 17 anni sposa Angelo Strata. Nasceranno presto Angela, Barbara, Giuseppe, Leonardo e Alessandro, che i genitori educano cristianamente, offrendoli al Signore e affidandoli alla protezione della Madonna. Nell’estate 1587, mentre Vittoria è in attesa del sesto figlio, Angelo Strata è colpito da un’infermità che in breve lo porta alla tomba. La sposa si ritrova vedova con cinque figli più quello che deve ancora nascere: stroncata dal dolore, è vittima di una violenta crisi di sconforto. A liberarla dalla sua angoscia pensa la Vergine: nella sua stanza c’è un quadro della Madonna davanti al quale lei si ritira a piangere e a pregare. Ed ecco che improvvisamente il quadro si anima, la Madonna le tende le braccia e dice: «Vittoria, non dubitare di cosa alcuna, perché io non solo voglio pigliarmi questi tuoi figli, ma te stessa ancora: io sarò sempre quella che avrà sempre cura e particolare protezione di questa casa. Stattene pure allegramente tu e non temere. Una cosa voglio da te: che per l’avvenire tu procuri di amare Dio sopra ogni creatura». La donna si sente rinata e alla Vergine Maria offre il voto di castità perpetua, decidendo di non vestire più abiti lussuosi, di non frequentare gli ambienti della nobiltà e di fare opere di carità. Viene criticata dai parenti che la giudicano una pazza, ma lei non cambia idea dedicandosi unicamente all’educazione dei figli e alla cura della sua casa.
A sostenerla contribuisce la direzione spirituale di un gesuita, padre Bernardino Zanoni, che le traccia un programma di vita volto a contrastare se stessa in tutto per amore di Gesù, e le impone di mettere per iscritto come vive il suo rapporto con Dio, essendo a conoscenza delle sue esperienze mistiche. Lei obbedisce e tutti i giorni va a Messa, si accosta frequentemente alla Comunione, si confessa regolarmente, recita quotidianamente il rosario e l’Ufficio della Madonna insieme ai figli e ai domestici della casa, e spesso trascorre la notte pregando.
Nel 1597 muore a soli 10 anni il penultimo figlio. Più tardi Vittoria accoglie una nipote, rimasta orfana di entrambi i genitori, e un’altra orfana, Chiara Spinola. In quello stesso anno si rivela il disegno di Dio sulla sua famiglia: la primogenita, Angela, entra tra le Canonichesse Lateranensi, tre anni dopo è raggiunta da Barbara. Poi il primo maschio, Giuseppe, si fa frate nell’Ordine dei Minimi fondato da S. Francesco di Paola; e presto sarà seguito da Leonardo e da Angelo, l’ultimo nato, accolto da quei frati a soli 15 anni.
Rimasta sola, lei si dedica ai poveri, arrivando spesso a privarsi del cibo per darne al loro. Su ordine del confessore, si mette a chiedere per loro elemosina sulla porta della chiesa, suscitando rimproveri tra i parenti, che l’accusano di offendere l’onorabilità della famiglia. Anche i malati sono oggetto delle sue cure: provvede loro il medico e i farmaci, li assiste di persona, procura il sacerdote che li prepari a morire cristianamente.
Siamo nel periodo in cui il Protestantesimo dilaga in tutto il nord dell’Europa e Vittoria si dedica anche alla catechesi presso le chiese di S. Andrea e S. Fede: insegna alle bambine e alle donne adulte, soprattutto le più povere e si impegna perché imparino anche a leggere e a scrivere; inoltre pensa alle donne che si prostituiscono per non morire di fame. Nel 1600, con l’appoggio del confessore, decide di onorare la Vergine dando vita a una famiglia religiosa, dedita all’adorazione del Verbo Incarnato e della SS. Eucaristia. A lei nel frattempo si è unita una nobile genovese, Vincentina Lomellini, che per ragioni di salute non era entrata nel Carmelo.
Inizialmente l’arcivescovo mons. Orazio Spinola non condivide il progetto, giudicandolo «un castello in aria», ma poi lo approva. L’opposizione viene invece dalle figlie monache e dai figli frati, che sconsigliano la madre di avventurarsi in un’impresa piena di rischi. Ma la beata va avanti, compra una casa e ne inizia i lavori per adattarla a monastero, e frattanto affitta un edificio attiguo per cominciare la sua esperienza religiosa. Padre Zanoni scrive le Costituzioni che verranno approvate nel 1604 da papa Clemente VIII. In quello stesso anno nasce l’Ordine della SS.ma Annunziata: tutte le monache hanno assunto come primo nome quello di Maria e il loro abito è composto da un velo nero, una tonaca bianca uno scapolare e un mantello turchini (per questo saranno chiamate “Turchine”). Madre Maria Vittoria, confermata nell’incarico di priora, sarà per le consorelle una vera “Regola vivente”. Il 18 aprile muore la Lomellini ma suo marito, Stefano Centurione, divenuto a sua volta sacerdote del clero diocesano di Genova, continuerà ad aiutare l’Istituto. Poiché non mancano momenti difficili,puntualmente la Madonna conforta la fondatrice dicendole: «Di che temi? perché ti lamenti? Questo monastero è mio. Io sono quella che lo ha fatto e ne voglio avere la cura. Lasciane dunque il pensiero a me e non dubitare che tutto passerà bene». Il 7 settembre 1605, vigilia della Natività di Maria, la comunità fa la professione, aggiungendo ai tre voti di povertà, castità e obbedienza il voto di clausura, con l’impegno che solo tre volte all’anno le monache potranno parlare ai parenti più prossimi, cioè ai genitori e ai fratelli. I voti verranno rinnovati annualmente il 25 marzo, solennità dell’Annunciazione.
A Portalier, cittadina della Borgogna, giunge una lettera con cui 14 giovani donne, che avevano conosciuto l’Ordine dell’Annunziata, vogliono fondare un monastero sotto la sua guida. Madre Maria Vittoria accetta l’offerta e Portalier sarà la prima di numerose fondazioni che sorgeranno in Francia oltre che in Italia.
Nel 1611 non è più rieletta per le sue condizioni di salute, e lei accetta con grande umiltà di dedicarsi ai lavori più umili. L’efficacia dei suoi carismi ottiene la conversione e la santificazione delle anime che l’avvicinano. Inoltre, lei legge nel cuore delle sue monache e Dio la gratifica di poteri taumaturgici che si traducono in prodigiose guarigioni di malati per i quali non sembra esserci alcuna speranza. Predice anche la sua morte: «Me ne andrò», dice, «quando le monache del nostro monastero saranno 40». E appena la quarantesima arriva, nel 1617, madre Maria Vittoria, colpita da una grave affezione polmonare, annuncia che la morte verrà il 15 dicembre. E in quel giorno si spegne santamente. Tutta Genova accorre ai suoi funerali, mentre si conferma la sua fama di santità. Con la rivoluzione francese, la venuta di Napoleone e le leggi eversive del governo italiano, le sue opere vengono distrutte o confiscate, ed anche il processo di beatificazione è bloccato. Viene ripreso all’inizio dell’800. Il suo corpo è trovato ancora intatto, mentre la Congregazione per le Cause dei Santi riconosce due miracoli ottenuti per sua intercessione. Il 12 settembre 1828, Leone XIII iscrive Maria Vittoria De Fornari Strata nell’elenco dei Beati.
Angelo Montonati