Beata Teresa di Calcutta

05/02/2013

Agnes Gonxha Bojaxiu nacque a Skopje, capitale della Macedonia, il 26 agosto 1910, quando quella terra faceva ancora parte della Jugoslavia. I genitori, due kosovari di origine etnica albanese, erano persone di profonda fede cristiana e molto caritatevoli con i poveri. Agnese, con la madre e una sorella, partecipava con impegno alle attività della parrocchia e faceva anche parte del coro che animava le liturgie. Fin da piccola coltivò una devozione particolare per il Sacro Cuore di Gesù e per la Vergine Maria. Avvertì presto la vocazione religiosa, con il desiderio di recarsi nelle missioni del Bengala, in India, dove operavano i Gesuiti che gestivano la sua parrocchia. Per questo, sui diciotto anni, chiese di entrare tra le Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto che svolgevano il loro apostolato nell’arcidiocesi di Calcutta e il 26 settembre 1928 partì per Rathfarnham, in Irlanda, dove venne accolta come postulante e il 1° dicembre dello stesso anno raggiunse Calcutta, dove fece la sua prima professione il 24 maggio 1931 assumendo il nome di Teresa del Bambino Gesù e del Santo Volto, scelto per la sua speciale devozione alla santa di Lisieux.
Essendo dotata di ottima preparazione culturale, fu destinata all’insegnamento di storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio che le Suore di Loreto gestivano a Entally, nella zona orientale di Calcutta. Lì rimase circa vent’anni. Nel 1937, dopo avere emesso i voti perpetui, le venne affidata la guida delle Figlie di S. Anna, una congregazione di religiose indiane aggregate alle Suore di Loreto.

Poco oltre le mura del convento si trovava uno degli slum più miserabili della zona, abitato da poveri privi di tutto: una circostanza, questa, che non sfuggiva alla sensibilità di suor Teresa. Ed ecco la svolta decisiva: il 10 settembre 1946, mentre in treno stava recandosi a Darjeeling per gli esercizi spirituali, lei avvertì quella che definirà la sua “seconda chiamata”. Durante il viaggio e per l’intera notte, una frase continuò a risuonarle nella mente, il grido di Gesù sulla croce: «Ho sete!».
Col passare dei giorni quel misterioso richiamo si fece ancora più insistente e suor Teresa cominciò a interrogarsi: era venuta in India per servire gli ultimi, e invece le toccava educare ragazze di buona famiglia ben vestite, in buona salute e dai modi garbati, mentre a Calcutta c’era gente in preda alla fame e alle malattie che agonizzava sui marciapiedi, totalmente priva di assistenza, senza il minimo di dignità umana. Capì che doveva cambiare stile di vita. Più tardi confesserà: «Ero sicura che quella fosse la voce di Dio. Ero sicura che mi chiamasse Lui. Il messaggio era chiaro: dovevo uscire dal convento per aiutare i poveri, vivendo con loro e come loro. Questo era un ordine, un incarico, una certezza».
Dopo gli esercizi spirituali, pur continuando a insegnare, cominciò a dedicare il tempo libero, e in particolare la domenica, al Signore e ai poveri. Parlò con serena fiducia alla Madre Superiora di quello che sentiva in cuore, e scrisse anche alla Superiora Generale della congregazione, mettendola al corrente del suo progetto e questa le rispose così: «Se il Signore La chiama,.con tutto il mio cuore Le do il permesso. Ma non dimentichi mai che Lei sarà sempre nel nostro cuore… Se questa è la volontà di Dio… Sappia però che può contare sull’amicizia, l’amore e la stima della nostra congregazione. E se succederà che, per qualsiasi motivo, Lei vorrà ritornare, noi, La accetteremo volentieri nuovamente come nostra sorella».

Anche il padre spirituale, verificata l’autenticità della chiamata, diede il suo permesso, seguito dopo mesi da quelli dell’arcivescovo di Calcutta e della Congregazione dei Religiosi, il dicastero vaticano da cui dipendono gli ordini e le congregazioni.
Il 21 dicembre 1948, suor Teresa entrò per la prima volta nei miserabili quartieri di Tijle e Motijhil dove trovò un quadro desolante: uomini e donne con piaghe purulente rivoltanti, sporcizia e abbrutimento, moribondi e malati sui marciapiedi,vecchi e bambini per la strada come cani randagi. Cominciò lavando i poveri e i bambini, facendo catechismo e insegnando loro a leggere e a scrivere. A mezzogiorno distribuiva loro il latte.
All’inizio gli alunni erano cinque, poi crebbero di numero e alcune persone – colpite da quello che faceva la “suora dei bassifondi” – cominciarono a darle una mano. Tra queste, alcune sue ex-allieve del collegio. La prima tra esse, Quhej Shabashini Dash, futura suor Agnes, chiese a Madre Teresa di affiancarla in questa avventura di carità. A lei si unirono altre due giovani, e nel 1950 il gruppetto conterà dieci “Missionarie della Carità”. Nel frattempo la fondatrice aveva trovato ospitalità presso la famiglia Gomes. Per assistere i moribondi, le autorità concessero a Madre Teresa un edificio nel quartiere di Kalighat, poco lontano da un grande tempio della dea Kalì, che fu trasformato nella Nirmal Hriday, la “Casa del Cuore Puro”. Inizialmente, la gente del posto considerò la beata come una nemica perché a loro avviso “profanava” un luogo dedicato ai pellegrini di religione indù. Ma davanti ai risultati col tempo dovettero arrendersi: nel 1986 poté dimostrare che dalla sua casa erano passati circa 60 mila tra uomini e donne, di cui 30 mila erano morti in pace, mentre egli altri erano stati guariti. Non per casso già nel 1969 esistevano 15 sue case per moribondi, 12 in India e 3 all’estero.
Nel 1950 era arrivata da Roma l’approvazione delle Costituzioni e l’anno dopo era stato aperto il noviziato, mentre affluivano altre vocazioni. Nel 1965 la congregazione, ottenuto il riconoscimento di “diritto pontificio”, aveva varcato i confini dell’India: dopo la casa aperta in Venezuela, seguirono altre in Italia e altri paesi europei, in Africa, in Asia, negli Stati Uniti.
Arrivarono anche i primi importanti riconoscimenti: nel 1971 Paolo VI consegnò a Madre Teresa il premio della Pace “Giovanni XXIII”; nell’aprile 1973 le fu conferito il Premio Templeton per il progresso della Religione; il 17 ottobre 1979 a Oslo il Nobel per la Pace «per il lavoro compiuto nella lotta per vincere la povertà e la miseria che costituiscono anche una minaccia per la pace». Il 9 giugno 1997 Madre Teresa ricevette la medaglia d’oro del Congresso Americano. Nel 1985, in occasione del suo 75/mo compleanno, venne ufficialmente invitata all’ONU e presentata come «la donna più forte del mondo…, perché unisce tutto il mondo nell’amore». Con l’appoggio di papa Wojtyła, aprì ben tre case per i poveri a Roma, tra cui una mensa nella Città del Vaticano dedicata a santa Marta, patrona dell’ospitalità, e una casa di accoglienza chiamata “Dono di Maria”.
Oltre alle sue Missionarie della Carità, Madre Teresa fondò quattro loro diramazioni : i Fratelli attivi (1963), le Sorelle Contemplative (1976), i Fratelli Contemplativi e i Padri Missionari della Carità (1984); nacquero poi l’Associazione internazionale dei Cooperatori di Madre Teresa e i Missionari Laici della Carità.
All’inizio degli anni ’80 la salute di Madre Teresa cominciò a cedere, a causa di gravi disturbi cardiaci. Per questo motivo nel marzo 1997 suor Nirmala Joshi fu eletta nuova superiora generale della congregazione. La morte per la fondatrice sopravvenne il 5 settembre 1997. La Madre ebbe dall’India funerali di stato. Lasciava una congregazione con circa 4000 suore e quasi 600 comunità sparse in 123 paesi del mondo. Giovanni Paolo II, dopo un processo iniziato con deroga speciale ai 5 anni di attesa stabiliti per avviare la causa, la beatificava il 19 ottobre 2003 in piazza San Pietro davanti a una folla immensa.

Angelo Montonati
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