31/07/2012
Il fondatore della congregazione delle Suore di Santa Marta nasce a Genova il 9 gennaio 1818 da genitori appartenenti alla nobiltà locale, il marchese Giovanni Giacomo e la marchesa Angela Maria Pareto. Compiuti secondo l’uso del tempo gli studi elementari in famiglia, nel 1827 frequenta come alunno esterno il Collegio Reale di Genova, diretto dai padri Barnabiti. Otto anni dopo, decide di seguire i corsi di filosofia nel seminario arcivescovile, allora aperto anche a studenti non intenzionati a farsi preti. In quel periodo si immerge nelle opere dei grandi scrittori cristiani antichi e moderni: Cipriano, Agostino, Giovanni Crisostomo, Basilio, Carlo Borromeo, Bossuet, Segneri. Nel 1836 si iscrive all’università nella facoltà di legge, ma dopo aver conseguito il diploma di baccelliere col massimo dei voti, decide di cambiare facoltà e sceglie teologia, puntando al sacerdozio. Ordinato nel 1841, due anni dopo consegue il dottorato in teologia; nel frattempo a Genova entra nella Congregazione dei Missionari Rurali o Suburbani, impegnati nella predicazione, e in quella degli Operai Evangelici, che si dedicavano soprattutto al catechismo cosiddetto “notturno”, impartito nelle prime ore del mattino agli operai prima che si recassero al lavoro, e a quello dei bambini e delle donne nei quartieri più poveri della città.
Il suo zelo e la sua bravura lo segnalano all’arcivescovo che lo nomina vicerettore del seminario di Genova e, nel 1845, rettore del seminario di Chiavari, città che faceva ancora parte dell’arcidiocesi di Genova. In quel periodo la dissipazione era piuttosto diffusa tra il clero, e c’era molta confusione a causa degli eventi politici in corso: quando Vincenzo Gioberti (futuro presidente del Consiglio dei Ministri, e anch’egli sacerdote dal 1845) arriva a Genova, viene accolto con entusiasmo dalla popolazione e soprattutto dal clero; inoltre già nel 1844 era scoppiato il caso Bonavino, il prete che poi, dopo essere stato sospeso a divinis, entrerà nella massoneria con lo pseudonimo di Ausonio Franchi. Comunque, don Tommaso aveva le idee chiare su come deve essere un sacerdote: «Sono ecclesiastico» scriveva sul suo libretto di appunti nella primavera 1845, « è necessario ch’io sia santo; dunque si mettano in pratica tutti i mezzi per diventarlo. Costi quanto vuole, bisogna arrivare…Metodo di vita ed esattezza nell’osservarlo… preghiera, messa, ufficio con molta attenzione… che la carità sia necessaria, e sommamente necessaria, ad un ecclesiastico, è chiaro per mille ragioni…». In seminario egli voleva solo vocazioni autentiche: un suo chiodo fisso era la “perfezione nella quotidianità” e grande importanza egli attribuiva alla preghiera, ponendo alla base della sua spiritualità l’Eucaristia e la devozione a Maria (tra l’altro, l’edificio del seminario era adiacente al santuario di Nostra Signora dell’Orto, frequentatissimo dai chiavaresi).
La sua attività non si limita alla guida del seminario, ma si estende alla predicazione, al giornalismo e all’impegno politico. Nel 1848 insieme a don Gaetano Alimonda, all’avvocato Sulla e al marchese Fabrio Invrea fonda il primo settimanale cattolico genovese, Armonia della Religione colla Civiltà, che però viene subito trasferito a Torino, e l’anno dopo Il Cattolico di Genova, primo quotidiano cattolico italiano, che sarà poi trasformato nello Stendardo Cattolico, e di cui egli sarà direttore responsabile. Nel 1874, alla conferma ufficiale da parte del Papa del Non expedit, egli lo chiuderà per non creare divisione tra i cattolici.
Designato nel 1851 a Genova come abate mitrato di S. Maria Assunta in Carignano, si dedica alle più svariate opere di carità: alle tre del mattino scende nella chiesa della Madre di Dio, situata in un quartiere poverissimo di Genova, e dopo aver celebrato la messa si mette a disposizione degli operai, dei contadini e dei barboni che si vergognano di andare in chiesa di giorno, per ascoltare le confessioni e fare loro catechismo. Poi torna in sede. In quello stesso anno è incaricato di insegnare Teologia morale nel seminario arcivescovile e, come professore aggiunto, presso la Regia Università.
Nominato vescovo coadiutore con diritto di successione a Ventimiglia, alla morte del titolare gli subentra, risollevando in 15 anni di episcopato le sorti della diocesi: fonda il Convitto vescovile affiancandolo al seminario da lui fatto restaurare, porta il numero dei seminaristi da 7 a 80; visita tre volte la diocesi, indice tre sinodi; in occasione del primo Congresso catechistico italiano, sostiene la necessità di un catechismo unico per tutta l’Italia e redige il Ristretto della Dottrina Cristiana. Inoltre, collabora con Don Bosco nel sostenere l’opera salesiana di Vallecrosia. Dopo il tremendo terremoto del 1887 crea due orfanotrofi per i figli dei sinistrati. L’anno dopo fonda la congregazione delle Suore di Santa Marta, inizialmente con lo scopo di assicurare al Convitto i servizi di cucina e del guardaroba; poi la congregazione si dedicherà all’assistenza dei malati, all’educazione dei bambini negli asili, all’insegnamento del catechismo nelle parrocchie, alla cura degli orfani e della gioventù femminile. Oggi le suore di Santa Marta sono presenti non solo in Italia, ma anche in Libano, India, Cile, Argentina, Brasile (Mato Grosso e Paranà) e Messico.
Leone XIII nel 1892 promuove mons. Reggio arcivescovo di Genova: in quel periodo la città è agitata da gravi contrasti fra autorità politiche e religiose ed egli, pur non venendo meno ai suoi principi, si guadagna la stima degli avversari e nel clima di ritrovata intesa si celebrano le Feste Colombiane (1892, quinto centenario della scoperta dell’America), il decimo Congresso Cattolico e il primo Congresso italiano di studi cattolici; viene ripristinata la solenne e pubblica processione del Corpus Domini, che era sospesa da 17 anni, e si svolgono le celebrazioni religiose cittadine per l’anno giubilare 1900. Attento ai problemi del tempo, mons. Reggio guida clero e popolo nel confronto con il sorgere del socialismo e con le nuove culture, sostenendo la necessità di un cristianesimo autentico e dell’impegno attivo dei laici (comprese le donne) nell’apostolato. Nel 1893 indice il Sinodo diocesano, che non si convocava da 60 anni e inizia la visita pastorale facendola precedere, come già aveva fatto a Ventimiglia, dalle missioni per il popolo. Successivamente riunisce una commissione di esperti d’arte cristiana per procedere ai restauri della cattedrale di San Lorenzo. Altre iniziative lo impegnano a fondo, tra cui la fondazione della Pontificia Facoltà Giuridica, aperta anche a sacerdoti e laici di altre diocesi, la Scuola Superiore di Religione per giovani liceali e universitari.
Come il Beato facesse a onorare tutti gli impegni quotidiani, senza mancarne uno, ha davvero del prodigioso: era confessore e direttore spirituale di vari istituti religiosi, predicatore ricercato, docente universitario, direttore di giornale, fondatore di una congregazione, operatore culturale e animatore delle più varie iniziative di carità. I ritmi che scandivano la sua giornata hanno per noi dell’incredibile: era già in piedi alle tre del mattino e fino a tarda sera (trovando anche il modo di sbrigare la sua vasta corrispondenza) era in attività. Non per caso la sua biografia è stata intitolata Mai stanco per Dio!
Il 15 settembre 1901, recatosi a Triora per benedire la statua del Redentore sul monte Saccarello, avverte un acuto dolore al ginocchio destro, primo sintomo di uno sfacelo organico che lo porterà alla morte il 22 novembre. Giovanni Paolo lo ha beatificato in San Pietro il 3 settembre del 2000.
Angelo Montonati