01/10/2012
Angelo, Ercole, Benedetto. Se i nomi, talvolta, possono lasciar presagire qualcosa del futuro di un bambino, questa è una fortunata coincidenza tra i nomi e la persona che li porta. Il protagonista di questa storia – san Benedetto Menni – rivela infatti dell’angelo la spiritualità intensa e il distacco totale da un mondo nel quale pure si trovò immerso per dovere professionale; del mitico Ercole emulò sicuramente le famose “fatiche”, sobbarcandosi a un ritmo di vita che ha dell’incredibile dati i tempi, e comunque al limite della resistenza umana; di san Benedetto, infine, possedeva il genio creativo che lo portò a restaurare il proprio Ordine, che era stato soppresso in Spagna, Portogallo e Messico in seguito alle leggi anticlericali, e a fondare una congregazione di suore ospedaliere ancora oggi attiva a fiorente.
IL protagonista della nostra storia nacque a Milano l’11 marzo1841, quinto di 15 figli di Luigi, benestante commerciante di legnami, e di Luisa Figini. Fu battezzato poche ore dopo la nascita coi nomi di Angelo ed Ercole. Dopo gli studi ginnasiali presso la scuole pubbliche, fu assunto come impiegato da una banca, ma si licenziò quando, avendo tra le mani una “pratica” poco pulita, si sentì dire dal capufficio che doveva eseguire l’operazione senza interessarsi del contenuto. Dal punto di vista spirituale la sua condotta era esemplare: frequentava settimanalmente i sacramenti, insegnava il catechismo ai bambini, recitava ogni giorno il rosario intero in suffragio delle anime del Purgatorio. Nel 1859 entrò casualmente in contatto con l’Ordine dei Fatebenefratelli: dopo la battaglia di Magenta, vinta dall’Italia contro gli austriaci, alla stazione centrale di Milano arrivavano convogli carichi di feriti, accolti dai frati ospedalieri con l’aiuto di volontari tra i quali il nostro Ercole il quale, colpito dalla dedizione di quei religiosi e grazie ai consigli di un eremita con cui era in contatto, decise di entrare nel loro Ordine. Nel maggio 1860 ne vestì l’abito assumendo il nuovo nome di Benedetto, l’anno dopo fece la professione semplice e nel 1864 quella solenne.
I superiori lo trasferirono poi a Lodi perché compisse gli studi nel locale seminario vescovile e, nello stesso tempo, si perfezionasse nell’arte infermieristica presso il locale ospedale “Fissiraga”. Dopo la professione perpetua, egli ottenne dal Priore Generale dell’Ordine, padre Giovanni M. Alfieri, di studiare teologia a Roma, presso l’Università Gregoriana e il 14 ottobre 1866 fu ordinato sacerdote e celebrò la sua prima Messa nella chiesa di San Giovanni Calibita all’Isola Tiberina, annessa all’ospedale gestito dai Fatebenefratelli. Per il prestigio che si era guadagnato, padre Alfieri gli affidò l’impegnativo compito di restaurare l’Ordine ospedaliero dove era stato soppresso, cominciando dalla Spagna. Egli partì con la speciale benedizione di papa Pio IX. Partì da Roma il 16 gennaio 1867 e, dopo essersi trattenuto alcuni mesi in Francia, dove l’Ordine era stato ricostituito dopo la Rivoluzione, nei conventi-ospedali di Lione e Marsiglia, approdò a Barcellona. L’arcivescovo Pantaleone Monserrat y Navarro, inizialmente contrario al progetto, ben presto si rese conto della statura del Menni e lo prese sotto la sua protezione, aiutandolo nell’impresa. Raggiunto da due confratelli, il 124 dicembre dello stesso anno fra Benedetto inaugurò un asilo-ospedale per fanciulli rachitici, poveri e abbandonati: li vestiva, ne curava la pulizia, dava loro da mangiare e, per trovare il necessario, non esitava a questuare presso amici e benefattori. Intanto attorno a lui si erano raccolti diversi giovani che aspiravano alla vita religiosa tra i Fatebenefratelli ed egli aprì il primo noviziato in Spagna.
A causa delle fatica e dei molti disagi quotidiani, il santo si ammalò gravemente e fu costretto a curarsi a Marsiglia, ma appena rimessosi tornò a Barcellona. Particolarmente duro fu il periodo del conflitto scoppiato nel Paese alla morte di re Ferdinando VII che, non avendo avuti figli maschi, aveva fatto salire al trono la figlia Isabella II, abolendo la legge salica: il fratello Don Carlos, considerandosi erede legittimo al trono, le fece guerra. Il Menni, sospettato di essere “carlista”,si trovò più volte in pericolo di vita e per un po’ dovette tornare a Roma. Al suo rientro, essendo esplosa la rivoluzione dopo che era stata deposta Isabella, nel 1872 fu arrestato due volte e minacciato di morte, tanto che dovette lasciare il Paese rifugiandosi a Marsiglia, dove richiamò i quattro novizi lasciati nell’asilo di Barcellona. Nella città francese ottenne di essere aggregato coi suoi confratelli alla Croce Rossa dedicandosi al soccorso spirituale e corporale dei feriti. Poi tornò a Barcellona continuando, anche a rischio della vita, la sua missione di carità nella zona dove si era inasprita la guerra tra i sostenitori di Alfonso XII (figlio di isabella) e quelli di Don Carlos. Terminate le ostilità nel 1876, riorganizzò l’asilo-ospedale; poi si trasferì a Madrid per aprirvi un centro per bambini handicappati, ma il Nunzio Apostolico gli consigliò di pensare ad una casa di cura per malati mentali: per questo egli acquistò un terreno a Ciempozuelos, a una trentina di km dalla capitale, dove costruì un modernissimo ospedale psichiatrico diventato presto un centro d’eccellenza per i criteri d’avanguardia con cui era gestito.
A questa fondazione seguirono bene presto quelle di Granada (città culla dell’Ordine), Siviglia, Malaga, Valencia, Gibilterra, Madrid, Carabanchel Alto, poi di Guadalajara (in Messico) e di Lisbona, in cui operavano i molti frati ospedalieri da lui formati con l’esempio e con la parola. Durante il colera del 1835, il santo si prodigò instancabilmente, incurante di ogni pericolo, nell’assistenza alle vittime del morbo inviando i suoi religiosi a piccoli gruppi nelle località più impervie. Nel frattempo maturò in lui l’idea di estendere l’assistenza psichiatrica anche alle donne, ma non essendo riuscito a trovare comunità di suore per questo, diede vita ad una nuova famiglia religiosa con due donne da lui guidate spiritualmente, la giovane Maria de las Angustias Jiménez e la vedova Giuseppina Recio. A Ciempozuelos, a loro si unirono ben presto altre giovani, a cui padre Menni aveva dato questa consegna: «Pregare, lavorare, patire, soffrire, amare Dio e tacere». Nel 1881 la congregazione delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù veniva eretta canonicamente, diffondendosi nel giro di pochi anni in tredici case in Spagna, Portogallo, Francia e Italia (a Roma, Viterbo e Nettuno). Nel 1884, ormai restaurata e in piena espansione la provincia spagnola dei Fatebenefratelli, il Menni ne fu eletto superiore; poi da Roma fu nominato visitatore apostolico di tutto l’Ordine e nel 1911 Priore Generale dello stesso. Ma l’anno dopo si dimise dalla carica essendo stato duramente contestato dalla maggioranza dei membri dell’assemblea, adducendo ragioni di salute. In seguito a visite canoniche effettuate presso le Suore Ospedaliere, gli fu proibito di risiedere a Roma e in Spagna. Sopportando tutto con ammirevole pazienza, egli andò a Parigi, dove ebbe un primo attacco di paralisi, poi venne mandato nell’ospedale psichiatrico di Dinan, dove morì santamente il 24 aprile 1914. Giovanni Paolo II lo beatificò nel 1982 canonizzandolo poi il 21 novembre 1999.
Angelo Montonati