22/05/2012
Giovanni XXIII, in un discorso tenuto il 31 gennaio 1960 per la chiusura del Sinodo romano, definì san Gaspare Del Bufalo «gloria tutta splendente del clero romano, che fu il vero e più grande apostolo della devozione al Preziosissimo Sangue di Gesù nel mondo». Il santo nacque a Roma il 6 gennaio 1786 da Antonio Del Bufalo, cuoco del principe Paluzzo Alfieri, e da Annunziata Quartieroni. Da piccolo fu colpito dal vaiolo, ma guarì miracolosamente dopo che la mamma lo aveva raccomandato a san Francesco Saverio; per questo, don Gaspare designerà il grande missionario come protettore dell’Istituto da lui fondato.
Da ragazzino si fece notare per il tempo che dedicava alla preghiera e alla penitenza, mostrando indubbi segni di vocazione religiosa. I primi studi li fece nel Collegio Romano che allora, dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, era diretto da sacerdoti secolari e nel 1798, indossata la talare, aderì alle più attive confraternite della città, distinguendosi soprattutto nell’Opera del Catechismo che organizzò nell’oratorio di Santa Maria del Pianto, dedicandosi poi a spiegare la dottrina cristiana ai “barozzari”, i carrettieri della campagna che avevano i loro depositi di fieno al Foro Romano nel cosiddetto “Campo Vaccino”. Inoltre, preparò gruppi di giovani scelti per l’insegnamento catechistico e animò iniziative di assistenza spirituale e materiale ai bisognosi e ai malati. Si deve a lui la rinascita dell’Opera di Santa Galla, della quale fu eletto presidente nel 1806. Due anni dopo, ricevuta l’ordinazione sacerdotale, intensificò l’apostolato fra le classi popolari trasformando la chiesina di Santa Maria in Pincis , alla Rupe Tarpea, in un fiorente centro di pietà.
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Quando Pio VII fu cacciato da Roma e deportato, il governatore francese impose al clero il giuramento di fedeltà a Napoleone, ma il santo rifiutò dicendo: «Non posso, non debbo, non voglioۘ». Per questo, insieme ad altri preti, fu incarcerato per circa quattro anni, prima a Piacenza, poi a Bologna, a Imola e infine nella rocca di Lugo. Caduto Napoleone, tornò al suo ministero romano occupandosi dei poveri, dei malati, dei detenuti e delle ragazze a rischio. Poi, quando papa Pio VII lo destinò alla predicazione delle missioni al popolo, per dedicarsi a questo ministero abbandonò la città, la famiglia ed ogni altro suo progetto. E qui dimostrò un talento straordinario: era tale l’afflusso di gente per ascoltarlo, che gli capitò di predicare fino a nove volte in una giornata. San Vincenzo Strambi, che gli fu accanto in alcune missioni, lo definiva «terremoto spirituale» e la gente «angelo di pace». Grazie al suo apostolato, benedetto da Dio con frequenti manifestazioni soprannaturali (tra cui casi sorprendenti di bilocazione ed elevazioni da terra quando celebrava la Messa), al suo passaggio rifiorivano la fede e la pietà cristiana. Bisogna dire che all’origine di questa capacità di attrazione c’erano alcune pratiche del tutto inedite: egli entrava nelle città al suono delle campane e alla presenza delle autorità, per attirare l’attenzione dei fedeli; inoltre, durante i quindici giorni della missione si flagellava due o tre volte in pubblico, e benché sofferente di stomaco non accettava cibi più digeribili né offerte di alcun genere; spesso anzi faceva distribuire ai poveri i pasti preparati per i missionari. Dopo aver trascorso la giornata confessando, visitando gli ammalati, i carcerati o gli istituti religiosi, dedicava gran parte della notte alla preghiera.
La sua predicazione era centrata soprattutto sulla devozione al Preziosissimo Sangue di Gesù - di cui divenne ardente apostolo - collegata anche al culto del Sacro Cuore che, nato all’inizio del secolo XVII, aveva conosciuto una enorme diffusione in Francia, in Polonia e poi in tutta Europa. Non minore il riferimento costante alla santa Vergine, di cui egli si era impegnato con voto a difendere l’Immacolata Concezione, e che fu da lui scelta a presiedere come guida tutte le sue missioni col titolo di “Madonna del Calice”. Con la sua immagine ottenne insperate conversioni e anche dei prodigi, come quella volta che, benedicendo il cielo con un quadro della Madonna, allontanò la pioggia ottenendo che, mentre pioveva tutto attorno, il popolo che lo ascoltava non si bagnò.
Il 15 maggio 1815, il santo fondò la congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, alla quale si iscrissero molti illustri personaggi tra i quali Giovanni Maria Mastai Ferretti, il futuro papa Pio IX. Nel 1834, inoltre, diede vita all’Istituto delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue, coadiuvato da santa Maria De Mattias, che lui stesso aveva chiamato a tale impresa. La congregazione maschile dovette purtroppo affrontare gravi difficoltà e ostacoli anche provenienti dal Vaticano: Leone XII, Pio VIII e il camaldolese Gregorio XVI non ritennero opportuno approvarne gli statuti, probabilmente influenzati e male informati dal partito avverso al santo. In particolare Gregorio XVI si dichiarò contrario alle basi stesse della congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Don Gaspare, a questo punto, decise di non insistere oltre per ottenere l’approvazione, che avvenne soltanto dopo la sua morte, quando lo stesso Pontefice che lo aveva avversato, accertata la falsità di tante accuse rivolte al Del Bufalo, non solo approvò l’Istituto, ma donò ai Missionari una casa in Roma e avviò i processi per la beatificazione del loro Fondatore.
Grande coraggio don Gaspare dimostrò anche nella lotta contro le società segrete, in particolare contro la massoneria, che erano fucine di un velenoso laicismo ateo. Nonostante le minacce di cui veniva fatto oggetto, e gli attentati alla sua stessa vita, egli non cessò mai di predicare, mettendo in guardia la gente della propaganda anticlericale, riuscendo anche a convertire intere logge massoniche.
Un’altra gravissima piaga dello Stato Pontificio era allora costituita dal brigantaggio, nato inizialmente come reazione all’occupazione francese, al fisco e alla leva obbligatoria, ma degenerato poi in criminalità organizzata. Leone XII, visto che i precedenti tentativi di eliminare il fenomeno non erano riusciti, affidò l’impresa al Del Bufalo il quale, con le sole armi della carità e della misericordia evangelica, passando molto tempo nelle campagne e nei piccoli centri incontrava singolarmente o a gruppi i briganti, dialogando con loro e conquistandone la confidenza: nella “Casa delle Canne” a Sonnino ne convinse molti a cambiare vita, evitando così che fossero condannati alla pena capitale.
Gaspare Del Bufalo morì a Roma il 28 dicembre 1837 nel palazzo Orsini sopra il Teatro Marcello. Il suo culto si estese rapidamente non solo a Roma ma anche in Francia, dopo la guarigione della nipote di Joseph De Maistre e gli scritti su di lui di san Pietro Giuliano Eymard, fondatore dei Sacerdoti e delle Ancelle del Santissimo Sacramento. Beatificato da Pio X nel 1904, fu canonizzato da Pio il 12 giugno 1954. Il suo corpo riposa a Roma nella chiesa di S. Maria in Trivio.
Angelo Montonati