22/08/2012
La fondatrice delle Suore di S. Dorotea nacque a Genova il 3 marzo 1809, terzogenita di sette figli, quattro dei quali diventarono sacerdoti, da genitori di profonda fede religiosa e di austeri costumi. Poiché era piuttosto gracile di fisico e alquanto timida, essi la affidarono alla protezione della Vergine recandosi al santuario della Madonnetta sul colle della Carbonara. Paola imparò a leggere e a scrivere dal fratello don Giuseppe, che avrebbe fondato la congregazione dei Figli di Santa Maria Immacolata (Giovanni Paolo II lo dichiarò “Venerabile” nel 1991); purtroppo, sui dodici anni le morì la mamma e lei dovette assumersi la cura della casa, senza però cambiare stile di vita, partecipando quotidianamente alla Messa e facendo la Comunione, oltre a digiunare tutti i sabati e alla vigilia della festa dell’Immacolata.
A vent’anni seguì don Giuseppe, nominato parroco a Quinto a Mare, aprendo in canonica una piccola “scuola di carità” per raccogliere le fanciulle povere della strada e dar loro un minimo di istruzione catechistica e di pratica nei lavori femminili. Questa attività le consentì di stringere amicizia con alcune compagne con le quali maturò l’idea di dar vita a un istituto religioso nel quale fosse possibile entrare anche senza dote. Si consigliò per questo con don Giuseppe, con don Luigi Sturla, altra bella figura di sacerdote genovese, e con il gesuita Antonio Bresciani, che le furono di grande aiuto nel superare le molte difficoltà iniziali.
Il 12 agosto 1834 con poche “sorelle” Paola iniziò la vita di comunità in una casetta presa in affitto da don Giuseppe. Nella primavera dell’anno successivo capitò a Genova il Venerabile don Luca Passi, un nobile bergamasco che aveva avviato l’Opera di Santa Dorotea per la formazione della gioventù femminile in collaborazione con la parrocchia; dopo aver conosciuto Paola e i suoi progetti, egli la convinse a prendersi cura della sua Opera: da allora il nascente istituto lasciò la denominazione iniziale di Figlie della Santa Fede per quella definitiva di Suore di Santa Dorotea. Con le sue prime compagne, la santa aprì a San Teodoro, con l’aiuto di don Sturla, un convitto per fanciulle povere e la comunità crebbe ancora: fra il 1839 e il 1839 con l’approvazione del vescovo cardinale Tadini, si fece la prima vestizione e si emisero i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza, ai quali Paola aggiunse anche quello di propagare l’Opera di S. Dorotea.
La congregazione continuava a svilupparsi e nel 1841 fu aperta una casa a Roma in un misero alloggio situato in un vicolo sopra una stalla di proprietà del principe Torlonia. Con la benedizione di papa Gregorio XVI, la santa insieme a due novizie, in assoluta povertà cominciò a propagare l’Opera di S. Dorotea nelle parrocchie romane. Anche qui non mancarono le difficoltà perché la Frassinetti, distaccandosi dalla linea tradizionale degli ordini religiosi femminili, innanzitutto accettava postulanti poverissime a cui non chiedeva la dote, purché fossero animate da vera vocazione. Gregorio XVI e il successore Pio IX, che ne apprezzavano lo zelo apostolico, la chiamarono poi a risanare alcuni conservatori femminili in decadenza morale e spirituale, che lei pazientemente trasformò in istituti educativi destinati a incidere profondamente sulle future generazioni della gioventù romana: primo fra tutti quello di S. Onofrio al Gianicolo, dove nel 1845 la santa trasferì il noviziato.
A causa dei gravi rivolgimenti politici – la proclamazione della Repubblica Romana e la fuga di Pio IX a Gaeta – una prima approvazione delle Costituzioni si ebbe soltanto nel 1860. Ma in precedenza la famiglia si era impiantata anche a Macerata, a Bologna e a Recanati; nel 1866 varcò i confini italiani per svolgere il proprio apostolato in Brasile, a Recife, su invito del vescovo di Olinda mons. De Medeiros, e cinque mesi dopo in Portogallo, a Lisbona per interessamento del gesuita padre Fulconis. La santa, che alcuni giudicavano temeraria per aver accolto questi inviti, affermava: «Quanto maggiori difficoltà vedo nascere, tanto più mi sento crescere la fiducia in Dio».
Negli anni successivi, le province del Brasile e del Portogallo furono in effetti le più fiorenti. In Italia, con il varo delle leggi eversive che sopprimevano gli istituti religiosi, Paola si mosse con prudenza e insieme con energia: ai tempi del “triumvirato” Mazzini-Armellini-Saffi, alcuni delegati del governo si presentarono a Sant’Onofrio dicendo alle suore che erano sciolte dai voti. Ma nessuna di esse si scompose e i delegati se ne andarono dichiarando: «È inutile, queste donne hanno bevuto il sangue dei Gesuiti». Durante la lotta fra Garibaldini e francesi per il possesso di Roma, la casa del Gianicolo corse il. rischio di essere bruciata ma la santa rimase in prima linea, limitandosi a esporre alla porta di ingresso l’immagine di San Giuseppe pregandolo che proteggesse le sue suore.
Le quali effettivamente non subirono alcun danno. Le biografie della santa (in particolare quella del Capecelatro) danno risalto allo spirito di carità da lei dimostrato verso tutti e insistono sull’episodio dell’acqua generosamente offerta anche ai “nemici” garibaldini. La crisi fu comunque superata e l’Istituto poté continuare l’attività educativa inserendosi nel sistema liberale nonostante i problemi creati dalla nuova legislazione scolastica.
Le grandi prove che la Frassinetti dovette affrontare ne delinearono la fisionomia spirituale che lei sintetizzava così nella sua espressione preferita: «Volontà di Dio, paradiso mio!». La croce non le venne mai meno, ma lei anziché affliggersene, ne gioiva: «Prega il Signore», scriveva a suo fratello Giuseppe, «che mi perdoni e mi dia qualunque castigo, ma mai quello di alleggerirmi della croce».
E come le grandi mistiche ripeteva spesso: «Patire, patire e in cambio del patire, nuovo patire». Stessi sentimenti comunicava alle sue figlie: «Avanti», diceva loro, «avanti allegre, , dietro Gesù per la via del Calvario… Voi amate tanto Gesù, e siccome non si può amare Gesù se non si ama insieme la sua croce, amate il patire… Se il Signore vi fa tanto patire, vi dà il segno più sicuro che vi ama tanto, tanto».
Il segreto di questo amore per la croce stava nella sua profonda devozione al Sacro Cuore di Gesù, al quale aveva consacrato l’Istituto nel 1872.
Col passare degli anni il suo fisico, anche a causa dei molti viaggi intrapresi per visitare le case da lei fondate, si era notevolmente indebolito. Negli ultimi mesi, ormai colpita da paralisi, madre Paola trascorreva lunghe ore in preghiera davanti al tabernacolo. Avrebbe voluto rinunciare alla carica di superiora, ma ne fu dissuasa dal suo confessore. Don Bosco, di passaggio a Roma, andò a trovarla e disse alle Dorotee che la corona dei meriti della loro madre era ormai compiuta. Paola si spense infatti l’11 giugno 1882 nella casa di Sant’Onofrio, nella cui cappella – ai piedi della stratua della Madonna che lei vi aveva collocato a ricordo della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione - tutt’oggi si conserva il suo corpo incorrotto. Fu beatificata da Pio XI nel 1930 e canonizzata da Giovanni Paolo II l’11 marzo 1984.
Angelo Montonati