Giudizio, “meriti” e salvezza eterna

In che modo si deve comprendere il concetto di “meriti” secondo il quale ciascuno avrà il premio o la pena eterna?

15/12/2012
Risponde il teologo Giordano Frosini.
Risponde il teologo Giordano Frosini.

In che modo si deve comprendere il concetto di “meriti” secondo il quale ciascuno avrà il premio o la pena eterna?

Andrea C. - e-mail

Il discorso sul merito è andato sempre di più chiarendosi con l’andare del tempo. È vero che il termine veniva usato, oltre che dai teologi, anche dal magistero e addirittura dalla liturgia. Per non essere fraintesi, si era costretti però a servirsi di distinzioni difficilmente comprensibili al lettore non specializzato. Sant’Agostino, a cui dobbiamo sempre risalire in questioni di questo genere, ne aveva già precisato bene la natura con le parole: «Fecisti tua dona nostra merita», che significano che i nostri meriti sono essenzialmente un dono di Dio. Per questo, a scanso di equivoci, è forse meglio abbandonare lo stesso termine, che risente molto del linguaggio contrattualistico e giuridico, e servirsi di altri termini più biblici ed ecumenici, come “ricompensa”, capace di valorizzare anche l’indispensabile collaborazione dell’uomo. Come ci ricorda il Vangelo di Luca, quando abbiamo fatto tutto quello che era necessario, diciamo pure: «Siamo servi inutili».

Giordano Frosini
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Postato da Ferrodastiro il 28/12/2012 14:38

Potrà sembrare un invito al disimpegno ma "meriti" che ci guadagnino la vita eterna non possiamo averne se non quelli di Gesù, stesso: questi "maturiamo" però solo quando incarniamo il Cristo e le parole, le opere, omissioni, e i pensieri, tutti veramente "nostri" li ha compiuti Gesù attraverso noi. Della mistica mussulmana Rabi`ah al`Adawiyya mi commuove sempre: « Dio mio, se Ti amo per paura dell'inferno, bruciami nell'inferno; e se Ti amo nella speranza dei paradiso, escludimi dal Paradiso. Ma se Ti amo per te solo, non nascondermi il Tuo volto».

Postato da LucianoT il 16/12/2012 20:03

"Poiché questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri". (1 Gv 3,11). Questo dovrebbe bastarci. La dottrina dei "novissimi", argomento ormai quasi scomparso dalle omelie, dovrebbe essere proposto, riproposto ai cristiani, ma con una sottolineautra: non si ama per timore (o per ottenere un premio dovuto ai "nostri" meriti), ma per amore gratuito. La "ricompensa" è la conseguenza di quel che vivamo ora, adesso, qui su questa terra, non nella paura di sbagliare, ma nella gratuità dell'amare chi vive accanto a noi; quel che saremo "dopo", non dovrebbe interessarci più di tanto, poichè "chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui" (1Gv 3,24).

Postato da Andrea Annibale il 14/12/2012 11:39

In un angolo del nostro cuore (che, come dice il salmista, il Signore istruisce anche di notte) ci sono meriti nascosti da valorizzare. L’uomo naturale può avere meriti di fronte a Dio? Penso di sì, altrimenti non verrebbe offerta a nessuno la fede. I meriti sono indipendenti dai meriti di Cristo e allo stesso tempo ad essi collegati. Indipendenti, perché la dignità, la libertà, la ragione e la coscienza dell’uomo sono indirizzati dall’io, all’oscuro da Dio stesso. Collegati, perché come anelli di una catena, la luce di Cristo ci conduce, tramite lo Spirito, nelle vie della nuova creazione, cioè del Regno di Dio che Gesù ha spalancato con la Sua morte e risurrezione. I nostri meriti sono un nulla di fronte alla Gloria del Signore ed allo stesso tempo sono presso Dio, come perla preziosa. Sono un nulla perché la maestà del Signore opera in noi al di là della nostra immaginazione. Sono la cosa più preziosa che abbiamo presso Dio perché la carità di Dio è la valorizzazione stessa dei nostri meriti. P.S. Non sono un teologo di professione. Mi scuso con il Teologo Giordano Frosini e con i lettori se ho scritto cose sbagliate. Eventualmente, non pubblicatemi. Ciao a tutti. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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