06/10/2011
È moralmente ed evangelicamente corretto scandalizzarsi e indignarsi per i peccati privati di un uomo politico, nel caso che la conoscenza pubblica provenga da intercettazioni telefoniche (pertanto a insaputa dell’interessato) e soprattutto quando non vi sia concidenza tra peccato e reato?
Paolo F.
La morale è una sola e vale tanto nel privato come nel pubblico. La condotta privata, anche dell’uomo politico, ha diritto alla riservatezza e a non essere portata in piazza con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo.
Può accadere che quanto viene alla ribalta non sia reato, vale a dire non abbia a che fare con il Codice penale.
Questo non toglie che abbia a che fare con il codice morale e, quindi, sia oggetto di riprovazione e di scandalo. Nessuno, meno che meno il politico, può difendersi avallando una doppia morale: una nel privato che riguarderebbe solo lui, e una nel pubblico. Teorizzare una dissociazione del genere fa perdere credibilità a chi ha responsabilità pubbliche.
Da un punto di vista umano e cristiano, l’indignazione non muove dall’odio e dalla vendetta, ma dall’esigenza della verità nella carità: né l’una senza l’altra. Attendere che la giustizia faccia il suo corso è un giusto atteggiamento. Si esige, tuttavia, che il Tribunale giudiziario competente non sia oggetto di anticipata diffamazione.
Luigi Lorenzetti