Indignazione per i peccati privati

06/10/2011

È moralmente ed evangelicamente corretto scandalizzarsi e indignarsi per i peccati privati di un uomo politico, nel caso che la conoscenza pubblica provenga da intercettazioni telefoniche (pertanto a insaputa dell’interessato) e soprattutto quando non vi sia concidenza tra peccato e reato?
Paolo F.

La morale è una sola e vale tanto nel privato come nel pubblico. La condotta privata, anche dell’uomo politico, ha diritto alla riservatezza e a non essere portata in piazza con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo. Può accadere che quanto viene alla ribalta non sia reato, vale a dire non abbia a che fare con il Codice penale.

Questo non toglie che abbia a che fare con il codice morale e, quindi, sia oggetto di riprovazione e di scandalo. Nessuno, meno che meno il politico, può difendersi avallando una doppia morale: una nel privato che riguarderebbe solo lui, e una nel pubblico. Teorizzare una dissociazione del genere fa perdere credibilità a chi ha responsabilità pubbliche.

Da un punto di vista umano e cristiano, l’indignazione non muove dall’odio e dalla vendetta, ma dall’esigenza della verità nella carità: né l’una senza l’altra. Attendere che la giustizia faccia il suo corso è un giusto atteggiamento. Si esige, tuttavia, che il Tribunale giudiziario competente non sia oggetto di anticipata diffamazione.

Luigi Lorenzetti
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Postato da giusgott il 18/02/2012 19:38

Non penso proprio di cercare pagliuzze negli occhi dei politici considerando che ogni mattina, a stento, devo togliere una trave dai miei.

Postato da Andrea Annibale il 07/10/2011 01:55

Il problema non è né di fare a gara con i protestanti per vedere chi è più fedele al Vangelo nel senso di un puritanesimo bacchettone, né di fare a gara con gli ex comunisti per vedere chi è moralmente migliore. Vorrei rifarmi invece al concetto di adulterio, come questo termine può essere utilizzato in riferimento alle eresie e all’adorazione degli idoli: entrambe le situazioni evocano una sostanziale apostasia del battesimo e della fede cristiana. Si tratta della forma più grave immaginabile di adulterio: definire sabotatore chi si limita a rievocare e precisare l’autenticità dell’identità religiosa, qualunque essa sia, ridicolizzare implicitamente le posizioni dei vescovi, porsi contro la Chiesa, pretendere di fare l’eucarestia e poi tenere comportamenti che, smentendo l’eucarestia, adulterano pubblicamente il significato stesso dell’essere cristiani. Probabilmente, il cattolicesimo si avvia a non essere più il collante morale del Paese nei prossimi decenni e secoli, per effetto del declino demografico e dell’avanzare di identità laiche e religiose alternative. Si dovrà però pur sempre salvaguardare il diritto a vivere in modo per l’appunto non adulterato la propria identità religiosa. Con l’adulterare tale identità, si nega in sostanza la libertà stessa di religione che è parte e fondamento della libertà più in generale. La risposta non può che essere durissima e decisa come chiarito in modo esemplare dal Cardinale Bagnasco a nome di tutta la comunità cattolica italiana. Facebook: Andrea Annibale Chiodi; Twitter: @AAnnibale.

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