La bestemmia è un peccato grave?

08/10/2010

Tutti i peccati mortali offendono ugualmente Dio oppure esiste una loro gradualità? Ad esempio: chi bestemmia e chi uccide, nel pieno possesso delle proprie facoltà, arreca la stessa offesa e merita la stessa condanna?
Vincenzo C. - Roccella Jonica

La distinzione fondamentale che bisogna aver presente nella concezione del peccato è quella posta nel linguaggio della tradizione cristiana fra “peccato mortale” e “peccato veniale”. Nel primo caso si compromette radicalmente il rapporto di amicizia con Dio, nel secondo esso viene incrinato, ma non del tutto spezzato.

    Possiamo pensare questa realtà del peccato in analogia con l’amicizia umana, che può essere spezzata da un singolo gesto forte di rottura, quale una grave offesa perpretata verso l’amico, ma anche può essere compromessa da una serie di disattenzioni, che portano gradualmente alla fine del rapporto. E tuttavia non dobbiamo dimenticare che non c’è atto umano, per quanto efferato, che possa spegnere l’amore infinito di Dio, che si manifesta nel fatto che proprio mentre siamo peccatori, Egli ci ama e ci offre la sua salvezza, come recita la Lettera ai Romani (5,7-11):

    «Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione»”.

    Lungi dal deresponsabilizzarci, questa prospettiva dell’infinito amore misericordioso di Dio, viene, al contrario, a renderci attenti e vigilanti, in quanto, se da parte di Dio non c’è nulla che possa spegnere il fuoco del suo amore per noi, la sua alleanza mette sempre in gioco la nostra libertà e chiede di essere accolta dall’uomo. Il rifiuto di questa accoglienza è il peccato, che ha il potere di spezzare da parte dell’uomo il legame con Dio.

    Certo anche fra i peccati cosiddetti mortali o gravi vi è una gradualità e una sorta di gerarchia. L’immaginario credente di Dante ha espresso mirabilmente la pluralità delle forme del peccato mortale nella rappresentazione dei gironi e delle bolge infernali, sempre più profonde e sempre più vicine al grande tentatore (Lucifero), che abita il cuore dell’inferno dantesco. Si tratta ovviamente di una concezione che riflette il contesto culturale e teologico del Medioevo dantesco, ma che ha il vantaggio di farci riflettere sulle diverse situazioni di peccato che attraversano l’esistenza umana.

    Dal nostro punto di vista, la gradualità delle colpe mortali può essere ordinata e, se si vuole, gerarchizzata, tenendo conto della maggiore o minore irreversibilità di certe azioni e del loro riferimento alle persone. Per restare nell’esempio addotto nella domanda: un bestemmiatore può certamente attingere il perdono di Dio e convertirsi, diventando “segno” per le persone che l’hanno sentito bestemmiare della possibilità della conversione, laddove un assassino, può certamente anch’egli ricevere il perdono del suo peccato, ma non potrà riportare in vita la persona o le persone che ha ucciso.

    L’irreversibilità del suo peccato indica una gravità certamente maggiore di quella del bestemmiatore. L’intangibilità della vita umana, che sta tanto a cuore alla Chiesa, riflette la necessità di custodire un valore assoluto, nel rispetto del quale si mostra l’accoglienza e la fede nel Dio della vita, in quanto la sua gloria è l’uomo vivente. In questo senso l’omicidio si configura come una forma suprema di bestemmia e i peccati contro la persona hanno una valenza di gravità certamente maggiore rispetto ai peccati che riguardano le cose.

    A condurci lontano dal peccato non dovrà essere tanto la meditazione della maggiore o minore gravità delle pene che ci attendono, quanto piuttosto il fatto che, nell’esercizio della nostra libertà, possiamo compiere degli atti irreversibili, che compromettono profondamente la nostra esistenza e quella degli altri.

Pino Lorizio
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Postato da Dio è amore il 09/11/2010 14:28

Vorrei rispondere al messaggio di C&C :mi permette di dirle la mia modesta opinione?Lei lavora sicuramente molto più di me e sono lieto che si pente dopo aver detto brutte parole,però ritengo che un conto sia autoassolversi ed un conto sia farsi assolvere da Dio attraverso la confessione.Dio ama e perdona tutti,senza alcun dubbio,ma è anche importante che si avvicini a Lui l'uomo e,a tal proposito,esiste il grandissimo dono che Dio ci fa attraverso i suoi sacri ministri(la confessione appunto).Perchè ha ritenuto che Gesù difendesse più gli indifesi che l'Onnipotente(Suo e nostro Padre)?Cordiali saluti.

Postato da zanardi loredana il 09/10/2010 21:22

a me ha dato fastidio il fatto che a raccontare la barzelletta blasfema fosse un vecchietto,un nonno,che invece dovrebbe essere d'esempio,anche e soprattutto in privato

Postato da C&C il 08/10/2010 21:51

Cara Famiglia Cristiana, posso dire la mia facendo un po’ di onesto outing? Se nell’arco delle 10 o 12 ore che per 6 gg alla settimana dedico al lavoro mi tiro una martellata su un dito, mi puo’ capitare che mi scappi qualche moccolo. Scusate ma e’ cosi’. Me ne pento e me ne dolgo ma mi puo’ capitare. Pero’, dopo che mi e’ passato il dolore, me ne dispiaccio e tengo un po’ il broncio con me stesso. Mi vien da chiedere scusa, a volte lo faccio ma non mi sono mai confessato per questo. Riflettendoci, mi sono reso conto che regolarmente mi autoassolvo pensando che sono fedele a mia moglie, alla mia famiglia, non sono mai entrato in un osteria, pago le tasse (tutte) e il rimanente finisce tutto (ho detto tutto, non fumo nemmeno) in Casa. Se la martellata per un attimo mi acceca, pazienza: sono fatti miei e del Signore e vedra’ Lui se perdonarmi oppure no. Un altra cosa e’ bestemmiare per far ridere degli sciocchi di un’offesa fatta ad una Donna (che mi sembra integerrima) che non puo’ nemmeno difendersi: quella e’ premeditata con parecchi aggravanti. Mi auguro che il Signore ne tenga conto, non tanto per la bestemmia in se’ (d’altronde ha fatto ben di peggio quello li’) ma per l’offesa a una donna. In fondo, mi pare che Gesu’ difendesse piu’ gli indifesi che l’Onnipotente. Non voglio giustificare la bestemmia, per carita’, pero’ mi sembra giusto evitare certe ipocrisie e considerare prioritaria la difesa di una Donna rispetto a quella di Dio che sapra’ fare i Suoi interessi. Saluti.

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