La confessione: un facile colpo di spugna?

17/12/2010

La Chiesa vede nel peccato un’offesa a Dio. In realtà quasi sempre c’è un’offesa o un danno a una persona. Ora, se la condizione per il perdono è la riparazione dell’offesa, non si dovrebbe applicare quell’invito di Gesù: prima di accostarti all’altare, va e riconciliati con il fratello?
Adamo B. - Torino

Un certo modo di “usare” il sacramento della Penitenza può aver portato a credere che la confessione dei propri peccati sia un modo facile e sbrigativo per mettersi “a posto” la coscienza. L’individualismo che caratterizza la nostra società ha intaccato sovente anche il nostro modo di essere cristiani facendo dimenticare la dimensione ecclesiale (= comunitaria) della nostra fede e riducendo sovente il nostro rapporto con Dio a una faccenda esclusivamente privata ed emotiva. Una deriva che ha intaccato un po’ tutti i sacramenti e in particolare il sacramento della Penitenza o confessione che finisce per esaurirsi all’interno di un angusto confessionale.

Ora, questo sacramento non ha proprio nulla da spartire con il condono fiscale per il quale si paga una multa e ci si mette al riparo dalle sanzioni previste dalla legge. Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma che per ristabilire la nostra piena comunione con Dio non è sufficiente confessarsi; è necessario avere il sincero pentimento del male commesso (= contrizione) e anche il proposito altrettanto sincero di fare il possibile per evitarlo in futuro.

In altri termini, la conversione, cioè il pentimento e il sincero desiderio di migliorare il proprio comportamento sono più importanti della confessione, anzi, sono condizione indispensabile per ottenere il dono della riconciliazione.

    È più che opportuno eliminare anche un altro malinteso che impedisce una corretta comprensione e celebrazione di questo sacramento. Fin dai primi anni di catechismo impariamo che il peccato è “un’offesa a Dio”. È un’immagine molto umana (=antropomorfica) e inevitabile per poter parlare di Dio, realtà che supera infinitamente le nostre capacità conoscitive. Dio è talmente “altro” e “alto” che nessuna nostra azione può arrivare a “offenderlo” direttamente.

Uno dei tanti prefazi che costituiscono l’esordio della preghiera eucaristica nella Messa proclama: «Tu, o Dio, non hai bisogno della nostra lode... i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva» (Prefazio comune IV).

Come le nostre lodi non accrescono la gloria di Dio, ma aprono il nostro cuore a ricevere il dono della sua salvezza, così i nostri peccati non la diminuiscono, ma offendono l’immagine di Dio presente in ogni creatura umana, a cominciare dall’immagine di Dio che è in colui che compie il male. Il vero peccato, oltre a essere un’offesa alla propria dignità, è sempre un’azione che esprime il disprezzo verso Dio attraverso il disprezzo del prossimo. «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20).

D’altra parte l’immagine con la quale Gesù ha voluto presentarci il giudizio ultimo sulla nostra vita terrena fa unicamente riferimento alle azioni con le quali lo abbiamo amato oppure offeso nel nostro prossimo: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato... » (Mt 25,31-46).

Ecco perché la vera conversione si manifesta attraverso la riparazione del male commesso, per quanto possibile, direttamente o indirettamente. Il rito della Penitenza, infatti, prevede la “soddisfazione” chiamata comunemente “penitenza”. Azione riparatrice che, a forza di essere ridotta alla semplice recita di qualche preghiera, anziché farne un gesto contrario al male commesso, ha finito per condurre alla svalutazione del sacramento insinuando la convinzione che la confessione sia un comodo “colpo di spugna”.


Dizionario minimo

Antropomorfismo
Dal greco ànthropos (= uomo) e morfé (= forma) è un immagine umana con la quale noi cerchiamo di esprimere il mistero e l’agire di Dio.

Contrizione
Dal latino contritio (= afflizione) è il sincero dolore per il male commesso, accompagnato dal proposito di evitarlo in avvenire.

Soddisfazione
Dal latino satisfactio (= riparazione, risarcimento) è il gesto penitenziale, chiamato anche penitenza, con il quale si intende riparare o comunque “controbilanciare” il male commesso.

Silvano Sirboni
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

Postato da Francg il 30/12/2010 18:37

E' tutto vero! Tutti i peccati sono una offesa a Dio. E, certamente non solo la sterile confessione può assolvere la nostra coscienza. Il fatto che più mi sconcerta invece, è la nostra voce che grida nel deserto e che non denuncia apertamente e senza timori chi approfitta del proprio ruolo sia politico che professionale. Il Battista e poi Gesù hanno sempre denunciato qualsiasi tipo di ipocrisia e chi conosce la storia anche a costo della propria vita. Quindi non abbiamo paura di perdere qualcosa e siamo meno ipocriti : Anatema a te e guai a te ....... sono parole che già da tempo sono state dimenticate.

Postato da Franco Salis il 20/12/2010 19:10

“In altri termini, la conversione, cioè il pentimento e il sincero desiderio di migliorare il proprio comportamento sono più importanti della confessione, anzi, sono condizione indispensabile per ottenere il dono della riconciliazione” Ho riportato per intero questa frase perché non vedo cosa ci sia di nuovo. Io sono stato educato in questa maniera: tutte le domenica prima della Messa i bambini si accostavano alla confessione che comportava il riconoscimento delle “mancanze”(chiamare peccati quelle mancanze in un bambino di dieci anni mi sembra fuori luogo) cioè offese fatte a Dio. Fuori dal confessionale Il sacerdote consacrato o un suo delegato spiegava che le “offese fatte a Dio non possono intaccarne la dimensione divina,perché essendo quella infinita non poteva essere intaccata da peccati anche gravi ma comunque “finiti”.Era un modo efficace per proclamare che Dio è bontà infinita. Seguiva la presentazione del “fioretto” cioè una azione buona fatta durante la settimana (per esempio un aiuto ad una persona anziana in difficoltà).Seguiva da parte del penitente l’atto di contrizione e quindi l’assoluzione. Successivamente ,quando l’età ne consentiva la comprensione,veniva inserito il mistero della Croce. L’uomo va incontro a sofferenze di varia natura,è oggetto di malattie, di denigrazione,offese,aggressioni etc. Dopo un primo momento di turbamento,connesso con la natura umana,perché non offrire subito quelle sofferenze a nostro Signore e rendere grazie per averci fatto dono della Sua natura? Pongo una domanda chiaramente retorica: chi pecca di più, colui che omette la partecipazione alla Messa domenicale,ma si porta a casa l’anziano genitore e lo accudisce in ogni esigenza o colui che frequenta regolarmente la Messa domenicale e sistema in un ospizio l’anziano genitore? Considerando che ogni bene viene da Dio,ed essendo la cura dell’anziano genitore un bene,è azzardato dire che Dio ha già perdonato (avvenuta riconciliazione) quel cristiano,che ha accudito il genitore? Molti cristiani,certamente oggi più numerosi di ieri, sono “disturbati”. Come pretendere da questi la “severità” che ancora qualche vecchio sacerdote esige? Questa domanda mi consente di concludere la riflessione. La Chiesa, intesa nella sua espressione di gerarchia (Pontefice e collegio cardinalizio) deve fare una serena profonda riflessione sul proprio modo di essere in termini globali. Se vuole essere missionaria , non può limitarsi a manifestare afflizione per il tristissimo fenomeno delle pedofilia da parte dei preti,perché così facendo potrebbe indurre il Popolo di Dio a temere che voglia ancora una volta nascondere altri e forse più gravi peccati? Ho un sogno:che tutti insieme a partire dalla gerarchia un giorno non lontano possiamo dire con Maria:L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore.

Postato da Andrea Annibale il 18/12/2010 20:00

Non so se il mio intervento verrà pubblicato perché non attiene direttamente il tema della Confessione. Tuttavia lo sottopongo perché vi è collegato in qualche modo. C’è un mistero per cui il giusto rimane tale nonostante il fatto che sia un peccatore. Il malvagio rimane malvagio ed è pure lui un peccatore, perché tutti pecchiamo, solo Cristo era esente dal peccato. Forse la risposta a questo mistero è nella frase riportata da San Paolo “il giusto vivrà mediante la fede”. La confessione, a mio avviso, rimette il peccato non tanto perché ci si impegna nel caso concreto a rimediare – cosa peraltro indispensabile – ma perché è una delle manifestazioni di questa vita nella fede, essendo noi per grazia di Dio, per un dono misterioso del Suo Spirito, giustificati dalla Grazia. Vivere mediante la fede significa tre cose: professare la fede con la bocca (Gesù dice “pregare sempre”), credere con il cuore che Gesù è risorto dai morti (come ricorda San Paolo), praticare i sacramenti. Nella fede c’è e si trova, giustificati dalla Grazia, tanto il proposito di non peccare più come il sincero pentimento per l’atto commesso. Perché il giusto rimanga tale nonostante i suoi peccati è uno di quei misteri per discernere i quali bisognerebbe conoscere la mente di Dio, “i cui pensieri sovrastano i nostri pensieri”. E’ un po’ lo stesso mistero per cui Dio gradiva i sacrifici di Abele il giusto e non quelli del fratello Caino. Ecco perché, secondo me, la confessione va vista, ripeto, alla luce di quella vita nella fede, da cui non può essere scissa, secondo il già ricordato motto paolino “il giusto vivrà mediante la fede”. Questo legame è affermato da vari passi della Scrittura e della liturgia della Chiesa. Mi limito a ricordarne alcuni. Se Dio considera i nostri peccati, chi potrà sussistere? Signore, guarda alla fede della tua Chiesa e non ai suoi peccati. Beato l’uomo cui Dio perdona molto. Dio perdona molto all’uomo che molto ama. Sono tutte espressioni, quelle ricordate, che esprimo la vita nella Grazia di Dio, dono di incommensurabile valore, più importante dei nostri peccati, tanto che il giusto non cessa di essere tale a causa di singoli peccati che possa commettere. Ciao. Spero di non essere andato fuori tema.

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati