Le fiamme dell'inferno

17/08/2012

A proposito dell’inferno, Gesù parla di fuoco, pianto e stridore di denti. Non sono solo immagini, ma realtà.

Sergio M. - Reggio Calabria

La presentazione che oggi si fa dell’inferno è certamente diversa da quella del passato. Ma non è in questione la fede fondamentale della Chiesa, che rimane identica nei suoi aspetti essenziali: l’esistenza, l’eternità, la presenza delle due pene. Che l’inferno sia una condizione, uno stato, e non un luogo fisico creato appositamente; che la sua essenza sia costituita dalla perdita di Dio; che il fuoco sia un’immagine per esprimere la partecipazione della natura (e del corpo) alla pena del dannato (ci pensi meglio: anche i testi da lei citati usano due immagini diverse e in qualche modo contraddittorie, il fuoco e lo stridore di denti: aggiunga anche le tenebre esteriori e il verme che rode); che l’inferno non sia una condanna di Dio, ma una scelta della libera volontà dell’uomo, sono affermazioni ormai usuali nella teologia e nella catechesi. Se vuole un testo ufficiale su questi temi, legga il Catechismo dei Vescovi tedeschi, a cui hanno collaborato eminenti teologi, fra cui anche Joseph Ratzinger.

Giordano Frosini
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Postato da Andrea Annibale il 18/08/2012 11:12

Non possiedo il Catechismo dei Vescovi tedeschi. Sono però largamente d’accordo con la risposta di Giordano Frosini. Tuttavia, le immagini evangeliche mi paiono complementari più che contraddittorie. Si deve a mio avviso coordinare l’essenza stessa del giudizio di Dio con la autoesclusione dalla presenza di Dio. Non si potrà mai arrivare ad affermare che l’uomo conosce il proprio cuore meglio di come lo conosce Dio. Perciò, Dio non può essere ridotto ad un notaio (un’immagine che ho già usato in passato) inutile della volontà dell’uomo perché altrimenti non è più Dio che scruta i cuori e giudica la malvagità o la bontà dei medesimi. Inoltre, come può esplicarsi la misericordia del Signore, se Dio stesso non ha alcun margine di libertà di fronte al peccato? Perciò, come ho già fatto in passato, considero “causa remota” il peccato mortale (l’autoesclusione) e “causa efficiente” della dannazione il giudizio di Dio. Un sacerdote mi ha detto che lo stesso San Tommaso di Aquino dice che Dio, giudicando l’anima dannata, fa una cosa santa “perché così si adempie la giustizia stessa di Dio”. L’inferno mantiene una valenza ambivalente: sconfitta del piano salvifico di Dio per l’anima dannata e conseguente dolore di Dio per la dannazione della singola anima ed, allo stesso tempo, orizzonte di giustizia in base al quale il male che sperimentiamo sulla Terra non ha l’ultima parola. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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