30/07/2010
Ho seguito le celebrazioni sull’Anno paolino, conclusosi senza che nessuno accennasse alle tante affermazioni misogine di san Paolo. Se penso a lui non mi vengono in mente la caduta da cavallo, l’inno alla carità e la missionarietà, ma la sua conclamata disistima per le donne.
Giusi C. – e-mail
Su questo tema Paolo può essere letto e interpretato – come di fatto è successo – in modi opposti, sia come uno dei principali detrattori del ruolo e del ministero della donna nella famiglia e nella Chiesa (e pertanto, una delle cause della sua discriminazione nella società di matrice cristiana), oppure come il primo chiaro propugnatore del principio di uguaglianza tra l’uomo e la donna.
Dalla domanda della lettrice si deduce che comunemente a prevalere è ancora il primo punto di vista; questo è il segno che da una parte gli studiosi non sono riusciti a sciogliere del tutto questa tensione che emerge dai suoi scritti, dall’altra che molte delle acquisizioni della scienza biblica e del magistero della Chiesa non sono ancora entrate “in circolazione”. Per cui conviene dedicare un po’ di spazio e affrontare l’argomento in una serie di articoli (sei in tutto, che pubblicheremo nel tempo).
Innanzitutto se parliamo di “Paolo e le donne”, va osservato come i testi in questione, che a una cultura moderna di uguaglianza risultano più “antipatici” nei riguardi delle donne, si trovano soprattutto nelle cosiddette lettere deuteropaoline e pastorali (Colossesi ed Efesini, 1-2Timoteo e Tito), che non hanno direttamente Paolo come autore1. Specialmente per queste ultime andrebbe fatto un discorso a parte, in quanto evidentemente riflettono un'epoca diversa, posteriore, con gli autori che manifestano una viva preoccupazione di fronte a delle crisi di carattere dottrinale e autoritativo (cf. le raccomandazioni a rigettare errori e a “custodire il deposito”; a rispettare le autorità familiari ed ecclesiali eccetera).
Anche la considerazione della donna risente di questo clima di apprensione, così che per favorire la pacificazione e l'ordine ecclesiale, forse in un eccesso di prudenza, si pensa di “restringere il suo campo di azione”.
Il dramma è che quelle frasi hanno senz’altro influito nell'interpretazione discriminante del ruolo della donna nella Chiesa e nella società.
Limitando per il momento il campo ai testi paolini ormai comunemente considerati autentici (1Tessalonicesi, 1-2Corinti, Filippesi, Filemone, Galati, Romani), troviamo delle affermazioni sulle donne soltanto nella 1Corinti ai capp. 7, 11 e 14 e in Galati 3,28, e comunque l’argomento non viene mai esplicitamente messo al centro della trattazione.
Se egli ne parla è per rispondere a domande sul matrimonio (1Cor 7), o per risolvere problemi contingenti, di carattere “disciplinare”, riguardanti cioè il comportamento delle donne nelle assemblee (1Cor 11 e 14); oppure – e qui abbiamo un brano che si staglia su tutti gli altri (Gal 3,28) – per esprimere le sovvertitrici conseguenze del Battesimo che realizza l’unità in Cristo conferendo una stessa dignità alle persone, al di là delle differenze etniche (giudei e greci), sociali (schiavi e liberi) e sessuali (uomini e donne).
In altre due lettere, Filippesi e Romani, nelle sezioni finali, al momento delle raccomandazioni e dei saluti, Paolo nomina alcune donne per nome, attribuendo loro interessanti qualifiche che riguardano il loro ministero di collaboratrici nell’evangelizzazione.
(1 – continua)
Note:
1Queste lettere, naturalmente, restano a far parte del canone neotestamentario e per molti cristiani continueranno a essere considerate “paoline”. Occorre però distinguere da questo materiale “post-paolino” i testi che hanno sicuramente Paolo come autore. In Efesini e Colossesi si trovano i testi che parlano della sottomissione della moglie al marito (Ef 5,22; Col 3,18); in 1Tm 2,11-15 si trova il testo più forte nella “limitazione di spazio” alle donne: si mette insieme silenzio e sottomissione; in vari altri brani delle lettere pastorali, ad esempio in 2Tm 3,6-7 si usano parole offensive per stigmatizzare certe donne con comportamento riprovevole; in Tt 2,3-5 si tratta di avvertimenti e limitazioni nel loro campo d'azione.
Giuseppe Pulcinelli