14/07/2011
Vorrei una parola chiara sul
riconoscimento di nullità del vincolo sacramentale del matrimonio.
Fiorenza Bajetto, e-mail
Quando uno dei due contraenti il matrimonio canonico (in gergo: la parte attrice) ha qualche fondato sospetto che il proprio (o altrui) consenso matrimoniale sia stato malamente espresso, perché viziato nella libertà, nella consapevolezza o mancante della piena accettazione delle proprietà essenziali o delle finalità istituzionali del matrimonio, ha il diritto di rivolgersi all’autorità della Chiesa (di solito la Curia o il Tribunale ecclesiastico del luogo ove abita) per chiedere una verifica circa la validità.
Se il sospetto è fondato, e viene qualificato in uno o più dubbi concreti, il Tribunale ecclesiastico regionale competente avvia una procedura giudiziaria che mira a fare verità sul matrimonio, rispondendo concretamente al dubbio proposto, esaminando le dichiarazioni dell’altra parte (la parte convenuta) e le prove documentali e testimoniali necessarie.
La procedura giudiziaria di primo grado si conclude con l’emissione di una sentenza che risponda positivamente (o negativamente) al dubbio iniziale. Se alla sentenza di primo grado positiva ne segue una seconda conforme, emessa da altro tribunale ecclesiastico regionale di appello (geograficamente distante), il matrimonio viene dichiarato “nullo”, cioè mai validamente contratto, e le parti sono libere di sposarsi nuovamente con vincolo religioso.
Se, invece, la sentenza di appello non è conforme al primo grado, ne occorre una terza, emessa stavolta da un Tribunale centrale vaticano (la Rota Romana) per arrivare a due sentenze che siano finalmente conformi. I tempi delle sentenze dipendono dal carico di lavoro dei tribunali locali.
Il costo delle cause e del patrocinio dell’avvocato sono fissati da apposite tabelle.
Mario Bonsignori