20/04/2012
Il cardinale Ennio Antonelli (a destra). Al suo fianco l'arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.
Secondo appuntamento ieri sera al Centro San Fedele di Milano del ciclo di incontri dal titolo “Dalla crisi economica alla speranza affidabile”. Organizzati dalla Fondazione Milano Famiglie 2012 e dal Sole 24Ore, la serata ha visto dapprima gli interventi di Giulio Boscagli, assessore alla Famiglia della Regione Lombardia, e di Maria Grazia Guida, vice Sindaco di Milano. «I cittadini europei e italiani continuano a credere molto alla famiglia e le famiglie, dal canto loro, anche in Lombardia hanno aiutato in questi mesi a tenere a galla la società», ha ricordato Boscagli riferendosi a recenti dati di Bankitalia secondo cui il primo ammortizzatore sociale per migliaia di giovani che hanno perso il lavoro sono state le rispettive famiglie. L’assessore ha ricordato l’idea di fondo che ha sostenuto l’azione della regione lombarda: «Ci siamo mossi non da una concezione di tipo assistenzialista ma considerando la famiglia un soggetto attivo della società: oltre 600 associazioni familiari e migliaia di progetti per una spesa di 88 milioni di euro spesi dalla Regione ci dicono come le famiglie associate tra loro possono meglio essere aiutate ad aiutarsi». L’assessore ha poi ricordato il recente rifinanziamento del Fondo Nasko, con 3 milioni di euro a sostegno della maternità, e il progetto “Fattore Famiglia”, che tiene conto negli aiuti da conferire ai nuclei familiari delle concrete situazioni familiari: numero di figli, anziani a carico, eventuali portatori di handicap, etc..
Maria Grazia Guida si è invece soffermata sul significato del termine “crisi” nella fase storica attuale. «Ci troviamo di fronte a un cupo pessimismo», ha detto la vice sindaco, «e pare che la crisi acquisti una dimensione non solo economica ma anche culturale ed educativa. Siamo chiamati a convivere con un presente denso di nebbia». La soluzione della crisi non sta solo nelle contromisure economiche secondo Guida, ma «coinvolge i nostri modelli sociali: il fine del profitto come unico scopo ha ridotto la responsabilità sociale, ci troviamo di fronte a un inganno culturale di un consumismo senza freni», che ha portato una distorsione del nostro giudizio sulla qualità del vivere. Occorre «rivalutare i comportamenti sobri, non solo quelli testimoniali di piccole élite culturali ma di una fascia sempre più larga di persone per incidere sulle strategie di sviluppo socio-economico nel senso più ampio». Non è mancata, infine, uno sguardo sull’attualità e sugli scandali che sconvolgono la politica: «Amministrare con coerenza il bene comune deve diventare la regola, soprattutto di fronte ai giovani», ha concluso la donna.
Il cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, ha ripreso le fila del discorso sottolineando l’importanza dei beni relazionali: «Nell’esperienza umana fondamentali sono i rapporti che riusciamo a costruire con gli uomini e con Dio». Non che il reddito non sia necessario, anzi, «ma da 30 anni in qua le analisi sociologiche dicono che quando si sta già bene economicamente non è detto – anzi! - che la felicità aumenti: gli affetti e le buone relazioni sociali contano a quel livello più del reddito». «L’attuale crisi economica internazionale è anche una crisi relazionale», ha aggiunto il prelato, «la logica unilaterale del massimo profitto a qualsiasi costo esaspera la concorrenza, ingigantisce le disuguaglianze di reddito, la corsa ossessiva alla produzione, ai consumi e alle transazioni finanziarie, mercifica le relazioni, i rapporti umani cessano di essere gratuiti». Il futuro richiama tutti allora verso l’aumento di quelle che Giovanni Paolo II chiamava “virtù sociali” - «il rispetto delle persone, la fiducia negli altri, la solidarietà, l’attenzione per i più deboli, il risparmio, l’attenzione all’ambiente» - ma anche «al risparmio delle risorse, alla lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, al maggiore impegno educativo da parte delle famiglie e delle istituzioni, a uno stile di vita più rispondente alla situazione attuale, armonizzando il lavoro esterno con il lavoro domestico e festa». E, infine, una proposta, non nuova ma provocante lo stesso: «Perché non contabilizzare nel Pil le attività svolte gratuitamente in seno alle società intermedie, come il lavoro domestico in famiglia?».
Aldo Bonomi (al centro)
Infine la tavola rotonda ha visto alternarsi per brevi interventi di Aldo Bonomi, fondatore e direttore dell’Istituto di Ricerca Aaster, dei sociologi Chiara Giaccardi e Giancarlo Rovati e di Bernhard Scholz, presidente della compagnia delle Opere. Bonomi
ha registrato il passaggio fondamentale da una famiglia con un certo
ruolo sociale, quello di migliorare la situazione dei suoi membri
muovendosi «con mezzi scarsi e fini certi, cioè la casa di proprietà e
il far studiare i figli» alla famiglia come ammortizzatore sociale.
«Attenzione a dire che la famiglia è in grado di risolvere il problema
della crisi», ha ammonito pessimistiamente, «la famiglia è il luogo in
crisi dove c’è una sorta di guerra civile molecolare se è vero che in
Italia muore una donna ogni tre giorni, segno che nelle relazioni
affettive c’è qualcosa che non funziona». Chiara Giaccardi, ha
ricordato che la parola “crisi” in cinese èspressa da due anagrammi che
significano cose solo apparentemente opposte: pericolo e opportunità.
«La crisi diventa opportunità per il futuro perché ci permette di
liberarci delle cose sbagliate», ha rilevato la sociologa. Che ha
aggiunto: «La famiglia può provocare, e di fatto provoca, dimensioni
patologiche del vivere comune che si chiamano familismo amorale,
rapporti particolaristici contro il bene comune, possesso per il
possesso, relazioni asfittiche». Insomma la famiglia rischia di
diventare «il luogo dove si massimizza il benessere individuale anziché
luogo di valorizzazione delle relazioni che sono di fatto irrevocabili,
asimmetriche e di dipendenza: insomma di non scelta. Eppure ci
costituiscono in modo fondamentale: dove tutto è revocabile la famiglia
ci offre un territorio dove le relazioni sono irrevocabili e ci
rieducano dalla morale del principio di autonomia imposto dalla
società».
Stefano Stimamiglio