03/06/2012
Sempre più negozi sono aperti anche di domenica (foto Ansa).
«Senza la domenica non
possiamo vivere».
A
dirlo furono già nel
quarto secolo i martiri di Abitene,
più volte citati da Benedetto XVI.
Nel 304 l’imperatore Diocleziano
da tempo aveva proibito ai cristiani,
sotto pena di morte, di possedere
le Scritture e riunirsi la domenica
per celebrare l’Eucaristia. Ma
nella piccola località dell’attuale
Tunisia 49 persone avevano sfidato
i divieti imperiali.
Arrestati
e condotti a Cartagine per essere
interrogati, dopo atroci torture furono
uccisi.
Fino alla fine avevano
ripetuto al proconsole, che gliene
domandava la ragione, quella frase
sulla quale varrebbe la pena di
riflettere non solo da cristiani, ma
più semplicemente da uomini e
donne di oggi in cui la domenica e la festa rischiano di perdere ogni
senso perché, come ha scritto il
Papa, «il mondo in cui ci troviamo,
segnato spesso dal consumismo
sfrenato, dall’indifferenza religiosa,
da un secolarismo chiuso alla
trascendenza, può apparire un deserto
».
Se la festa finisce e la domenica
rischia di diventare un giorno
come un altro, non sarà sufficiente a consolarci la possibilità di acquistare
un paio di calze in ogni
momento del giorno e della notte
perché avremo rinunciato a quel
settimo giorno che dà significato
a tutti gli altri, in un continuo rimando
tra tempo del lavoro, della
festa e soprattutto della famiglia, i
temi su cui ci ha invitati a riflettere
il Family 2012.