La famiglia, una casa ben costruita

Le relazioni del cardinal Ravasi e dell'economista Luigino Bruni hanno aperto il convegno teologico-pastorale al Family 2012.

30/05/2012
Il pubblico in sala durante la lectio magistralis del card. Ravasi
Il pubblico in sala durante la lectio magistralis del card. Ravasi

«L'uomo, apice del creato, viene creato nel sesto giorno, il numero dell'imperfezione, che significa il limite, la caducità e la mortalità. Il settimo giorno l'uomo esce dalla ferialità ed entra nella dimensione del canto, del riposo, del culto, della pienezza della festa. Solo così, cioè entrando e vivendo la festa, l'uomo diventa veramente uomo, segno visibile di pienezza. Se perdiamo la festa restiamo imprigionati nel sesto giorno, cioè nell'incompletezza e quindi nell'infelicità». Così il cardinale Gianfranco Ravasi ha concluso la sua lectio magistalis di apertura del congresso teologico-pastorale organizzato nell'ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie in corso da ieri a Milano. Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, chiamato a dare alcune coordinate biblico-teologiche, ha descritto la famiglia utilizzando l'immagine della casa. Questa «non è solo lo spazio di vita concreta delle persone, ma anche il luogo dove esse soffrono, godono, entrano in dialogo o in tensione tra loro», ha precisato il prelato. Nella sua relazione Ravasi, continuando nel suo ragionamento fondato sulla metafora della casa, ha rivelato come in una prospettiva biblica il fondamento dell'edificio sia la coppia: «Se cede la coppia cade tutto». Poi ci sono i muri, cioè i figli che, salendo verso l'alto, si proiettano verso il futuro. Infine ci sono le stanze. La stanza del dolore con le crisi familiari («le sofferenze intergenerazionali, la crisi economica e la mancanza del lavoro»), la stanza del lavoro («l'uomo che non lavora è incompleto») e quella della festa, condizione perché l'uomo si realizzi in pienezza. Solo nel rispetto della fondamentale architettura della casa – questa la sintesi del suo pensiero – la costruzione cresce ben ordinata.

L'economista Luigino Bruni ha denunciato nella seconda relazione della mattinata la negatività di un mercato fondato solo sul consumo e sulla finanza. «L'impresa non è più il vero luogo del conflitto sociale: questo lo è diventato la finanza». Bruni ha poi contestato la correttezza della “cultura degli incentivi”: «la motivazione del lavoro è dentro e non fuori da esso, il rischio è quello di lavorare bene solo se ben pagati e controllati». Una modalità di retribuzione, quella degli incentivi, «che rende l'uomo servo e non libero perché la vera libertà è dare il meglio di sé». Applicato il principio a livello pedagogico «i ragazzi devono capire dalla famiglia il premio riconosce a posteriori e senza obbligo un lavoro ben fatto mentre l'incentivo crea la necessità di farlo: la parte migliore del lavoro è l'eccedenza che il lavoratore dà di sé stesso, cioè passione e cuore, che è il meglio di sé e non è comprabile». Insomma il rischio è quello che «l'impresa rubi il cuore comprando tutto, anche la vita privata, e non distinguendo più lavoro e vita questa si essicchi». Di qui il valore antropologico della festa: «il nemico della festa è il consumismo e la rendita». Infine una proposta provocatoria: una moratoria internazionale sulla pubblicità verso i bambini e una contro i giochi d'azzardo: «Distruggono i rapporti familiari, il bel gioco si fa insieme». Prendendo infine spunto dall'attualità di questi giorni, lo scandalo del calcioscommesse, l'economista non ha mancato di far emergere una contraddizione: «Le imprese di giochi d'azzardo che finanziano il calcio poi diventano loro stesse catene di trasmissione degli illeciti». Una piovra, insomma, che si autoalimenta.

Stefano Stimamiglio
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