02/06/2012
Benedetto XVI e Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, ieri in piazza del Duomo (foto Reuters).
Sant’Ambrogio come modello di politico moderno. Nell’Italia delle “caste”, dei tesorieri che pescano a man bassa nei soldi dei contribuenti, continuamente al centro di scandali, delle rivendicazioni localistiche e xenofobe, della corruzione, nel momento in cui la fiducia nella classe politica è ai minimi termini e rasenta lo zero, in un Paese consumato dal morbo dell’antipolitica, Benedetto XVI invita di nuovo a guardare in alto, a ricostruire “la città dell’uomo”.
Per far questo ripropone nel nuovo millennio il modello di un uomo vissuto nel IV secolo, Sant’Ambrogio, il magistrato eponimo della chiesa milanese divenuto vescovo. Ambrogio mise a frutto le sue doti di magistrato anche nel promuove la sua azione pastorale di vescovo, a cominciare dal suo profondo senso di giustizia. Di fronte ai politici di Milano giunti a incontrarlo e a omaggiarlo nella sala del trono dell’Arcivescovado, il Papa ne rovescia i termini: i politici di oggi dovrebbero mutuare un po’ delle doti di un vescovo nella loro attività di governo. Perché il vescovo, in quanto successore degli apostoli, affronta con saggezza, buon senso, autorevolezza, addirittura misericordia, le questioni che si trova a risolvere “sapendo superare contrasti e ricomporre divisioni”.
Governare con giustizia, senso della libertà, senso del rispetto reciproco. Assicurare il diritto alla vita e alla famiglia, senza i quali non c’è alcuna società civile. Farsi amare, come scrisse Sant’Ambrogio. Considerare la politica, come già disse Paolo Vi, come la più alta forma di carità. Di questi tempi, un pensiero quasi rivoluzionario.
Francesco Anfossi