Non c’è lavoro se non c’è festa

Mons. Brambilla: «Dobbiamo impegnarci a integrare sempre più intensamente la famiglia nella società attraverso i due snodi fondamentali del lavoro e della festa»

03/06/2012
Una famiglia a Bresso per partecipare alla veglia con Benedetto XVI (foto Alessandro Tosatto).
Una famiglia a Bresso per partecipare alla veglia con Benedetto XVI (foto Alessandro Tosatto).

«Il lavoro e la festa, i due temi che nel Family 2012 vengono declinati secondo la vita familiare, sono i due modi con cui la famiglia deve tornare ad abitare lo spazio sociale e a vivere il tempo umano». Monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, è il teologo che ha scritto le dieci catechesi preparatorie sul tema del VII Incontro mondiale.

«La famiglia si ritira progressivamente nella sfera privata mentre la società si progetta sempre più come un insieme di individui isolati. Famiglia e società, oggi così divise, devono invece tornare a parlarsi». Ecco allora perché occorre riscoprire il senso della festa e del lavoro: «Dobbiamo impegnarci a integrare sempre più la famiglia nella società attraverso i due snodi fondamentali del lavoro e della festa, la cui forma cristiana è la domenica, con al centro l’Eucarestia». Il tempo di crisi, economica ma anche antropologica, rende difficile l’operazione: «Da un lato il lavoro è vissuto ormai in termini funzionali e mercantili e sempre meno umani, aggravato in questo dalla crisi in atto. Dall’altro la festa è percepita come “tempo libero” vissuto individualmente – come intervallo tra due fatiche, con tratti di dispersione e di evasione – e sempre meno come dev’essere: libertà del donarsi agli altri e del concedere loro del tempo aprendosi all’ascolto e al dono».

Ecco allora come riunificare l’uomo di oggi, spesso così disperso: «Il tempo feriale non sta senza il giorno della festa, da essa riceve il suo pieno significato. La coscienza di essere donati al mondo, di essere cioè noi stessi dono agli altri, la realizziamo nel giorno della festa. Il nostro lavoro feriale di sei giorni acquista la sua profondità di non avere solo valore economico ma di essere a sua volta dono solo nel settimo giorno: quello in cui Dio, riposando, contempla la sua opera».

Stefano Stimamiglio
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