10/09/2012
Il presidente del gruppo PPE al Parlamento Europeo Joseph Daul.
Populismo, razzismo, xenofobia: sono queste le emergenze sociali che la crisi sta portando con sé in Europa, oltre a 116 milioni di persone a rischio povertà. È l'allarme lanciato da rappresentanti del Parlamento europeo, nell'incontro con esponenti di Chiese e istituzioni religiose. Si è trattato di uno dei colloqui organizzati nell'ambito del dialogo “costante e non occasionale” che prevede per statuto l'Articolo 17 del Trattato di Lisbona. Dunque uno degli appuntamenti, precisamente il 15esimo, che in questi tre anni si sono venuti intensificando e soprattutto istituzionalizzando.
Ma la prima cosa che va detta è che di particolare la due giorni, organizzata nel fine settimana a Firenze nell’ambito dell'Assemblea annuale del Partito Popolare Europeo e conclusasi con la Messa nella Basilica di Santa Croce, ha avuto una partecipazione particolarmente ampia rispetto ad altri appuntamenti.
Con una consapevolezza diffusa: la crisi è molto seria e c'è urgente bisogno di valori forti cui ancorarsi. La gente è spaventata e nasce un sentimento di ostilità tra popoli e tra generazioni, dice il presidente del gruppo PPE al Parlamento Europeo, Joseph Daul, che mette in guardia inoltre dalle “spinte nazionalistiche che si avvertono soprattutto ad est”.
Il parlamentare spagnolo Jaime Mayor Oreja (Reuters).
Il parlamentare spagnolo Jaime Mayor Oreja dice: “Il politicamente corretto è una delle ragioni della crisi”, spiegando che “in Europa ha prevalso una tendenza al conformismo che, dall’economia al sociale, ha dimenticato la dignità della persona”. Nel Vecchio Continente – sottolinea il parlamentare italiano Mario Mauro - non sono solo i conti a non tornare: la crisi, che è la più difficile della storia europea, è crisi economica ma soprattutto è crisi di fiducia.
La vicepresidente del Parlamento Europeo, Roberta Angelilli, afferma: “Le religioni possono contribuire non solo a riscoprire davvero la solidarietà su cui si fonda il progetto europeo ma soprattutto a difendere la coesione sociale che è a rischio”.
Dunque, appello alle religioni. E i leader si mostrano ben pronti. Il Metropolita Athanasios di Achaia è il direttore dell’ufficio di rappresentanza della Chiesa di Grecia presso l’Unione Europea.
Il parlamentare italiano Mario Mauro (Ansa).
Ricorda che a volte le Chiese sono accusate di interferire nella politica ma che in questo momento vengono chiamate in causa da più parti per assicurare soprattutto assistenza materiale. In realtà - spiega - il contributo più prezioso che i leader religiosi insieme possono offrire è la “riscoperta aconfessionale dei legami profondi e naturali tra le persone” e il piano della spiritualità che tanto insegna in tema di bene comune.
Da parte sua, monsignor Gino Battaglia, direttore dell’ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana, parla di “crisi antropologica in cui la finanza si è affrancata dall’economia reale e la politica si è affrancata dai valori”. E dà voce a una raccomandazione: affinché la politica possa meglio attingere dal patrimonio delle religioni – dice mons. Battaglia – serve una serena composizione delle diverse istanze religiose nella società. E per avere questo – spiega – ci vogliono buone leggi.
Monsignor Battaglia è chiaro: “Anche in Italia manca una legge sulla libertà religiosa”. Eppure – sostiene – se si parla di riscoperta del valore della persona e della dignità della persona non si può non riconoscere che il diritto alla libertà religiosa sia diritto fondamentale, da cui partire per poi affrontarne altri. Suona come un felice invito a non restare sul piano teorico. E, a questo proposito, è interessante saperne di più di questo dialogo tra istituzioni europee e Chiese previsto per statuto dal 2009, l’anno dell’entrata in vigore dell’ultimo Trattato dell’Unione.
Parliamo con Katharina Von Schnurbein, responsabile dell’ufficio Ue delegato. La prima cosa che dice a Famiglia Cristiana è che cresce la domanda di contatti tra politica e Chiese e che ci vorrebbe una persona responsabile di questo in ogni DG, cioè Direzione generale dell’Ue. Poi ci racconta che il dialogo consiste in due incontri all’anno a livello alto di rappresentanza ma anche di incontri mensili tra esponenti. Di questo – sostiene – purtroppo non si dà conto alla stampa. “Sarebbe interessante farlo sapere ai cittadini – afferma - ai quali arrivano troppo spesso solo parole di divisione a tanti livelli”.
Fausta Speranza