Aids: la Chiesa in prima fila nella lotta

Un quarto degli aiuti e dei servizi è dei cattolici. La Caritas alla Conferenza mondiale di Vienna: basta promesse. Solo il 40 per cento dei malati ha accesso alle cure.

22/07/2010
Un centro "Dream" in Mozambico
Un centro "Dream" in Mozambico

La Chiesa cattolica è in prima fila nella lotta all’Aids e gestisce il 25 per cento di tutti in servizi di prevenzione e di cura del mondo. Lo fa sapere monsignor Robert Vitillo, responsabile della lotta all’Aids di Caritas internationalis, che ha partecipato a Vienna ai lavori della conferenza mondiale contro la pandemia, insieme a 20 mila delegati di 185 Paesi. Ma la Chiesa è anche in prima fila nella denuncia delle promesse mancate e dei soldi spesi male. Cinque anni fa al vertice di Gleneagles in Scozia i Paesi del G8, tra cui l’Italia, avevano stabilito che entro il 2010 tutti i malati avrebbero avuto accesso alle cure. Oggi solo il 40 per cento dei 33 milioni di persone infette viene curato. A Vienna lo ha denunciato la rete delle agenzie cattoliche per la lotta all’Aids, che mette in fila rappresentanti di 23 Paesi.

 Monsignor Vitillo sottolinea che in Africa solo il 10 per cento delle donne incinte ha accesso alle cure per prevenire il passaggio del virus tra madre e figlio, mentre nel ricco Occidente questo è ormai un problema risolto. La Comunità di sant’Egidio su questo tema attraverso il programma “Dream” è all’avanguardia in Africa dove un quarto della popolazione adulta vive con l’Aids. Ma c’è anche un problema di distribuzione dei farmaci, perché molti governi, rileva monsignor Vitillo, distribuiscono le medicine solo nelle grandi città e non nelle zone rurali. La Chiesa invece con sua rete capillare di missionari e catechisti riesce ad arrivare anche nelle zone più remote.

Resta il problema del costo dei farmaci e la Caritas sta facendo pressione sulle case farmaceutiche perché si abbassino i prezzi e si producano farmaci facili da usare e da distribuire. A Vienna  anche il Consiglio ecumenico delle Chiesa ha lanciato un appello ai delegati per un “maggior impegno nelle strategie di lotta alla pandemia”. E il presidente dell’Islamic Relief, Hanna El Banna ha aggiunto: “Non dobbiamo aver paura della religione, ma dell’ignoranza e della mancanza di conoscenza”. Già tre anni fa l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) aveva messo in rilievo in ruolo delle comunità religiose nella lotta all’Aids in collaborazione con le istituzioni sanitarie pubbliche soprattutto nei Paesi più poveri.

Alberto Bobbio
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