04/05/2010
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei.
Siamo italiani innamorati del nostro Paese. Ma forse non lo siamo abbastanza per cui la ricorrenza dei 150 anni dell'unità d'Italia deve essere occasione per "un nuovo innamoramento". Al cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, non piacciono i tentativi di chi prova a ridurre la storia a una retorica anti-nazionale, invocando patrie inesistenti. E avvisa che l'unità d'Italia è "un tesoro per tutti" e dunque bisogna partecipare alle sue celebrazioni con "tutte le nostre energie".
La Cei ha organizzato un seminario di studio sull'unità a Genova che ha avuto il plauso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo il quale il contributo che possono dare i cattolici "ancora una volta può risultare essenziale". I cattolici non hanno nostalgie e hanno superato l'analisi di una frettolosa storiografia antiunitaria che denunciava il ruolo nefasto dei Savoia massoni, colpevoli di aver distrutto lo Stato della Chiesa, sminuito il ruolo del papato e rubato beni e possedimenti con la legge delle Quarentigie.
Oggi Bagnasco può dire che l'unità è una memoria condivisa e un futuro da condividere, perché si è fondata non su una rapina ma su un patto, quello della nostra Costituzione. C'è un po' dell'appello ai "Liberi e forti" di don Luigi Sturzo nelle parole del presidente della Cei, quando spiega che è necessario "far emergere il senso positivo di essere italiani". Come Sturzo, Bagnasco osserva in pratica che bisogna nutrire gli spiriti, che occorre seminare di nuovo e che servono visioni più ampie di quelle ridotte che qualcuno, invece, propone. E avverte: "L'unica cosa che dobbiamo temere è una cattiva ricerca storica, una propoaganda ideologica, di qualsiasi segno, spacciata per verità storica".
Alberto Bobbio