29/09/2011
La chiesa di San Cono a Castelcivita, in provincia di Salerno, dove durante le Messe c'è ancora l'usanza di sedersi in banchi separati: a sinistra gli uomini, a destra le donne e i bambini (fotografie di Romina Rosolia).
Il rispetto è un valore senza tempo che si può esprimere, però, anche con un gesto. In un remoto borgo nel cuore del salernitano, tra i fedeli, c’è un'usanza antica quanto la propria parrocchia, ultimata nel 1344. Nella chiesa di San Cono a Castelcivita, 1.900 abitanti, ogni qualvolta si celebra la Messa, uomini e donne sanno perfettamente dove sedersi: rigorosamente in banchi opposti, navata sinistra per gli uomini, navata destra per donne e bambini. Una tradizione che non ha alla base né disuguaglianze, né disparità. È piuttosto una pratica rimasta intatta nei secoli, forse per evitare distrazioni soprattutto da parte degli uomini che di domenica, si racconta, andavano in chiesa per incontrare la donna o la ragazza di cui si erano innamorati, unico momento per incrociare gli sguardi.
«Niente di nostalgico», dice don Martino Romano, 36 anni, da sette parroco di Castelcivita. «È piuttosto una tradizione antichissima ed è ovvio che non si torna indietro. Capisco anche che questa usanza, per chi non è del posto, sembri curiosa se non rigida. In realtà avviene tutto in maniera molto naturale, è sempre stato così». Il giovane parroco aggiunge: «Non giudicateci se è giusto o meno. I paesi trattengono ciò che le città perdono e credo che antico e moderno possano convivere e noi ci proviamo coinvolgendo nella nostra azione cattolica giovani e meno giovani che, nonostante le difficoltà, mi danno una grande mano. In Italia paesini come Castelcivita lottano contro lo spopolamento. Pensate che solo lo scorso anno abbiamo celebrato 15 funerali e solo 5 battesimi, di questi solo due bambini sono rimasti a vivere qui». Il sacerdozio nei piccoli paesi ha le sue difficoltà anche se don Martino dice che questo non muta la missione e l'impegno. Ma aggiunge: «Paese piccolo non è sinonimo di piccoli problemi, anzi».
Don Martino Romano, 36 anni, da sette parroco di Castelcivita.
Parroci come lui, che hanno più di una parrocchia e più di cinque chiese da coprire a distanza di 15 chilometri l’una dall’altra o che sostituiscono per brevi lunghi periodi chiese cosiddette “scoperte”, ce ne sono tanti in Italia. E allora via a macinare chilometri, salire e scendere pendii e montagne, correre, correre, correre (a volte contro il tempo) tra messe ordinarie, anniversari, funerali e matrimoni. E poi problemi, costi, esigenze, richieste su richieste. «Il fatto è che siamo sempre meno parroci e la crisi tocca anche noi, meno budget per tante necessità».
In due secoli di vita religiosa, lui è il quinto parroco di Castelcivita e in una comunità ricca di tradizioni, dà il suo contributo utilizzando le nuove tecnologie per tenere informati anche i fedeli che da anni vivono oltreoceano. Don Martino ha allestito una redazione in parrocchia. Qui i volontari realizzano un periodico, il "Pio Villaggio", che diffondono in chiesa e che inviano anche negli Stati Uniti e in Canada: 16 pagine di resoconti, fotografie e informazioni. E al giornale si aggiunge il sito internet www.parrocchiecastelcivita.it, un portale che don Martino aggiorna quotidianamente con video, foto e notizie. La redazione è la parrocchia, i redattori i volontari. Una nuova frontiera fra antico e moderno, un nuovo modo di parlare ai fedeli rispettando le tradizioni con innovazione.
Romina Rosolia