10/06/2011
Don Virginio Colmegna complimentato dal nuovo sindaco di Milano Pisapia.
Don Virginio Colmegna, nato a Saronno il 1 agosto del 1945, sacerdote dal 1969, presidente della Fondazione Casa della Carità di Milano e da oltre trent'anni impegnato sul fronte dell'emarginazione sociale, ha ricevuto la laurea ad honorem in Scienze Pedagogiche dall'Universita' degli Studi di Milano-Bicocca. Pubblichiamo qui la lectio magistralis tenuta da don Colmegna in occasione del conferimento della laurea.
INTRODUZIONE - Un laboratorio continuo che nasce dal sostare sui margini
Nella vita da prete si attraversano molti spazi, o almeno nella mia è stato così. Spazi pieni di gente dalla quale si può ogni volta congedarsi frettolosamente o gente con cui intrattenersi ed abitare, nella scoperta di una dinamica di ospitalità reciproca che genera il processo virtuoso della circolarità educativa. Chi intende educare, chi esprime un progetto educativo, si lascia lui per primo educare. La docenza dei poveri è stata fondamentale per me. È a loro - storie e volti che ho voluto citare a lungo nel mio ultimo libro - che dedico questa lectio, ringraziando anche a nome loro chi mi ha conferito questa onorificenza, e tutti voi qui presenti. È il frutto di un laboratorio continuo di pensiero che nasce dal sostare sui margini.
Permettetemi di leggere con voi innanzitutto un brano posto nell'incipit della lettera pastorale del 1986 che Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano, aveva dedicato al tema dell'educazione. Ci sono riferimenti al testo biblico che cominciano a delineare un'immagine ricca di Dio educatore. La prospettiva è credente, certo, ma il movimento riflessivo che si propone mi pare estendibile, universale, anche profondamente laico. Ogni riflessione pedagogica muove da una visione antropologica, ma qualunque essa sia, per esprimersi richiede che ogni educatore o pensatore che riflette sull'educazione si interroghi anzitutto sul processo educativo che ha agito dentro di sé, sui propri maestri, su chi ha saputo “tirar fuori” ciò che egli è poi diventato.
Scrive Martini: “Perché Tu, o Signore, mi hai educato, Tu mi hai condotto fin qui (…) [Tu hai messo in me la gioia di educare “più gioia di quando abbondano vino e frumento” (Salmo 4, 8). Sei Tu, o mio Dio, il grande educatore, mio e di tutto questo popolo. Sei Tu che ci conduci per mano, anche in questa nuova fase del nostro cammino pastorale. “Uno solo è il vostro Maestro” (Matteo 23, 8). “Come un'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati”, Tu, o Signore, “ci sollevi sulle tue ali”; ci fai “montare sulle alture della terra, ci nutri con i prodotti della campagna”; ci fai “succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia” - Deuteronomio 32, 1-13]. “Rivedo il mio cammino educativo. Alcuni educatori meravigliosi: mia madre, alcuni preti e religiosi, qualche professore. Altri meno “bravi”, meno ammirati da noi ragazzi, ma tutti ci hanno pur dato qualcosa. Attraverso questi tuoi strumenti sei Tu, o Padre, che ci hai educato fino a oggi! Penso al mio cammino di vescovo: posso dire anzitutto di me ciò che ho scritto una volta del cardinale Ferrari: “Un vescovo educato dal suo popolo”. Quanti stimoli formativi ricevo da tanta gente, che non mi lascia dormire sui solchi già tracciati, ma continuamente scuote la mia pigrizia. Sei Tu, o Signore, che agisci per mezzo di questo popolo e continui a educare misericordiosamente questo tuo vescovo: Ed ecco emergere il tema preciso di questa lettera: Dio educa il suo popolo! Non dunque un trattatello di pedagogia, non una piccola miniera di buoni consigli. Ma un messaggio di fiducia: Dio è in mezzo a noi, Dio ha educato ciascuno di noi e tutti noi. Dio continua a educare. Noi educatori siamo suoi alleati: l'opera educativa non è nostra, è sua. Noi impariamo da lui, lo seguiamo, gli facciamo fiducia ed egli ci guida e ci conduce”