23/07/2012
Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, in una conferenza stampa a Radio Vaticana (Ansa).
Con una durissima smentita padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, è intervenuto su un articolo comparso oggi sul quotidiano La Repubblica a firma del vaticanista Marco Ansaldo.
Nel testo vengono esplicitamente indicati tre complici del maggiordomo Paolo Gabriele, attualmente l’unico inquisito per il furto di documenti dall’appartamento pontificio: il cardinale Paolo Sardi, già responsabile in Segreteria di Stato per i discorsi pontifici, l’arcivescovo Josef Clemens, segretario dell’allora cardinale Ratzinger alla Dottrina della fede, e Ingrid Stampa, da decenni stretta collaboratrice di Benedetto XVI.
Padre Lombardi sottolinea che l’articolo «ricopia, in diverse espressioni anche letteralmente e non solo nella citazione finale, un articolo firmato da Paul Badde, apparso sul quotidiano tedesco "Die Welt" online una settimana fa» ed è «gravissimo gettare simili sospetti su persone degne di rispetto, che hanno svolto con impegno molti anni di servizio totalmente dedicato alla persona del Santo Padre».
Dettaglia il direttore della Sala Stampa, riferendosi al presunto allontanamento dai loro incarichi indicato dal quotidiano: «Il cardinale Sardi ha terminato il suo compito in Segreteria di Stato quando aveva ormai compiuto i 75 anni, la signora Stampa continua a lavorare in Segreteria di Stato e sua eccellenza Clemens è segretario del Pontificio consiglio dei laici da diversi anni».
L’irritazione di padre Lombardi si esprime soprattutto nella ricostruzione del comportamento di Repubblica nella vicenda dei Vatileaks «particolarmente – e direi inspiegabilmente – caratterizzata da interventi che ho dovuto ripetutamente e pubblicamente smentire»: «La presunta intervista (mai esistita) con la moglie di Paolo Gabriele poco dopo l’arresto (27 maggio); l’intervista con un monsignore non identificato in cui si affermava l’esistenza di una (assolutamente inesistente) équipe di “relatori” coordinata da una donna, che doveva riferire direttamente al Papa (28 maggio); l’articolo su un presunto “hacker” (assolutamente inesistente) consulente informatico del Vaticano improvvisamente scomparso (14 giugno); l’indicazione di tre nomi di cardinali che sarebbero stati interrogati dalla Commissione cardinalizia (falso in tutti e tre i casi) (19 giugno).
Affermando che l’odierno testo di Ansaldo «sembra colmare la misura» e che «in un tema complesso e delicato come questo, mi sembra che i lettori di uno dei più diffusi quotidiani italiani meritassero ben altro rispetto della correttezza e della deontologia dell’informazione», padre Lombardi conclude che «la frase del cardinale Herranz sulle “sorprese” dell’inchiesta aveva – come egli stesso mi spiegò – il significato opposto a quello che gli è stato attribuito, cioè le “sorprese” alla fine sarebbero state quelle di molti giornalisti che si erano immaginati spiegazioni infondate. Ciò vale anche per questo articolo».
Con
un comunicato ufficiale, anche la Segreteria di Stato «esprime ferma e totale
riprovazione per tali pubblicazioni, non fondate su argomenti oggettivi e
gravemente lesive dell'onorabilità delle persone interessate, da molti anni al
fedele servizio del Santo Padre. Il fatto che non siano stati ancora resi noti i
risultati delle indagini da parte delle autorità a ciò deputate non legittima in
alcun modo la diffusione di interpretazioni e tesi non fondate e false. Non è
questa l'informazione a cui il pubblico ha diritto».
Saverio Gaeta