10/02/2012
Il teologo Pierangelo Sequeri (foto Ansa).
Il cristianesimo è l’unica forma religiosa «che istituisce la prossimità dell’uomo con l’uomo alla stessa altezza della prossimità di Dio con l’uomo» ed è impensabile, al di fuori dell’evento di Gesù, poter considerare il comandamento dell’amore verso Dio omologo a quello dell’amore verso il prossimo.
Aprendo la seconda giornata del convegno «Cristo nostro contemporaneo», organizzato a Roma dal Comitato per il progetto culturale della Cei, il teologo Pierangelo Sequeri ha rilanciato con forza «l’evidenza storico-culturale della contemporaneità di Gesù». Il fondamentalismo religioso, ha però denunciato, nei tempi recenti mira a ridestare «oscure contiguità del sacro con il potere politico, l’interesse economico, la pulsione identitaria» con l’obiettivo di incitare la prevaricazione sul principio di prossimità. Per Sequeri, superare questa involuzione religiosa è possibile da parte del cristianesimo contemporaneo che «ha risolutamente neutralizzato dentro di sé ogni tendenza alla legittimazione del dispotismo violento e del conflitto cruento in nome dell’obbedienza della fede».
Sulle tematiche del rapporto di Gesù con le donne e con i poveri si sono svolti in mattinata due intensi dibattiti con la partecipazione, nel primo incontro, della storica Emma Fattorini, della regista Liliana Cavani, del teologo Ermenegildo Manicardi e della filosofa Paola Ricci Sindoni, e, nel secondo incontro, del vescovo Ignazio Sanna, del teologo Armand Puig Tarrech, dell’esperta Cariosa Kilcommons e dello storico Adriano Roccucci.
Come la letteratura contemporanea rifletta su Gesù è stato invece analizzato dai saggisti Marco Beck, Ferruccio Parazzoli, Franco Scaglia e Ferdinando Castelli. Beck ha proposto gli scrittori Luigi Santucci e Italo Alighiero Chiusano quali esempi di ciò che voglia dire in ambito letterario parlare di Gesù. Parazzoli ha tracciato un percorso tra gli autori che hanno avuto Cristo come «pietra d’inciampo» nel loro itinerario esistenziale e ha confidato che anche nella propria esperienza di narratore si trova costantemente «di fronte al mistero di Gesù nato e morto: lo scandalo della Vittima, la vittoria dello Sconfitto».
Saverio Gaeta