11/07/2010
il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell'Avana
La Chiesa cattolica ce l’ha fatta. Dopo mesi trattative il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana, ha annunciato che il governo di Raul Castro ha deciso di liberare 52 dissidenti politici, che “potranno lasciare il Paese” e andare in Spagna con le famiglie. La mediazione ha visto infatti anche il coinvolgimento del governo di Zapatero, il cui ministro degli esteri Angel Moratinos ha partecipato alla fase finale. La buona notizia ha fatto decidere anche l’interruzione dello sciopero della fame al giornalista dissidente Guillermo Farinas.
In Vaticano la soddisfazione è evidente. Il direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in un nota rileva che tutto è stato reso possibile da una “Chiesa profondamente radicata nel popolo e interprete attendibile del suo spirito e delle sue attese”. E’ una Chiesa attenta al dialogo, capace di non forzare mai la mano, che lavora con “dignità e pazienza”. La Santa Sede ha accompagnato la mediazione del cardinale Ortega con la propria autorità diplomatica internazionale. Il 20 giugno scorso a Cuba era volato il “ministro degli esteri” della Santa Sede monsignor Dominque Mamberti, che aveva incontrato il presidente cubano Raul Castro.
Il Vaticano ha sempre manifestato in diversi sedi la sua contrarietà all’embargo che colpisce Cuba da anni. Nel 1998 Giovanni Paolo II nella sua storica visita all’Avana aveva esclamato: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. L’accordo sui prigionieri politici va in quel senso. Anche se non tutto può essere definito positivo. L’imposizione di lasciare il Paese è visto dall’Associazione dei famigliari dei dissidenti come una sorta di “deportazione forzata” e ancora non si può parlare di rispetto dei diritti umani. Ma, come ha detto padre Federico Lombardi nella sua nota, tutti si augurino che “il cammino continui”.
Alberto Bobbio