17/01/2013
Foto Reuters. La fotografia di copertina è un montaggio tratto dal sito freakingnews.com
Pace, nonviolenza, disarmo, stop agli F-35 e all'export di armi. Temi scomodi, che faticano a trovar posto in una campagna elettorale sempre più incandescente. Ma per il movimento Pax Christi sono proprio queste le priorità irrinunciabili su cui riflettere. In vista dell'ormai imminente scadenza elettorale, monsignor Giovanni Giudici, presidente del movimento, lancia un appello forte e chiede a tutti (cominciando proprio dai candidati) un cambio di rotta: «svuotare gli arsenali e votare per la pace».
Per i cristiani la pace non è un'utopia generica, ma un cammino costante e un obiettivo da ricercare con il massimo impegno. L'esperienza della Chiesa vi si richiama continuamente, partendo dal cuore dei Vangeli («beati gli operatori di pace») per arrivare a documenti fondamentali del magistero. L'enciclica Pacem in Terris (di cui ricorre il cinquantenario) definisce la guerra "alienum a ratione" (cioè una follia). Impossibile poi dimenticare le parole che Giovanni Paolo II rivolse al corpo diplomatico nel 2003: «un sì alla vita e un no alla guerra, sconfitta dell'umanità».
Un tema impegnativo, ripreso appena pochi giorni fa (era il 7 gennaio) da Benedetto XVI, che ha voluto porre l'accento sulle «differenze tra pochi, sempre più ricchi, e molti irrimediabilmente più poveri». Riferendosi esplicitamente a questi cardini, monsignori Giudici invita i cittadini a non tirarsi indietro davanti alla responsabilità, visto che la ricerca della pace, seppur in modi diversi, coinvolge tutti.
Ed ecco gli impegni concreti che secondo Pax Christi dovrebbero dirigere l'azione politica nella prossima legislatura: «1. Un chiaro impegno per la pace, la nonviolenza e il ‘ripudio della guerra’, come dichiara l’art. 11 della nostra Costituzione. 2. La riduzione delle spese militari a partire dalla sospensione del progetto dei caccia F35, strumenti di morte che sottraggono ingenti risorse (quasi 15 miliardi di euro) ad altri bisogni vitali della gente. 3. La cancellazione della “riforma dello strumento militare italiano” approvata lo scorso mese di dicembre (un provvedimento che ha fatto molto discutere, suscitando critiche dalla società civile, ma anche da alcuni esponenti delle gerarchie militari, ndr.). 4. Uno stop alla corsa al riarmo, in forte aumento nell’Unione Europea, e un "no" alla vendita di armi, aumentata del 18% nel 2012, e indirizzata specialmente a Paesi in guerra come quelli del Medio Oriente, nonostante la legge 185/90».
Lorenzo Montanaro