24/11/2012
Padre Ernesto Balducci (1922-1992).
Se fosse ancora qui con noi lo vedremmo
lì, seduto accanto a quei morti, tra le macerie di Gaza e i corpi
dei bambini straziati dalle ultime bombe in Siria, a intrecciare il
filo della ragione e della speranza. Padre Ernesto Balducci era così
davanti ad ogni tragedia umana, vicina e lontana, impegnato a tessere
la trama della solidarietà e della ribellione umana contro dolore, sopraffazioni e violenza.
Suggerisco, a chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, di
andarlo a cercare nei tanti scritti che ci ha lasciato. Fino alla sua morte (avvenuta a Cesena, il 25 aprile 1992) Ernesto
Balducci ha speso i suoi giorni onorando la missione che si era scelto, in obbedienza a Dio e all'umanità del suo tempo: la missione di prete, di intellettuale e di testimone impegnato. Balducci non è un dossier da archiviare: è un uomo del futuro, uno di quelli che ti possono aiutare
a trovare la strada in un tempo dominato dall’incertezza, dalle
incognite e dalla paura. Non è per caso se, a vent’anni dalla sua
tragica scomparsa, continua a essere una sorgente inesauribile di
pensieri, idee e visioni capaci di aiutarci a leggere il presente e a
ritrovare il futuro perduto.
Il suo è innanzitutto un invito a fare
i conti con la realtà e a prendere coscienza della condizione
epocale in cui viviamo anteponendo “gli interessi dell'umanità a
quelli della tribù a cui ognuno di noi appartiene”. “Dobbiamo
sapere -ammoniva Balducci già nel 1991- che l’alternativa che ci
si para davanti all’affermazione di una democrazia planetaria è
una sola: quella del terrorismo su scala planetaria, dato che il
terrorismo è l’unica guerra possibile ai poveri. Il mondo arabo,
non dimentichiamolo, non è che l’avamposto dell’umanità che sta
uscendo dai sottosuoli della storia, animata da una collera repressa
da secoli. Solo se la comunità mondiale, con tutti gli strumenti
dell’efficacia del diritto, nascerà presto, sarà possibile
evitare la catastrofe. Il futuro del mondo non è quello del dominio
di una cultura su tutte le altre ma quello della convivenza di tutte
le tribù della terra. E la convivenza vuol dire: primo, recuperare
il villaggio perduto con tutto il patrimonio di umanità che esso
aveva elaborato; secondo, aprirlo senza pretese di dominio alla
solidarietà verso tutti i villaggi del mondo”.
Padre Ernesto Balducci celebra Messa nella cappella della Badia Fiesolana.
Nato il 6 agosto 1922 a Santa Fiora, nel cuore dell’Amiata, da una famiglia di minatori che viveva ai margini tra la miseria e la povertà, cresciuto culturalmente e politicamente al fianco di Giorgio La Pira, padre Ernesto Balducci è uno dei pensatori più ricchi e originali del nostro tempo. Uomo religioso e politico, di cultura e d’azione. Lo chiamavamo tutte le volte in cui sentivamo il bisogno di qualcuno che sapesse parlare a tutti, credenti e non credenti, andando dritto al cuore e alla mente.
Lo cercavamo per la sua straordinaria capacità di essere "uomo ponte" anche quando le sue parole erano dure, inesorabili. Le chiamavamo "balducciate". Ed erano, ogni volta, potenti iniezioni di coraggio, di forza e di speranza. “Se mi chiedessero quale certezza vorrei avere in punto di morte, disse un giorno, risponderei che l’unica certezza a rendermi sereno il trapasso sarebbe la certezza di aver distribuito agli uomini la speranza”. Lui, da instancabile animatore del movimento per la pace, la speranza non l’ha solo distribuita: ci ha anche aiutato a organizzarla. Anche per questo rinnoviamo il nostro grazie ad un uomo grande con l’andatura greve del minatore, con le lenti massicce e lo sguardo imprendibile, con la parola fluida di un retore antico. “Lo ringraziamo per la lezione, gli disse una studentessa: vale la pena di lottare, vale la pena di credere e vale la pena di costruire.”
Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace