04/01/2011
Don Leonardo Zega.
È morto un anno fa, il 5 gennaio, vigilia
dell’Epifania. Aveva da poco superato
gli ottant’anni. Quasi coetaneo della
“sua” Famiglia Cristiana, che ereditò da un
altro grande direttore, don Giuseppe Zilli,
suo confratello e amico. E che rese grande
nel panorama dell’editoria nazionale e internazionale.
Un confronto alla pari con i più
noti settimanali laici. Senza complessi di inferiorità.
Ma con una spinta in più: l’ispirazione
cristiana. Una forza, ma anche maggiore
responsabilità. Soprattutto nell’assiduo colloquio
con i lettori, da sempre “pietra basilare”
della rivista. Un modello imitato da tanta altra
stampa laica.
Cresciuto alla scuola dell’Alberione, pensava
“in grande”. Come il fondatore. Le nuove imprese
lo esaltavano. Così come le sfide, nel
nome del Vangelo. Puntava sempre in alto.
Con competenza e fantasia. Non amava la
mediocrità. È stato un grande del giornalismo
italiano. Alla pari dei Montanelli e Biagi. Ma in
“casa propria”, nella Chiesa, nessuno è profeta.
Anzi, il successo genera invidie. Nonostante
abbia dato vera dignità alla stampa cattolica,
con l’impresa editoriale messa a servizio del
Vangelo. Una “bandiera” di cui andare fieri.
La sua autonomia e libertà erano “scomode”.
Anche se nella piena ortodossia. Ha amato
la Chiesa davvero, fino in fondo. Ma da figlio,
non da servo. Anche quando l’ha sentita
più matrigna che madre misericordiosa.
Fino alla morte, con alcuni silenzi imbarazzanti.
A fronte di grandi elogi: dalla più alta
carica dello Stato al più sconosciuto dei lettori.
Nell’Ansa del 29 dicembre scorso la sua
morte, in ordine cronologico, era in cima alle
“notizie dell’anno”. Ma, allora, c’è stato chi
l’ha “bucata”. Neppure due righe, dopo diciott’anni
alla guida del più importante settimanale
cattolico al mondo.
Celebriamo gli ottant’anni di Famiglia Cristiana
con la tristezza e la nostalgia di questa
grave perdita. Ma il suo spirito è vivo in mezzo
a noi. Così come i suoi insegnamenti. Un vero
maestro e padre. Dal cuore tenero. Della stessa
tenerezza di Dio, che per anni ha trasmesso
ai lettori, che tanto l’amavano. E ne erano riamati.
In sua memoria, in Honduras, una casa
per ragazze vittime di soprusi e violenze ne
porterà il nome. Perché don Leonardo Zega
aiutava i bambini in difficoltà, italiani e
stranieri. Da anni, aveva in “adozione a distanza”
un piccolo salvadoregno. Il suo ufficio
era tappezzato di tantissime foto di neonati.
Erano quelli che le mamme non avevano abortito
grazie a lui. E ai suoi “Colloqui col padre”.
Don Antonio Sciortino