21/04/2010
I vescovi dell'Amazzonia in visita "ad limina" al Papa.
Molti di loro sono stati minacciati di morte. Ma non si sono arresi, anzi. I vescovi dell’Amazzonia continuano a denunciare le grandi opere che devasteranno la foresta e procureranno morte e abbandono per migliaia di persone.
Ricevuti, il 15 aprile, in visita ad limina da Benedetto XVI , i 13 presuli brasiliani hanno chiesto e ottenuto la promessa di non essere lasciati soli e il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace si è impegnato a creare una rete di collegamento mondiale per far risuonare la loro voce. L’Amazzonia, denunciano i vescovi, è minacciata dalle grandi dighe progettate per produrre energia elettrica grazie alla deviazione di fiumi come il Rio Tapajós e Río Xingú, sulle cui rive vivono migliaia di persone e popoli indigeni, che perderanno così la fonte primaria di sussistenza.
“La popolazione”, ha affermato monsignor Carlo Verzeletti, vescovo di Castanhal, “non è stata assolutamente consultata”. Eppure il presidente Lula, aggiunge monsignor Erwin Kräutler, vescovo di Xingu, nello stato del Parà, “l'anno scorso aveva assicurato che il progetto sarebbe andato avanti solo con dei vantaggi a tutti gli interessati. Anzi il presidente ammise che il Brasile è già in debito con gli indios. Ora, avallando la costruzione della diga sta decidendo il destino di migliaia di persone". Monsignor Kräutler da qualche tempo gira sotto scorta dopo essere stato più volte minacciato di morte per la sua opposizione alla diga e alla centrale idroelettrica di Belo Monte. Per il progetto verranno allagati 500 chilometri quadrati di terra, "tra cui un terzo della vicina città di Altamira. Trentamila autoctoni saranno estromessi dalla loro terra". Per i lavori arriveranno centinaia di operai. Un flusso di persone a cui Altamira non è preparata."Per arricchire un gruppo di grandi imprenditori, soprattutto produttori di minerali, ci sarà il caos sociale e la distruzione ambientale. E il problema dell'Amazzonia è un problema del mondo intero", ha detto il vescovo.
A preoccupare l'intera Conferenza episcopale della regione Norte 2 non sono solo le minacce ambientali. José Luis Azcona, vescovo di Marajò, ha evidenziato che nello stato del Parà imperversano prostituzione e sfruttamento dei minori. "In cinque anni, secondo una commissione ad hoc istituita dall'assemblea legislativa locale, ci sono state 100 mila denunce di casi di pedofilia e sfruttamento minorile, 117 solo quest'anno", ha spiegato il presule, anche lui minacciato di morte. Altre minacce anche a un terzo presule, monsignor Edoardo Rianisparman, vescovo di Obidos, che ha invece denunciato come le due industrie minerarie presenti nella sua regione abbiano “inquinato fiumi e laghi, costringendo la gente ad abbandonare le proprie terre. Così si sono deteriorati i rapporti tra comunità, con l’aumento della violenza, della criminalità, del traffico di droga e della prostituzione”.
Annachiara Valle