11/02/2012
Il cardinale Ruini con Benedetto XVI.
Non si può relegare Gesù Cristo in un lontano passato, come tende a fare gran parte della cultura attuale, poiché ciò «significherebbe tagliare il legame che unisce la nostra esistenza alla sua». Nel contempo non ci si può limitare al “salto” della fede, in quanto si rischierebbe «di evadere dalla storia, mentre il cuore della nostra fede sta proprio nell’entrata di Dio nella storia». Il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, ha racchiuso in questa duplice considerazione le conclusioni del simposio «Gesù nostro contemporaneo», che per tre giorni ha visto riuniti a Roma studiosi ed esperti giunti da diverse parti del mondo.
Una ricca sequenza di relazioni e tavole rotonde ha permesso ai convegnisti di dibattere attorno alla presenza di Cristo nella storia e nella vita degli uomini d’oggi. «Si è visto così», ha affermato il cardinale Ruini, «come anche oggi Gesù sia in realtà molto più presente nella vita e nella cultura di quanto noi stessi ne siamo consapevoli». Il porporato ne ha precisato quattro delle forme più attuali: le opere di fraternità che scaturiscono dal prendere sul serio il nostro legame con Gesù, il rapporto personale e vivificante che si stabilisce tra lui e chi sceglie di trascorrere la vita in sua compagnia, l’esperienza del dolore mediante il quale egli penetra dentro di noi e si immedesima con noi, quella che si realizza in chi muore martire per la fede in lui.
Interrogandosi sul futuro della fede cristiana in Italia e in Occidente, Ruini ha concluso proponendo una risposta che non prevede gli esiti, ma piuttosto indica il compito dei credenti: «È la parola missione: una scelta di vita che coinvolge l’intera comunità cristiana e ciascuno dei suoi membri, secondo le condizioni concrete dell’esistenza personale».
Saverio Gaeta