21/11/2011
Benedetto XVI in Benin
Basta con le buone intenzioni. Per l’Africa bisogna agire. Benedetto XVI ha riacceso i riflettori sul continente più povero nel mezzo della crisi e ha consegnato ai vescovi del continente l’Esortazione apostolica “Africae munus”, l’impegno dell’Africa che è un atto di denuncia e insieme una somma di indicazioni di come far andare meglio le cose. Dice subito la sua opinione sull’Africa, sulle responsabilità del resto del mondo e su come lui vede le questioni sull’aereo in volo verso il Benin: bisogna “osare” di più e “andare oltre”. Poi “dare, oltre che ricevere”. Dice a cosa occorre opporsi: “Alla sottomissione incondizionata alle leggi del mercato e della finanza”, ma anche al “nazionalismo e al tribalismo esacerbato e sterile, che può diventare micidiale”, e infine alla “politicizzazione estrema delle tensioni religiose a scapito del bene comune, e alla disgregazione dei valori umani, culturali, etici e religiosi”.
Ma Benedetto XVI ha anche invitato gli africani a “non aver paura della modernità” e a non costruire le società “sull’oblio del passato”. Ha parlato di “affetto” per l’Africa e per il Benin ricordando la figura del cardinale Bernardin Gantin, il primo cardinale africano a occupare un posto di responsabilità nella Curia romana, morto nel 2008 e considerato un eroe nazionale. Il suo appello più severo lo ha rivolto a tutta la comunità internazionale e agli attuali leader africani invitando a trovare i “responsabili dei conflitti”, chi ha “finanziato i crimini” e “ogni sorta di traffici” e procedere “all’accertamento delle loro responsabilità”. E’ contenuto nel documento “Africae munus”, che ha firmato in Benin consegnato a tutti i presidenti delle Conferenze episcopali del continente e raccoglie le indicazione emerse dal Sinodo speciale dell’Africa riunito in Vaticano due anni fa.
Il Papa spiega che la ricerca delle responsabilità è l’unico modo per arrivare ad una vera riconciliazione nel continente e ad una “pace duratura nella società”. Ogni vittima, si legge, ha “diritto ad avere verità e giustizia”. Parlando nel palazzo presidenziale della capitale ai diplomatici e ai politici ha rafforzato la richiesta, osservando che oggi “ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione e avidità, troppo disprezzo e troppe menzogne, troppo violenze che portano alla miseria e alla morte” e che “ogni popolo vuole comprendere le scelte politiche ed economiche che vengono fatte a suo nome” e quando si “accorge della manipolazione la sua reazione è a volte violenta”. Eppure “vuole partecipare al buon governo”. Ha insistito molto sulla speranza: “Quando dico che l’Africa è il continente della speranza non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa”. Invece “troppo spesso il nostro spirito si ferma a pregiudizi o ad immagini che danno della realtà africana una visione negativa e frutto di un’analisi pessimistica”.
La tentazione è quella di ritenere l’Africa solo “un'enorme riserva energetica, minerale, agricola ed umana da sfruttare con facilità per interessi poco nobili”. Benedetto XVI ha anche chiesto di mettere fine ai “conflitti in nome di Dio” e di organizzare un dialogo religioso che rispetti le diversità. Nell’Esortazione apostolica affronta molti temi che inquietano il continente: il “flagello” dell’analfabetismo, i bambini-soldato, lo sfruttamento sessuale dei bambini, la violenza sulle donne spesso legata a pratiche ancestrali. Benedetto XVI chiede poi di combattere lo “sfruttamento e le malversazioni locali e straniere”, che privano i popoli africani delle risorse naturali e fanno aumentare la povertà, impedendo “agli africani di consolidare le proprie economie” e di proteggere “terra e acqua”.
L’ultimo giorno nell’omelia della messa allo stadio di Cotonou ha ricordato la pandemia dell’Aids che in Africa miete vittime più che altrove nel mondo, perché è intrecciata alla fame e alla povertà e ha ammonito che “ogni malato e ogni povero merita il nostro rispetto e il nostro amore”, lanciando un appello alla comunità internazionale a “trovare soluzioni e rendere accessibili a tutti i trattamenti e le medicine, considerando le situazioni di precarietà”. Nell’Esortazione apostolica che ha consegnato ai vescovi africani durante la messa il Papa si occupa anche dei profughi, vittime di una violenza intollerabile, che porta fino “alla morte”: “Alcuni Stati hanno risposto a questo dramma attraverso una legislazione repressiva. La situazione di precarietà di tali poveri dovrebbe suscitare la compassione e la solidarietà generose da parte di tutti”. Invece “fa nascere spesso la paura e l’ansietà”. Benedetto XVI ricorda le “reazioni di intolleranza, di xenofobia e di razzismo”. Di fronte a ciò la coscienza umana “non può che indignarsi”. I profughi interni al grande continente “destabilizzano” gli Stati e portano alla “distruzione della famiglia”. Prima di tornare a Roma, salutando il Benin, ha insistito ancora sulla speranza: “Possano gli africani vivere riconciliati nella pace e nella giustizia. Ho l’intima convinzione che è una terra di speranza”.
Alberto Bobbio