07/01/2013
«Occorre dunque recuperare il senso del lavoro e di un profitto a esso proporzionato»: lo ha affermato Benedetto XVI nel suo discorso al Corpo Diplomatico (Ansa).
Sono pace e lavoro le preoccupazione principali di Benedetto XVI. Questa mattina, incontrando il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, nella suggestiva aula Regia, in Vaticano, il Papa si è a lungo soffermato su «quella Regione privilegiata nel disegno di Dio, che è il Medio Oriente».
«Penso anzitutto alla Siria», ha detto Ratzinger, «dilaniata da continui massacri e teatro d’immani sofferenze fra la popolazione civile. Rinnovo il mio appello affinché le armi siano deposte e quanto prima prevalga un dialogo costruttivo per porre fine a un conflitto che, se perdura, non vedrà vincitori, ma solo sconfitti, lasciando dietro di sé soltanto una distesa di rovine».
E, ricordando il titolo del suo annuale Messaggio per la Giornata mondiale della pace Beati gli operatori di pace, ha chiesto agli ambasciatori «di continuare a sensibilizzare le vostre Autorità, affinché siano forniti con urgenza gli aiuti indispensabili per far fronte alla grave situazione umanitaria. Guardo poi con viva attenzione alla Terra Santa.
In seguito al riconoscimento della Palestina quale Stato osservatore non membro delle Nazioni unite, rinnovo l’auspicio che, con il sostegno della comunità internazionale, israeliani e palestinesi s’impegnino per una pacifica convivenza nell’ambito di due Stati sovrani, dove il rispetto della giustizia e delle legittime aspirazioni dei due Popoli sia tutelato e garantito. Gerusalemme, diventa ciò che il tuo nome significa! Città della pace e non della divisione; profezia del Regno di Dio e non messaggio d’instabilità e di contrapposizione».
Benedetto XVI si è detto anche molto preoccupato per la situazione dell’Africa sub-sahariana «dove rimangono aperte le ferite delle guerre e pesano gravi conseguenze umanitarie». La Regione del Corno d’Africa, la situazione della Repubblica democratica del Congo, gli attentati in Nigeria «che mietono vittime, soprattutto tra i fedeli cristiani riuniti in preghiera, quasi che l’odio volesse trasformare dei templi di preghiera e di pace in altrettanti centri di paura e di divisione», il Mali, la Repubblica centrafricana devono avviarsi verso la stabilità e la pace.
Ma il Pontefice non ha parlato solo di conflitti e guerre. Al centro del suo discorso anche il lavoro. La crisi economica, ha spiegato il Papa «si è sviluppata perché troppo spesso è stato assolutizzato il profitto, a scapito del lavoro, e ci si è avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che di quella reale. Occorre dunque recuperare il senso del lavoro e di un profitto a esso proporzionato. A tal fine, giova educare a resistere alle tentazioni degli interessi particolari e a breve termine, per orientarsi piuttosto in direzione del bene comune».
E mentre ha esortato i Paesi a lavorare insieme – «da soli alcuni Paesi andranno forse più veloci, ma, insieme, tutti andranno certamente più lontano» – ha ricordato che «se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari, dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri. Si tratta, insomma, di non rassegnarsi allo "spread del benessere sociale", mentre si combatte quello della finanza».
Annachiara Valle