10/06/2011
Joseph Ratzinger Benedetto XVI
“Il primo semestre di quest’anno è stato segnato da innumerevoli tragedie che hanno colpito la natura, la tecnologia e le persone”. Non indica luoghi, non fa nomi Benedetto XVI, ma è evidente che non ci possono equivoci: Fukusima, i terremoti, le alluvioni in Asia e nel Pacifico, i tornado negli Stati Uniti. Il richiamo del Papa è netto: “L’entità di tali disastri ci interroga”. Parla a sei ambasciatori dei cinque continenti ricevuti per la presentazione delle lettere credenziali e a loro rivolge un discorso su una questione globale che deve interrogare ogni governo a tutte le latitudini. Ciò che più importa al Papa è l’uomo, che deve rivedere il suo rapporto appunto con la natura e la tecnologia. Dunque la natura non “solo un divertimento” o “uno spazio da utilizzare”, ma una responsabilità rispetto alla quale anche la tecnologia deve fare i conti.
Ratzinger esclama: “L’ecologia umana è un imperativo”. E poi indica la via. Va adottato “uno stile di vita che rispetti l’ambiente”.
Va sostenuta “la ricerca e lo sfruttamento di energie pulite, rispettose del patrimonio della creazione e innocue per gli esseri umani”. E queste “devono essere priorità politiche ed economiche”. Altrimenti senza “l’alleanza tra uomo e natura” l’umanità “potrebbe scomparire”. Indica anche il luogo dove avviare una riflessione, cioè le
Nazioni Unite, a patto che essa non sia “oscurata da interessi politici ed economici ciecamente partigiani”, e che sia guidata dalla “solidarietà” e non “dall’interesse personale”. Sulla tecnologia il Papa avanza alcuni dubbi e avverte che se essa diventa il fine del progresso, dimenticando l’uomo e la natura, lo sfruttamento delle sue capacità “va di pari passo con i disastri ecologici e sociali”, con “i danni” e i “pericoli”, che l’umanità corre quando “la tecnica” diventa “onnipotente “ e “non controllata”.
Nell’allegato PDF il testo integrale del discorso del Papa agli ambasciatori
Alberto Bobbio