28/01/2013
(Ansa)
Popoli, il mensile internazionale dei Gesuiti, ha commissionato all’agenzia Oogo una rilevazione statistica sul primo mese di Benedetto XVI su Twitter. L’analisi, i cui risultati sono visibili all’indirizzo www.oogo.com, si è concentrata soprattutto sul contenuto degli oltre 270 mila messaggi di risposta che l’account @Pontifex ha generato nel primo mese di attività. Le reazioni positive superano quelle negative, anche se solo di qualche migliaio, mettendo in risalto come i Tweet possano costituire anche spunti per la preghiera o veicoli per diffondere i messaggi del papa.
Dall’altra parte ci sono le critiche e l’ironia, rischio che accetta qualsiasi persona che desidera stare in mezzo alla gente, nei luoghi della socialità quotidiana, e che ha un ruolo pubblico. Questo a maggior ragione lo può mettere in conto il cristiano che sa quanto essere testimoni del vangelo implichi il rischio del rifiuto o ancor peggio dell’avversità. I messaggi neutri sono 200.000, l’ascolto di chi vuol stare a guardare ancora un po’ prima di esprimere un giudizio ma si è accorto che l’idea non è certo banale.
(Ansa)
Sull’opportunità o meno della presenza del Papa su Twitter hanno discusso in molti, criticando la sintassi dei messaggi, il fatto che Benedetto XVI non segua nessuno o l’efficacia dell’operazione stessa. Certo, non è esattamente nelle corde del pontefice una confidenza quotidiana con la tecnologia ma come ben argomenta padre Antonio Spadaro, direttore de La civiltà cattolica e cyberteologo nel suo blog, si può ben dire che «papa Benedetto, forse balbetta la lingua della tecnologia, ma di certo sa cantare quella dell’amore e, così facendo, riesce a illuminare il senso più profondo dello stesso ambiente digitale».
L’hastag #askpontifex è un punto di ascolto interessante per tutta la Chiesa cattolica, non solo per il Papa che ne è il riferimento, perché si è rivelato una sorta di antenna di dimensione planetaria che sta catalizzando tante domande ricche di senso ma anche i pregiudizi da stemperare e le sane critiche che possono stimolare al cambiamento.
A livello di base sono sempre più le comunità cristiane che hanno scelto un modello di pastorale mista che in parte avviene in presenza e in parte attraverso la Rete. Siamo già ben oltre la fase illusoria che vedeva i social network come un terreno di facile contatto con i giovani o di “conquista spirituale”, anche se qualcuno continua a considerare la presenza della Chiesa nelle rete sociali come un rincorrere la moda del momento. I social network sono ormai degli spazi integrati di vita quotidiana: per i cristiani, nessuno escluso, il vero peccato sarebbe non esserci.
Franco Mansi