Chiesa: con l'umanità, per servirla

In occasione della Giornata missionaria mondiale, papa Benedetto XVI ha sottolineato che l'annuncio della Buona Novella è legato all'attenzione alle donne e agli uomini di oggi.

21/10/2012
Il Papa all'Angelus., Foto Ansa. In copertina: padre Renato Kizito Sesana in Africa.
Il Papa all'Angelus., Foto Ansa. In copertina: padre Renato Kizito Sesana in Africa.

«Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Citando le parole di Gesù, dalla liturgia odierna del Vangelo di Marco, Benedetto XVI ha sottolineato che, nella domenica in cui si celebra la Giornata missionaria mondiale, «la Chiesa le ascolta con particolare intensità e ravviva la consapevolezza di essere tutta intera in perenne stato di servizio all’uomo e al Vangelo, come Colui che ha offerto se stesso fino al sacrificio della vita».

Il Pontefice ha ricordato la felice coincidenza tra l’Assemblea sinodale dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e la Giornata missionaria: «La Parola di Dio che abbiamo ascoltato mostra lo stile dell’evangelizzatore, chiamato a testimoniare e annunciare il messaggio cristiano conformandosi a Gesù Cristo, seguendo la sua stessa via. Questo vale sia per la missione ad gentes, sia per la nuova evangelizzazione nelle regioni di antica cristianità».

Fratel Carlo Zacquini, Missionario della Consolata, in Amazzonia. Foto di Nino Leto.
Fratel Carlo Zacquini, Missionario della Consolata, in Amazzonia. Foto di Nino Leto.

Quindi Papa Ratzinger si è soffermato sul significato della proclamazione di sette nuovi santi, «diversi per origine, lingua, nazione e condizione sociale» ma «uniti con l’intero Popolo di Dio nel mistero di salvezza di Cristo, il Redentore». Ed ha auspicato che la loro testimonianza «possa parlare oggi a tutta la Chiesa e la loro intercessione possa rafforzarla e sostenerla».

Una riflessione che ha ampliato nel consueto Angelus domenicale, affidando «alla materna protezione della Vergine Maria i missionari e le missionarie che in ogni parte del mondo spargono il buon seme del Vangelo» e inviando un pensiero a Lourdes, colpita da una grave esondazione del fiume Gave, che ha allagato anche la Grotta delle apparizioni.

Saverio Gaeta
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Postato da branda il 22/10/2012 17:16

Girovagando per la rete mi sono imbattuto nel sito di un'associazione che difende la laicità. Lì per lì non ne ho capito il motivo ma leggendo uno dei loro ultimi articoli mi sono vergognato (ancora una volta) di quanto male facciamo noi cattolici con la scusa della nostra Fede, spesso imposta agli altri più che vissuta come testimonianza da noi stessi. Ne parlo qui dove si dice la Chiesa deve servire e ve lo "giro" affinché possiate farvi anche voi un'idea e darmi un vostro parere. Affiggere manifesti che contengono l’affermazione “Dio non esiste” costituisce vilipendio? Nel terzo millennio c’è ancora qualcuno che lo pensa, in Italia. Tanto da far levare quei manifesti. Tanto da avviare un’iniziativa giuridica nei confronti di chi li aveva fatti affiggere. Manlio Padovan è stato infine prosciolto. Ma ha dovuto aspettare anni. E quei manifesti, c’è scritto nero su bianco nel provvedimento di archiviazione, costituiscono comunque “oggettivamente un’offesa”. Ricordate la campagna “ateobus” lanciata dall’Uaar? Lo slogan “La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno” fu bloccato, e per ben due volte, dalla IgpDecaux, concessionaria-monopolista della pubblicità sui mezzi di trasporto in Italia, con la motivazione che il messaggio avrebbe potuto “essere offensivo per gli appartenenti alle grandi religioni monoteiste”. E già questo è molto significativo. L’Uaar fece tuttavia stampare manifesti con quello stesso slogan, e in questo caso riuscirono a essere affissi, laddove la pubblicità è ancora gestita dai Comuni. Anche a Papozze, in provincia di Rovigo, il referente provinciale Uaar Manlio Padovan ne fece affiggere sette nelle relative bacheche, dopo avere regolarmente pagato al Comune la prevista tassa di affissione e aver ottenuto sui manifesti il timbro di convalida per l’affissione da parte della polizia municipale. Tuttavia, il 9 giugno 2009, su segnalazione di alcuni residenti, le forze dell’ordine (due carabinieri e un operatore ecologico) entrarono in azione per tutelare il “sentimento religioso della zona”. Dal verbale di sequestro emerge come alcuni poster fossero già strappati al momento del sequestro: altri furono defissi, un ottavo poster risulta “consegnato integro dalla barista del bar Nikita”. Il tutto fu poi trasferito presso “l’Ufficio Corpi di reato del Tribunale di Rovigo, a disposizione della competente autorità giudiziaria”. Il sequestro fu convalidato dal sostituto procuratore, Ciro Alberto Savino (ora in organico a Ferrara). Si avviò pertanto un procedimento penale nei confronti di Padovan, promosso per i reati di cui all’art. 403 (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone) e 404 (Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose) del Codice penale. I legali Uaar presentarono subito al Tribunale di Rovigo la richiesta di riesaminare la misura cautelare, ma il Tribunale pronunciò con decreto il non luogo a provvedere, in quanto, dopo la richiesta di riesame, il pm aveva disposto la restituzione dei manifesti, ritenendo sufficiente la documentazione fotografica allegata al verbale. Dopo qualche mese, poiché nel termine di legge le indagini preliminari non venivano concluse con l’esercizio dell’azione penale o con la richiesta di archiviazione, né veniva chiesta una proroga, i legali presentarono al procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia la richiesta di avocazione delle indagini. La richiesta venne respinta con la motivazione che il procedimento non rientrava tra quelli per i quali la legge richiedeva la trattazione prioritaria, e che la carenza di organico presso la procura di Rovigo obbligava i sostituti procuratori a una costante presenza in aula. Stante l’inattività del pm, i difensori hanno successivamente presentato una seconda richiesta di avocazione delle indagini. In seguito a tale passo il pm presso il Tribunale di Rovigo ha presentato richiesta di archiviazione, accolta poi dal gip. Fine della disavventura giuridica. Ma andiamo a leggere le motivazioni. Con riferimento all’art. 404 la richiesta di archiviazione afferma che non si è realizzata la condotta, essendo mancato il vilipendio delle cose. Mentre in relazione all’art. 403, il pm Ciro Alberto Savino ha motivato l’archiviazione con la mancanza dell’elemento soggettivo: ha cioè ritenuto che i manifesti avessero “un indubbio contenuto offensivo nei confronti della popolazione di Papozze di culto cattolico”, ma che “può ammettersi (in dubio pro reo) che egli si sia voluto limitare a diffondere il proprio pensiero, sebbene la frase, provocatoria, abbia poi comunque offeso i cattolici abitanti di Papozze”. Secondo il pm, lo slogan Uaar “tende indubbiamente a rappresentare il religioso come un ingenuo credulone, così ledendo l’intimo diritto di ognuno a sentirsi libero di professare, anche in pubblico, la propria fede”. Tale propaganda, sempre secondo il pm, è “più anticristiana che laica”. Citando a riprova della sua affermazione… Wikipedia. In poche parole, è soltanto perché non è provabile che Padovan (e quindi l’Uaar) volesse offendere i cattolici che si è risparmiato una condanna penale. Il pm sostiene che quello slogan offende i cattolici — nemmeno citati nello slogan!: esattamente quanto affermato, a suo tempo, sia da Fabrizio Du Chène de Vére, amministratore delegato della IGPDecaux, sia dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani. Una tesi veramente bizzarra: equivale a sostenere che ogni volta che Benedetto XVI dice o scrive che “Dio esiste” sta offendendo gli atei. Stiano tranquilli, magistrati e cardinali: gli atei e gli agnostici non si offendono certo per così poco. Possono anzi anche scherzarci sopra, constatando come, se le leggi sulla blasfemia proteggono soltanto i credenti, è proprio perché molti di loro sono così poco sereni e così tanto permalosi da offendersi per le affermazioni che mettono in dubbio la loro fede, e da offendersi così tanto da rivolgersi al tribunale. Ma c’è ben poco da scherzare, quando si pensa agli ormai numerosi atei imprigionati nelle carceri di paesi a maggioranza musulmana, e a quelli che anche nel nostro paese sono stati mandati al rogo, in passato. E a quelli che vorrebbe forse far incarcerare anche oggi il nostro ministro Terzi di Sant’Agata (ma sarebbe forse più corretto definirlo “il loro ministro”). La crescente pressione dell’Organizzazione degli Stati Islamici per avere una criminalizzazione della blasfemia a livello globale, a cui il responsabile degli esteri non sembra insensibile (come non lo era il suo predecessore, l’ateofobo Franco Frattini), è stata bloccata ancora una volta in sede Onu, ma per quanto tempo ancora ci si dovrà battere per questo? Ieri Michele Serra, su Repubblica, ha giustamente acceso i riflettori sul caso di Fazil Say, pianista turco di fama mondiale, processato per aver dichiarato il proprio ateismo su Twitter. Riflettendo “sui rischi (concreti) che le persone atee o agnostiche corrono in epoca di forte risorgenza delle identità religiose”, Serra ha notato come “credere in Dio munisce i fedeli di un bonus di suscettibilità (“offesa dei valori religiosi”) dei quali l’ateo non dispone”. Ma il contrario non è dato. Pertanto, “le persone non credenti, che di assoluto hanno solo il dubbio, sono esposte da sempre alla persecuzione: dati i tempi, e visto il clima, sarà bene che si tengano in contatto tra loro, per autodifesa militante”. È esattamente quanto fa l’Uaar, difendendo non solo chi, come Manlio Padovan, finisce sotto inchiesta svolgendo attività per l’associazione, ma aiutando anche tutti coloro che si rivolgono al suo sportello Sos Laicità (diversi dei quali perché finiti a loro volta sotto inchiesta). Così come si occupa anche dei tanti casi di violazione della libertà di coscienza nel mondo che coinvolgono persone meno note di Fazil Say o di Nadia El Fani: da Alber Saber ad Alexander Aan, da Sanal Edamaruku a Hamza Kashgari, da Maikel Nabil Sanad ad Aliaa Magda El Mahdy, Jabeur Mejri e Ghaz Béji, fino al ventisettenne greco, un cittadino dell’Unione Europea, arrestato per aver preso in giro su Facebook una sorta di padre Pio locale. Tre anni fa Manlio Padovan ha raccontato quanto accadutogli durante il meeting Liberi di non credere, organizzato dall’Uaar. Quale migliore dimostrazione che in Italia non si è liberi di non credere o, per meglio dire, di non poter liberamente affermare la propria incredulità? Poco è mancato perché dovessimo aggiungere il suo nome alla lista degli atei condannati per blasfemia. Ma, se questo andazzo liberticida proseguirà, potrebbe accadere molto presto anche a qualcuno di voi che ci state leggendo. I diritti civili laici sono una conquista troppo importante, ancora assai lontana dall’essere completata. L’Uaar non abbasserà la guardia. Non abbassatela nemmeno voi. Mai.

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