La chiesa calabrese sui temi sociali

Un documento sulla solidarietà della Conferenza episcopale calabrese denuncia lo smantellamento del welfare e propone in dieci punti un lavoro comune per ridurre le sacche di povertà.

05/07/2012
Mons. Vittorio Luigi Mondello, vescovo di Reggio Calabria e Presidente della Conferenza episcopale calabrese.
Mons. Vittorio Luigi Mondello, vescovo di Reggio Calabria e Presidente della Conferenza episcopale calabrese.

Dieci punti per fronteggiare la grave crisi che, se non risparmia nessuna regione italiana, in Calabria tocca ormai livelli da emergenza sociale: disoccupazione giovanile al 40% , gestione impropria dei Fondi europei con collusioni della politica e di dirigenti pubblici e di aziende private, usura che aumenta, mafia, burocrazia soffocante. E, come se non bastasse, riduzione dei sussidi statali: il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali falcidiato nel 2012, quello per la non autosufficienza azzerato. E la povertà che aumenta...

I vescovi calabresi, riuniti qualche giorno fa a Reggio Calabria per fare il punto della situazione, hanno pubblicato a questo proposito un documento dal titolo “L’importanza della solidarietà. Nota sulle politiche sociali in Calabria” (v. doc. in pdf allegato) in cui tentano l’affondo per richiamare tutti, società civile e istituzioni, a lavorare insieme per far fronte alle continue emergenze sociali che si aprono ogni giorno nella popolazione. Il tutto senza voler dettare alcuna agenda politica né fare alcuna altisonante denuncia, come dichiarano in una nota stampa, ma solo nell’intento di «offrire spunti di dialogo, sulla frontiera della ricerca del bene comune» secondo «la perenne opzione preferenziale per i poveri», che ha caratterizzato da sempre la loro azione pastorale.

«Si sta erodendo quella sorta di “patto sociale”, col quale i “padri costituenti” avevano progettato un “modello preciso”», lamentano i pastori calabresi, che denunciano come «si stia imponendo il profilo di un welfare minimo, ristretto alle persone e alle diverse categorie di poveri e malati, intesi non come detentori di fondamentali diritti, ma solo di bisogni». Una sorta di “abbandono terapeutico sociale”, insomma.

Dieci i punti su cui lavorare secondo i vescovi calabresi che toccano le competenze del Consiglio Regionale della Calabria («s’impegni a fornire un’adeguata copertura finanziaria alle politiche sociali»), della Regione Calabria («recepisca celermente e interamente la legislazione sociale italiana ed europea, e dia compiutezza alle sue stesse leggi sociali») e degli Enti locali calabresi («cessino di destinare agli interventi socio assistenziali la somma più bassa di tutte le regioni d’Italia»). Si propone poi la costituzione di un «tavolo regionale di concertazione e di programmazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali in Calabria, coinvolgendo a vario titolo le parti sociali interessate» e una migliore utilizzazione dei fondi europei. Anche la comunità ecclesiale è chiamata a «farsi carico in maggior misura delle situazioni di povertà», mentre le diocesi e le parrocchie sono invitate a offrire «efficace testimonianza di carità, sia attraverso le tradizionali modalità di elargizioni economiche, alimentari o di vestiario, sia inventando nuove forme di sostegno al reddito».

Stefano Stimamiglio
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