24/05/2011
Andrea Riccardi
A ottobre Benedetto XVI ritorna ad Assisi
per ricordare i 25 anni della Giornata
di pace e preghiera voluta nel 1986 dal
suo predecessore, Giovanni Paolo II. Il Papa
stesso ha spiegato il senso di questo “ritorno”:
«Rinnovare solennemente l’impegno
dei credenti di ogni religione a vivere la propria
fede religiosa come servizio alla pace».
Pace, religione e preghiera sono intimamente
connesse tra loro. È una convinzione
profonda della Chiesa, consapevole che le religioni
non sono tutte uguali (come talvolta
si dice in modo banalizzante e relativista),
ma che in tutte può vivere un’anima di pace.
Questi 25 anni trascorsi dall’incontro di Assisi
del 1986 sono stati talvolta caratterizzati
dall’uso politico e violento della religione.
Osama bin Laden proclamava: «Loro vogliono
il dialogo, noi la morte».
Il terrorismo islamico si è giustificato con
l’odio religioso contro i cristiani e gli occidentali.
Ma la risposta della Chiesa è stata
sempre quella di richiamare il valore della
pace e dell’incontro, e quello della libertà religiosa.
Infatti, dopo l’11 settembre 2001, Giovanni
Paolo II invitò nuovamente i leader religiosi
ad Assisi a impegnarsi per la pace.
Neppure quel terribile attentato aveva
cambiato la prospettiva con cui i cristiani vivono
il rapporto con le altre religioni. Benedetto
XVI ha detto a Napoli nel 2007, incontrando
i leader delle grandi religioni: «Mai,
invocando il nome di Dio, si può arrivare a
giustificare il male e la violenza». La preghiera
apre il cuore dell’uomo alla pace.
Che paura fanno, allora, i luoghi di preghiera
delle altre religioni? Talvolta si levano
proteste: «Vengono a snaturare il panorama
religioso e umano dei nostri Paesi».
Certo un luogo di preghiera non può essere,
con la sua architettura, un’affermazione arrogante
di una religione. E dev’essere un luogo
religioso e non di propaganda politica.
Tuttavia, mi ricordo di quando Paolo VI negli
anni Settanta troncò la discussione sulla costruzione
della moschea a Roma, “città santa”
per i cattolici: il Papa affermò il diritto
dei musulmani a un luogo di preghiera. E
ora la moschea si inserisce nel panorama di
Roma. La preghiera non deve farci paura.
Anzi, spesso le storie di alcuni terroristi
islamici sono quelle di gente che ha abbandonato
la pratica della fede per poi lasciarsi
convertire bruscamente al fondamentalismo.
I credenti di ogni religione hanno diritto
a spazi di preghiera che non offendono
nessuno. Buoni credenti vivranno meglio e
in pace con gli altri.
Non è un discorso “ingenuo”. Spesso uomini
e donne secolarizzati (cristiani o musulmani)
non diventano tolleranti o rispettosi come
si crede, ma si lasciano andare all’idolatria
della razza, dell’odio.
Questo è il fondamentalismo islamico.
Questo è l’etnicismo o il razzismo che risorge
in alcune parti d’Europa.
Andrea Riccardi