07/10/2011
Il presidente delle Acli Andrea Olivero
«In questa Europa che invecchia e che è chiamata a riaggiornare i suoi sistemi di protezione sociale, le nuove generazioni sono poco valorizzate e ancor meno tutelate. In Italia più che altrove». Nel giorno in cui si celebra in tutto il mondo la giornata internazionale per il lavoro dignitoso (decent work), le Acli aprono a Londra il loro seminario internazionale parlando di giovani e donne nel mercato del lavoro europeo, con il sostegno del Centro europeo per i problemi dei lavoratori.
Il presidente delle Acli Andrea Olivero ha respinto l’alibi della crisi per giustificare la presenza diffusa del lavoro nero: «La crisi economica non può mai essere una giustificazione per tollerare il lavoro nero, in Italia come in Europa. Perché se accettiamo che la crisi riduca le garanzie sociali fondamentali del nostro continente, noi perdiamo contestualmente anche il nostro maggiore fattore competitivo, quel contesto di regole e civiltà che sono alle spalle dei nostri migliori prodotti. Il lavoro nero non è il prodotto della crisi, ma molto spesso ne è la causa, in termini di mancato sviluppo e cattiva occupazione».
La disoccupazione giovanile ha raggiunto in Europa il 21% tra gli under 25. Il 14,4% dei cittadini dell’Unione europea ha abbandonato la scuola prima di aver conseguito un titolo di istruzione secondaria superiore senza seguire ulteriori percorsi d’istruzione o formazione. In Italia, la percentuale dei giovani neet – fuori dal circuito formativo e lavorativo - sale al 21%, un giovane su cinque. Mentre le donne registrano un tasso di disoccupazione giovanile (28,7%) superiore di 5,4 punti percentuali rispetto ai coetanei della stessa età. Sono i dati Eurostat (e Istat), citati nel documento “Europa 2020” della Commissione europea, richiamati nel corso del seminario delle Acli.
«La crisi sociale ed economica – scrivono le Acli - ha interrotto decenni di progressiva crescita del benessere nelle diverse generazioni, in alcuni paesi bloccando la mobilità sociale e i percorsi di costruzione familiare e identità sociale. Oltre che con un minor investimento sulla loro formazione e minori opportunità occupazionali, giovani e donne si trovano con un sistema di welfare assai poco attento nei loro confronti». Occorre dunque un nuovo modello di sviluppo, ribadiscono le Acli : «Di fronte ai limiti del mercatismo liberista come a quelli dell’economia sociale di mercato, noi proponiamo l’economia civile, dove mercato, Stato e società civile interagiscono virtuosamente”.
Alberto Bobbio