Iraq, il nuovo patriarca dei cattolici

E' Louis Raphael Sako, finora arcivescovo di Kirkuk. Cronaca di un incontro alla vigilia della guerra, nel 2003.

01/02/2013
Sua beatitudine Louis Sako quand'era parroco a Mosul, nel 2003, con uno degli imam della città (foto N.Leto).
Sua beatitudine Louis Sako quand'era parroco a Mosul, nel 2003, con uno degli imam della città (foto N.Leto).

Si può onorare un Patriarca ricordando un profumo di frutta candita? Nel caso di Louis Raphael I Sako, 65 anni, appena nominato patriarca di Babilonia (succede al patriarca Emanuel III Delly, ritiratori all'età di 85 anni) e guida della Chiesa cattolica caldea dell'Iraq, forse sì.

E' il piccolo privilegio di averlo incontrato e conosciuto nel 2003, pochi giorni prima che la "coalizione dei volenterosi" guidata dagli Stati Uniti attaccasse. Eravamo a Mosul, la grande città irachena del Nord, capitale dell'area dove la presenza dei cattolici era più fitta. Sua Beatitudine era allora "solo" parroco, ma in un'area delicatissima: dal punto di vista politico, perché il regime sorvegliava da vicino la sua popolazione composita (dal punto di vista etnico, con molti curdi nella maggioranza araba; molti cattolici tra i musulmani); strategico, perché si sapeva che un eventuale attacco americano sarebbe arrivato anche da Nord, appunto attraverso il Kurdistan ribelle, allora protetto dalla "no fly zone"; economico, perché poco più a Sud comincia la zona dei campi petroliferi e delle raffinerie.
 
La città era piena di tensioni, e la primavera fredda e reticente, con le sue piogge, certo non aiutava. Arrivammo alla parrocchia sotto l'acqua, accompagnati da un "interprete" che aveva il compito evidente di farci fare meno cose possibile, e di farci incontrare solo persone non interessanti. A due giornalisti di Famiglia Cristiana, però, la visita alla parrocchia non poteva proprio essere negata. E l'incontro si rivelò una vera oasi: padre Sako parlava con una franchezza che non aveva mai incontrato prima, raccontando il suo Iraq e prefigurando, pur con le dovute cautele, l'Iraq che sarebbe potuto nascere dall'abbattimento della dittatura di Saddam Hussein. E, appunto, ci offrì la frutta candita e lo yogurt più squisiti che si potessero immaginare.

Il 20 marzo partì l'attacco americano e il 14 novembre di quello stesso 2003 padre Sako divenne monsignor Sako, arcivescovo di Kirkuk. Ora pochi ricordano che cosa fosse l'Iraq di quelle settimane. Poco prima i due figli di Saddam Hussein erano stati scovati e uccisi proprio a Mosul. Il 12 novembre l'attentato a Nassiriya fece 19 morti italiani (e 28 in totale), il 13 dicembre fu scoperto e arrestato lo stesso Saddam Hussein. Tra i vescovi che consacrarono monsignor Sako c'era anche monsignor Paulos Faraj Rahho, che nel 2008 sarà poi rapito e ucciso a Mosul. Insomma, era un Iraq in piena guerra, sotto l'offensiva del terrorismo.

Da arcivescovo di Kirkuk, in un contesto di grandissima difficoltà e pericolo, monsignor Sako si è distinto per le iniziative a favore del dialogo interreligioso. Clamorosa quella del 1009 quando, all'inizio del Ramadan (il mese del digiuno e della preghiera per i musulmani) riuscì a raccogliere i leader delle diverse confessioni religiosi per un pubblico appello a favore della pace e della riconciliazione nazionale. E nell'agosto del 2011, quando una bomba esplose sulla soglia di una chiesa cattolica di Kirkuk, ferendo 23 persone, monsignor Sako chiese agli imam sciiti e sunniti di condannare il gesto perché "contrario a Dio e alla religione". Aggiungendo: "Nonostante quanto sta succedendo, noi non ci arrenderemo mai. Continueremo la nostra missione. Non smetteremo di testimoniare il Cristo".

Un uomo di fede, di azione e di pensiero, visto che ha scritto venti libri e centinaia di articoli. Monsignor Sako ora è Sua Beatitudine il patriarca di Babilonia, e come tale lo salutano tutti i cattolici d'Oriente.








Fulvio Scaglione
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