17/04/2012
A fianco: lo storico Giuseppe Carlo Marino. «L’omicidio di don Puglisi fu certamente il punto più alto dell’attacco della mafia alla Chiesa» (foto Palazzotto).
Nell’era della mafia “sommersa”, che
preferisce il silenzio degli affari al
clamore degli omicidi, sono sempre
più allarmanti le recenti intimidazioni
nei confronti della Chiesa palermitana.
Il 21 marzo, data simbolica della Giornata
della memoria per le vittime della mafia, organizzata
dall’associazione Libera, la chiesa
di Santa Maria degli Angeli di Partanna Mondello
è stata saccheggiata dopo la partecipazione
dei parrocchiani – guidati da don Pasquale
Viscovo – alla manifestazione di solidarietà
nei confronti di un commerciante vittima
del racket. Durante la Settimana Santa è
stata devastata la sede di Jus vitae, fondata
da padre Antonio Garau, coraggioso sacerdote
di frontiera da sempre impegnato contro
le ingiustizie e i soprusi mafiosi. Un mese prima
ignoti avevano cosparso di benzina il
portone d’ingresso di “Oretolandia”, il prezioso
centro per l’infanzia ideato proprio
dall’associazione Jus vitae e sostenuto da
don Giacomo Ribaudo, parroco della chiesa
dei Decollati.
padre Cosimo Scordato, parroco dell’Albergheria (foto Palazzotto).
Considerato da sempre come un “prete antimafia”,
don Ribaudo non ama questa etichetta:
«Il nostro ruolo è culturale e sociale,
mentre i compiti di repressione spettano allo
Stato. Noi dobbiamo annunciare il Vangelo e
difendere i deboli, promuovere la giustizia e
la solidarietà, contro ogni forma di prepotenza e di prevaricazione. Di fronte al fenomeno
mafioso, i parroci non devono esitare a denunciare
con forza anche le connivenze politiche
e istituzionali».
don Giacomo Ribaudo, parroco della chiesa dei Decollati (foto Palazzotto).
La città di Palermo ha una grande tradizione
di sacerdoti di frontiera impegnati da decenni
contro la mafia: da padre Francesco
Stabile a don Baldassare Meli, da padre Nino
Fasullo a don Francesco Paolo Rizzo, da
padre Cosimo Scordato a don Franco Romano,
per ricordare solo i più noti.
Padre Cosimo Scordato, stimato parroco
dell’Albergheria, nel cuore del centro storico
di Palermo, invoca «un modello di Chiesa alternativo
al modello dell’associazione mafiosa
e quindi luogo di libertà e di condivisione,
di partecipazione e di rispetto, di creatività e
di servizio reciproco; tutto questo tradotto
nell’esperienza quotidiana della vita parrocchiale
». E lancia un accorato appello: «Il martirio
di don Giuseppe Puglisi e di don Giuseppe
Diana, che si aggiunge a quello di tanti fedeli
servitori dello Stato, resti come stimolo
perché ogni credente sia protagonista di
questa vittoria di Cristo risorto sulla morte
e, in Sicilia, sul peccato sociale della mafia».
Don Giuseppe Puglisi.
Negli ultimi anni, anche in altre zone della
Sicilia, la Chiesa ha pagato il suo impegno
con gravi intimidazioni. A Gela, per esempio,
don Luigi Petralia ha subito il danneggiamento
della sua auto, mentre il portone d’ingresso
della sua parrocchia è stato incendiato.
Il parroco ha ottenuto l’immediato sostegno
del vescovo di Piazza Armerina, monsignor
Michele Pennisi, che, nel 2008, è finito
sotto tutela, dopo le minacce subite per il rifiuto
di celebrare il funerale di un boss della
“Stidda”, oltre che per i suoi severi discorsi
contro la mafia e contro il racket.
Venticinque anni prima, la scorta era stata
assegnata al cardinale Salvatore Pappalardo,
l’amato arcivescovo di Palermo, autore
della storica omelia antimafia su “Sagunto
espugnata”, in occasione dei funerali del generale
Carlo Alberto Dalla Chiesa.
monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina, minacciato dalla "Stidda" (foto Palazzotto).
Erano gli anni Ottanta e a Palermo gli omicidi
si susseguivano quasi quotidianamente.
In quel difficile contesto storico operava don
Pino Puglisi, il coraggioso parroco di Brancaccio,
impegnato nell’assistenza ai giovani e
ai poveri del quartiere periferico. Gentile,
sorridente, ma intransigente nella lotta contro
la mafia e contro ogni forma di ingiustizia,
padre Puglisi era sempre al fianco dei deboli.
L’uccisione di don Pino nel settembre
del 1993 non ha fermato la sua creatura, il Centro Padre Nostro, ancora oggi un prezioso
punto di riferimento per il quartiere palermitano,
nonostante le gravi intimidazioni subite
negli ultimi anni (furgoni danneggiati,
alberi segati, recinzioni tagliate...).
don Antonio Garau (foto Palazzotto).
Secondo lo storico Giuseppe Carlo Marino,
l’assassinio del parroco di Brancaccio fu
il punto più alto dell’attacco contro la Chiesa:
«Per quanto di per sé gravissimo e caricato
di una funesta vocazione punitiva nei confronti
dei preti antimafia, l’assassinio di padre
Puglisi fu in qualche modo un ripiegamento
sul terreno ravvicinato di una più ambiziosa
azione intimidatrice che avrebbe dovuto
addirittura colpire il Vaticano».
Don Pino Puglisi non fu il primo sacerdote
ucciso dalla mafia, ma il sacrificio degli antesignani
del coraggioso parroco di Brancaccio
fu dimenticato e ignorato per tanti anni. Durante
la Prima guerra mondiale, il 16 febbraio
del 1916, nella borgata palermitana di
Ciaculli, l’alta mafia uccise don Giorgio Gennaro,
uomo onesto e coraggioso che aveva denunciato
le infiltrazioni criminali nell’amministrazione
delle rendite ecclesiastiche e dei
fondi per la beneficenza.
Don Nino Fasullo.
Tra il 1919 e il 1920, invece, furono uccisi
due sacerdoti impegnati nel sociale: monsignor
Costantino Stella, arciprete di Resuttano
(Caltanissetta) e monsignor Stefano Caronia,
arciprete di Gibellina (Trapani). I due religiosi
pagarono con la vita le loro lotte contro
boss e latifondisti. A distanza di oltre 40
anni, nel 1963, la strage di Ciaculli indusse i
valdesi a riempire le strade di Palermo con
manifesti antimafia. La mobilitazione coinvolse
anche il Vaticano, che attraverso monsignor
Angelo Dell’Acqua, sostituto della Segreteria
di Stato, invitò la Chiesa siciliana a
«un’azione di persuasione, deplorazione,
istruzione e riforma morale», finalizzata a dissociare
«la mentalità della mafia da quella religiosa
» e a «prevenire nuovi attentati». In
quegli anni, la rivista Il Cristiano d’Oggi (nata
sulla scia del concilio Vaticano II per iniziativa
dei padri redentoristi di Palermo)
considerò un dovere evangelico la denuncia
delle collusioni tra la mafia e la politica.
Don Luigi Petralia.
Secondo padre Nino Fasullo, direttore della
rivista Segno, erede del mensile Il Cristiano
d’Oggi, «le stragi e gli omicidi eccellenti indussero
le gerarchie ecclesiastiche a condannare
con forza la mafia. I silenzi del passato furono
sostituiti dalle energiche denunce del cardinale
Pappalardo. La Chiesa condannò totalmente
la violenza e i delitti mafiosi. Oggi, però,
servirebbe un ulteriore passo in avanti,
perché la mafia non è soltanto criminalità
sanguinaria, ma ha fortissimi tentacoli politici,
economici e finanziari».
Pietro Scaglione