Martiri d'Otranto, una storia attuale

Papa Francesco ha canonizzato gli Ottocento idruntini uccisi dai Turchi nel 1480. Dopo aver difeso la città, all'abiura della fede cristiana scelsero il martirio

12/05/2013
Papa Francesco saluta un gruppo di fedeli in Piazza San Pietro
Papa Francesco saluta un gruppo di fedeli in Piazza San Pietro

Ancora oggi nel Salento, in barba al politicamente corretto, non è raro trovare spiagge e locali della movida che hanno scelto per nome un’esclamazione: "Mamma li turchi!". È il segno che l’eccidio degli Ottocento Martiri di Otranto, proclamati santi da papa Francesco domenica 12 maggio in Piazza San Pietro perché uccisi "in odio alla fede", fa parte da secoli della memoria collettiva di questa terra e ora, con la canonizzazione, diventa patrimonio della Chiesa universale.
Il martirio degli Ottocento avvenne il 14 agosto 1480, dopo un assedio da parte dell’esercito turco agli ordini di Maometto II, cominciato il 29 luglio. Il condottiero islamico nel 1453, alla testa di un esercito di 260 mila turchi aveva conquistato Bisanzio, la "seconda Roma", e da quel momento puntava alla "prima Roma", capitale della cristianità. Cronisti dell’epoca riferiscono addirittura che alla notizia dell’assedio di Otranto il papa, Sisto IV, meditò di trasferirsi ad Avignone per timore degli attacchi ottomani.

L'omaggio di Giovanni Paolo II - Cinque secoli dopo, il 5 ottobre 1980, Giovanni Paolo II si recherà ad Otranto in visita pastorale per rendere omaggio a questi «800 discepoli di Cristo che», disse il Papa, «hanno reso una tale testimonianza, accettando la morte per il nome di Cristo. Ad essi si riferiscono le parole che il Signore Gesù ha pronunciato sul martirio: "Sarete odiati da tutti per causa del mio nome" (Lc 21,17). Sì. Sono stati oggetto d’odio».
Poi lanciò un invito con il cuore rivolto alla vicina Albania oppressa allora dal regime comunista: «Non dimentichiamo i martiri dei nostri tempi. Non comportiamoci come se essi non esistessero». Infine, sottolineò che «i beati martiri di Otranto ci hanno lasciato due consegne fondamentali: l’amore alla patria terrena e l’autenticità della fede cristiana. Il cristiano ama la sua patria terrena. L’amore della patria è una virtù cristiana». La storia dei Martiri di Otranto, è ancora attuale. Come attuale è il conflitto tra Islam e Cristianesimo.

Le reliquie dei Martiri d'Otranto conservate nella Cattedrale.
Le reliquie dei Martiri d'Otranto conservate nella Cattedrale.


Dalla beatificazione alla canonizzazione
- Il 14 dicembre 1771 papa Clemente XIV li proclama beati. Nel 2007, la Congregazione per le Cause dei santi promulga il decreto di canonizzazione. L’11 febbraio scorso nello storico Concistoro in cui annuncia le sue dimissioni, Benedetto XVI fissa al 12 maggio la data della canonizzazione. È curioso che a parte Antonio Primaldo, gli ottocento idruntini, i cui resti sono conservati oggi nella cattedrale di Otranto, non abbiano un nome. Non si tratta di singoli eroi ma di un’intera popolazione di uomini e donne che, lasciati soli in quell’estate di sangue, difesero finché poterono la loro città rovesciando acqua e olio bollente dalle mura del castello mentre l’esercito turco agli ordini di Acmet Pascià lanciava con le bombarde grosse palle di pietra (alcuni delle quali visibili ancora oggi nel centro storico) per indurli a capitolare. Non lo fecero. Una resistenza preziosa anche strategicamente perché consentì al re di Napoli, Ferrante d’Aragona, che aveva lasciato sguarniti gli avamposti sul Mar Adriatico, di organizzarsi con uomini e mezzi e impedire agli ottomani di dilagare in Puglia.

Il martirio ha un prologo. È l’alba del 12 agosto 1480. I turchi aprono una breccia ed entrano in città massacrando chiunque gli capiti a tiro. Poi raggiungono la cattedrale dove in molti, soprattutto donne e bambini, si erano rifugiati. Abbattono la porta, entrano nel tempio dove c’è l’arcivescovo Stefano con gli abiti liturgici e il Crocifisso in mano. Gli intimano di non nominare il nome di Cristo e far convertire il popolo all’Islam. Il vescovo risponde esortando gli assalitori alla conversione e gli viene tagliato il capo con una scimitarra. Poi si leva il sarto Antonio Primaldo che di fronte alla proposta di abiurare la fede risponde di no e viene seguito da migliaia di suoi concittadini. «In numero di circa ottocento», racconta Saverio de Marco nella Compendiosa istoria degli ottocento martiri otrantini (1905), «furono presentati al pascià che aveva al suo fianco un miserrimo prete, nativo di Calabria, di nome Giovanni, apostata della fede. Costui impiegò la satannica sua eloquenza a fin di persuadere a' nostri santi che, abbandonato Cristo, abbracciassero il maomettismo, sicuri della buona grazia d’Acmet, il quale accordava loro vita, sostanze e tutti qui beni che godevano nella patria: in contrario sarebbero stati tutti trucidati. Tra quegli eroi ve n’ebbe uno di nome Antonio Primaldo, sarto di professione, d’età provetto, ma pieno di religione e di fervore. Questi a nome di tutti rispose: "Credere tutti in Gesù Cristo, figlio di Dio, ed essere pronti a morire mille volte per lui"».

A quel punto gli Ottocento vennero legati mani e piedi e condotti sul Colle della Minerva, poco fuori la città, e lì il 14 agosto trucidati uno ad uno. Durante il processo di beatificazione, nel 1539, diversi testimoni oculari hanno riferito il prodigio di Antonio Primaldo, che restò in piedi dopo la decapitazione, e la conversione e il martirio del boia. Giovanni Michele Laggetto nella Historia della guerra di Otranto del 1480 pubblicata nel 1924 riferisce le parole di Primaldo: «E voltatosi ai cristiani disse queste parole: "Fratelli miei, sino oggi abbiamo combattuto per defensione della patria e per salvar la vita e per li signori nostri temporali, ora è tempo che combattiamo per salvar l’anime nostre per il nostro Signore, quale essendo morto per noi in croce conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella fede e con questa morte temporale guadagneremo la vita eterna e la gloria del martirio". A queste parole incominciarono a gridare tutti a una voce con molto fervore che più tosto volevano mille volte morire con qual si voglia sorta di morte che di rinnegar Cristo». 

Antonio Sanfrancesco
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