19/05/2011
Una protesta di cattolici americani contro i preti pedofili.
La crisi degli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi, esplosa
nel 2002, ha rischiato di piegare la Chiesa cattolica e ha colpito con
enorme violenza soprattutto due nazioni: l’Irlanda e gli Usa. Papa
Wojtyla, già anziano e molto malato, morì nel 2005. Papa
Benedetto XVI cominciò a intervenire sul problema quand’era ancora…
il cardinale Ratzinger, nella memorabile omelia sui mali della
Chiesa pronunciata nei giorni della sede vacante. Le fustigate non
finirono lì: nella lettera pastorale ai vescovi e ai fedeli d’Irlanda,
il Papa fece chiaramente sapere che, pur potendo contare su un fraterno
perdono, i religiosi che si erano macchiati degli abusi dovevano
prepararsi ad affrontare la giustizia canonica ma anche quella civile.
Nessuno sconto per nessuno, dunque. Un atteggiamento
chiaro e netto che, a giudicare dai dati in arrivo dai fronti “caldi”
del problema, comincia a pagare. Lo dimostra, almeno per quanto riguarda
gli Stati Uniti, il Report on the Implementation of the Charter for the Protection of Children and Young People (Rapporto sull’applicazione della Carta per la
protezione dell’infanzia e della gioventù) appena pubblicato
dalla Conferenza episcopale degli Usa.
Nel 2010 sono stata 30 le denunce di abuso sessuale presentate
da minorenni. Denunce che sono arrivate alle autorità
ecclesiastiche e da esse subito girate alle autorità civili. Delle 30
denunce, 8 sono state considerate credibili dalle forze dell’ordine e
dalla magistratura americana, 7 sono state giudicate false, 12 ridotte
ad accuse di abuso psicologico e 3 sono tuttora sotto investigazione. Se
si considera che negli Usa i sacerdoti cattolici, tra religiosi e
diocesani, sono 38 mila e che l’opera di sensibilizzazione ha
coinvolto quasi 300 mila impiegati delle strutture cattoliche, più di
160 mila educatori, più di 6 mila candidati all’ordinazione sacerdotale e
quasi 15 mila diaconi, bisogna ammettere che il problema è stato
ridotto a proporzioni men che fisiologiche.
Ma non solo. Tra le diocesi ed eparchie cattoliche americane, 24
hanno accettato le “ispezioni” (il termine usato dal Rapporto è
auditing) offerte ma non imposte dalla Conferenza episcopale e
solo 7 le hanno rifiutate. Un’attenzione che prosegue da diversi anni e
che sta consentendo di tracciare un quadro sempre più preciso del
fenomeno e di offrire assistenza a un numero sempre maggiore di persone
colpite dagli abusi da parte dei religiosi. Nel 2010, 683
vittime di abusi hanno deciso per la prima volta di uscire allo scoperto
e di denunciare alle diocesi o eparchie la violenza subita. Ben 653 di
questi casi sono occorsi decenni or sono. In ambito diocesano e presso
le strutture cattoliche, inoltre, nel 2010 hanno ricevuto assistenza 478
vittime di abuso, che si sono così affiancate alle 1.868 vittime
accolte negli anni scorsi.
I casi del passato, anche quasi remoto (più di recente, i primi anni
Settanta sembrano essere stati un periodo critico), sono molto più
numerosi di quelli del presente o del passato prossimo, il che porta il
Rapporto a concludere che “the problem of clergy sexual abuse in the
Catholic Church is a historical problem” (il problema degli abusi
sessuali da parte del clero nella Chiesa cattolica è un problema
storico”), e un’altra statistica sembra confermare questa analisi. Dei
574 sacerdoti finiti sotto accusa, 275 avevano già avuto problemi per
la stessa ragione e 253 sono già morti. Altri 67 sono stati
dismessi dallo stato clericale e 172 sono stati rimossi dal loro ministero o
“confinati” in un ministero a condizioni particolari.
Fulvio Scaglione